Schemi di storia del diritto toscano

Sommario:

 

Schemi di storia del diritto toscano   1

I.      Esordio: il modello del dominato. Ideologia familistica del nascente assolutismo   4

II.      I fatti precedenti: 5

III.        Comincia il pendolo delle cacciate e dei ritorni dei Medici in Firenze   6

IV.        1513, La congiura di Pietro Paolo Boscoli ed Agostino Capponi: 7

V.    1530, 2 agosto: Capitolazione della Repubblica fiorentina all’Imperatore in esito all’Assedio di Firenze: 7

VI.        1532 le Ordinazioni fatte dalla Repubblica Fiorentina col Duca Alessandro de' Medici dichiarato Capo della medesima sotto il dì 27. Aprile 1532. 9

VII.      Riforma della Ruota fiorentina del dì 14. maggio 1532   9

VIII.    Ordinazioni sopra la Rota fiorentina del dì 14 maggio 1532   10

IX.        Legge di sua excellentia illustrissima del dì 21 giugno 1532 sopra le condennationi criminali  10

X.     Società di ceti  10

XI.        il sistema giuridico toscano   10

XII.      MAGISTRATO SUPREMO    11

XIII.    CONSIGLIO DEI DUGENTO    11

XIV.    SENATO DEI QUARANTOTTO    12

XV.      IL SISTEMA DELL’IMPOSIZIONE FISCALE    13

XVI.    Decima granducale   14

XVII.        Estimo e lira   14

XVIII.      Ruota civile o Consiglio di giustizia (1502- 1807). 16

XIX.    jurisdiktionsstaat : per officia gubernare® la l. urbem nostram    16

XX.      IL SISTEMA DI GIUSTIZIA FIORENTINO    17

i.     LA GIUSTIZIA IN CONTADO    17

ii.   GIUSTIZIA IN CITTÀ    19

a)      Ordinamento della Rota florentina  19

b)     La giurisprudenza della Rota fiorentina : 20

XXI.      Profili costituzionali: La l. Urbem nostram: 21

XXII.        sistema delle fonti  23

a)   consuetudine  23

b)   statuti territoriali 23

c)   statuti corporativi 23

d)   statuti giurisdizionali 23

e)   stylus curiarum    23

f)    normazione positiva  23

g)   Bandi e ordini da osservarsi nel Granducato di Toscana  23

h)   istruzioni 23

i)    circolari e biglietti 23

j)    notificazioni 23

k)   leggi 23

l)    giurisprudenza soprattutto rotale, rationes jurisprudentiae  23

m)  dottrina, theoricae doctorum    23

XXIII.      ordinazioni sopra la Rota fiorentina del dì 14 maggio 1532 Cantini, Legisl. tosc., 1, 48 ss. 23

XXIV.      Legge di sua excellentia illustrissima del dì 21 giugno 1532 sopra le condennationi criminali  23

XXV.        La nuova costituzione   24

XXVI.      Prima dell’istituzione politica, la struttura geografica: l’Arno e la iurisdictio   24

XXVII.    diritto patrio e isttuti di diritto patrio toscano   25

i.     La mezzadria  26

ii.   Entratura  30

iii.  Diritto forense  31

iv.  Verso l’imputabilità  31

v.   La titolarità reale  32

XXVIII.  Guido Bonolis, SULL'USO DEL " TOCCO „ NELLE ESECUZIONI PERSONALI DELL'ANTICO DIRITTO FIORENTINO    32

XXIX.      Pompeo Neri nel 1745   33

XXX.        L’editto di Pisa: la costituzione criminale leopoldina   35

XXXI.      Il problema della legislazione nel Granducato di Toscana   38

XXXII.    Salvetti e le Antiquitates florentinae   40

XXXIII.  La Compilazione del Diritto Civile di Luigi Matteucci  40

XXXIV.        Riforme costituzionali toscane   41

XXXV.    1848 – STATUTO DEL GRANDUCATO DI TOSCANA    42

XXXVI.        Il Codice Penale toscano del 1853   50

i.     «Pregi» del Codice Penale toscano del 1853   50

ii.   Pena di morte  51

iii.  «Limiti e difetti» del Codice Penale toscano del 1853   51

Il tema politico della pena di morte   52

Novembre 1859: l’abolizionista Francesco Carrara sale in cattedra a Pisa   52

I.      Tra reversione ed annessione: l’affaire del Ducato di Lucca   52

II.    Una strategia di accoglienza politica   54

III.        Abrogazione giurisprudenziale della pena di morte in Toscana: la Cassazione granducale e le sue «incavillabili» argomentazioni sulla presunzione d’omogeneità normativa del sistema statale   56

IV.        Il partito dei Giusdicenti e la politica granducale   58

V.     La chiamata pisana dell’abolizionista Francesco Carrara   60

Appendice: Un’apostrofe degli studenti pisani di Diritto criminale a Francesco Carrara al compiersi del suo primo anno pisano di corso (Flugblatt, stampato a Lucca, nella Tipografia Giusti, ma datato Pisa, 16 giugno 1860: da un esemplare conservato in Archivio Comunale di Empoli, Carteggio Salvagnoli-Marchetti)  63

 


 

             I.      Esordio: il modello del dominato. Ideologia familistica del nascente assolutismo

Estremi cronologici due date simili:

27 aprile 1532: Ordinazioni fatte dalla Repubblica Fiorentina col Duca Alessanro de' Medici dichiarato Capo della medesima sotto il dì 27. Aprile 1533

27 aprile 1859: la fine di un regime domestico intimamente assolutistico

 

® il princeps come capofamiglia ® modello politico cresciuto in alternativa a quello feudale

® Jurisdiktionsstaat sistema di esercizio legittimo della forza di pubblica coercizione caratterizzato da una molteplicità di ordinamenti giuridici

non esiste un sistema istituzionale egemone ed assoluto, ma appunto una molteplicità di coesistenti e cooperanti ordinamenti giuridici ® un sistema di collegia, una società di società, come si è detto da alcuno

iurisdictio ® potere di organizzazione di una comunità plurisoggettiva: non solo sanzionatorio in sede giurisdizionale, ma anche positivamente produttivo di norme in sede di organizzazione collegiale:

archetipo originario è la iurisdictio domestica del paterfamilias ® Bodin

tramonto definitivo del modello di potere feudale – bilaterale, assunzione del modello amministrativo ® la familia schema e modello di gestione della res publica

SISTEMA POLITICO DELL’ANTICO REGIME :

il sistema di elaborazione ed imposizione delle decisioni politiche non funzionava per via di elargizione edittale (per autonoma elaborazione ed imposizione istituzionale), bensì per transazione ed elaborazione contenziosa ® per via di decisione politica ottriata ® sistema della comparsa e della supplica, rivolte ad azionare un meccanismo di elaborazione delle decisioni d’amministrazione ® sulla base della elaborazione ed invio di inputs da parte dei governati nei confronti del competete titolare di iurisdictio

logica e sistema della postulazione politica

® non la titolarità diretta di autonomi poteri e diritti autonomamente riconosciuti ed esercitati dal soggetto politico

® bensì la mediata attivazione di procedure decisionali ® routines ISTITUZIONALI : sono consolidazioni pratiche non preordinate formalizzazioni positive

questo ci porterà a incontrare una molteplicità differenziata di forme, modi e tecniche di normazione, ciascuna identificata non soltanto per differenziazione onomastica, ma per genetica afferenza/provenienza corporativa

sistema di molteplici collegia cui culmina il princeps

Intenti del corso:

indagare ed esporre gli eventi, le forme, gli strumenti di normazione giuridica e di organizzazione politica che si produssero ed attivarono nel tempo all’interno del sistema istituzionale toscano

se volessimo dare una formula scolastica ed al tempo stesso sufficientemente significativa degli intenti del corso, potremmo dire che si tenta un primo incontro con la Storia del diritto toscano:

-                                storia delle istituzioni
-                                storia della normazione
-                                storia del sistema giuridico
-                                storia della cultura giuridica
-                                storia della pratica giurisprudenziale

Strumenti e programma:

M. Montorzi, Processi istituzionali. Episodi di formalizzazione giuridica ed evenienze d’aggregazione istituzionale attorno ed oltre il feudo. Saggi e documenti, Padova: Cedam: Il cruento avvio di un processo di instaurazione statale e di progressivo superamento del modello consortile del potere politico. Il ‘partito’ di condanna alla decapitazione di Pietro Paolo Boscoli ed Agostino Capponi, deliberato dal Magistrato degli Otto, in Firenze, il 22 febbraio 1512 ab inc.

M. Montorzi, Crepuscoli granducali. Incontri di esperienza e di cultura giuridica in Toscana sulle soglie dell’età contemporanea, Pisa: ETS, 2006 (“Incontri di esperienza e di cultura giuridica”, 1)

Legislazione toscana raccolta e illustrata da Lorenzo Cantini ... tomo primo [-trentesimo secondo], Firenze: nella Stamp. Albizziniana da S. Maria in Campo: per Pietro Fantosini e figlio, 1800-8 (dal v. 15 varia l'indicazione di pubblicazione: per Giuseppe Fantosini), XVI, 188-91 (rist. digitale a cura di M. Montorzi, Pisa: ETS, 2006)

          II.      I fatti precedenti:

Lorenzo i, il Magnifico, fr., reggitore della Repubb., ma governa come Sig. assoluto [sp. Clarice di Jacopo Orsini (f 88)] 4 dic, 1469 - † 8 apr. 1492

Piero II, I. [cede a Carlo VIII Pietrasanta, Sarzana, Pisa, Livorno, 1494. — Sposa Alfonsina Orsini († 1520)]                                                  8 apr. 1492 - dep. 8 nov. 1494 († 28 dic. 1503)

 

Cacciata dei Medici da Firenze. - Si riforma lo Stato, si crea una balìa, un Consiglio generale ed uno minore di 80 cittadini nov. 1494

       III.      Comincia il pendolo delle cacciate e dei ritorni dei Medici in Firenze

Comincia la dialettica tra instaurazione e transazione istituzionale

 

Si nomina un Gonfaloniere a vita, Piero Soderini, f. di Tommaso, avverso al pp. 10 dic. 1502 - dep. 31/12 1512 († 13/6 1522)

 

1512. Quando fu ratificata la pace tra il Viceré e la Repubblica fiorentina, accompagnati dallo Stesso Viceré tornarono in Firenze il Cardinal Giovanni, Giuliano suo fratello, e Lorenzo de’ Mèdici; figlio di Pietro, affogato nel Garigliano, inquadrato nelle truppe a fianco dei Francesi nel tempo del suo esilio

Nel loro ingresso in Firenze non fecero trapelare i loro disegni, comportandosi come privati. Sapendo però essere impossibile risalire a quel grado di potere a cui erano già assurti avanti l’esilio, qualora mancasse la presenza del Viceré, Giuliano fece profitto di una circostanza in cui il palazzo della Signoria era ripieno del partito mediceo, non escluso il Viceré, ed alzatosi domandò la convocazione del parlamento, ottenendo l’istituzione di una balìa di 50 cittadini per abrogare le passate leggi e pubblicarne delle nuove, con facoltà di poter confermare nella carica sé stessi per l’anno successivo.

In tal modo, con una mossa risoluta, i Medici tornarono arbitri del Governo-

 

Card. Giovanni II de’ Medici, (papa, fr. di Piero II 1513) 14 sett. 1512- mar. 1513 († 1° dic. 1521)

Giuliano II, fr. (D.a di Nemours 1515) 4 sett. 1512 - 17 mar. 1516

Lorenzo II, f. di Piero II; (Duca di Urbino 1516-9) mar. 1516- † 4 magg. 1519

Giulio, f. nat. di Giuliano I; Cardinale (Papa 1523), arciv. e gov. di Firenze per il Papa 4 magg. 1519 - rin. nov. 1523

Il Card. di Cortona, Silvio Passerini, gov. di Firenze per il Papa magg. 1524-16 magg. 1527

Ippolito de’ Medici, cardinale, f. di Giuliano II, governa 30 lugl. 1524 - dep. 16 magg. 1527 († 1535)

Alessandro, f. nat. di Lorenzo II (?); (D.a di Civita di Penne) mandato da Clemente VII a Firenze 1525 - dep. 16/5 1527

Cacciata dei Medici da Firenze. - II Consiglio Generale crea i dieci di libertà, gli otto di pratica, il Consigl. degli ottanta e un Gonfalon. di giustizia 21/6 1527 –

Alessandro, pred. creato capo della Repubb. dall’imp. Carlo V (ott. 1530), riconosc. dai Fiorentini 16 luglio 1531,

eletto Duca 1° magg. 1532 ott. 1530 - † 6 genn. 1537

Cosimo I de’ Medici, f. di Giovanni dalle Bande Nere; el. supremo reggit. di Firenze 9/1 1537, Duca 20/9 1537, Granduca 27/8 1569 9/1 1537- † 21/4 1574

 

       IV.      1513, La congiura di Pietro Paolo Boscoli ed Agostino Capponi:

Il cruento avvio di un processo di instaurazione statale. Il ‘partito’ di condanna alla decapitazione di Pietro Paolo Boscoli ed Agostino Capponi, deliberato dal Magistrato degli Otto, in Firenze, il 22 febbraio 1512 ab inc.

1)La Balìa fiorentina del 27 aprile 1532 : problemi e prospettive d’indagine. Verso il superamento di un modello esclusivamente consortile del potere politico

2)La congiura oligarchica di Pietro Paolo Boscoli ed Agostino Capponi : i limiti sociali, l’incidenza politica

3)Dalle testimonianze di cronisti e memorialisti coevi alla congiura : il Magistrato degli Otto e la gestione politica dell’emergenza

4)Niccolò Machiavelli nelle vicissitudini della “grande mutazione”, dalla tortura all’osservanza filo-medicea : alle origini di un capitolo dei Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio?

5)Lettura di un atto giurisdizionale : il ‘Partito’ di condanna alla decapitazione di Pietro Paolo Boscoli ed Agostino Capponi, deliberato dal Magistrato degli Otto, in Firenze, il 22 febbraio 1512 ab inc.

Appendice : Archivio di Stato di Firenze, Otto di Guardia e Balìa (serie vecchia), 155, fo. 36v-37r

          V.      1530, 2 agosto: Capitolazione della Repubblica fiorentina all’Imperatore in esito all’Assedio di Firenze:

Cfr. Cantini, Legisl. tosc., I 32ss.

a)       forma di Governo rimessa all’arbitrio dell’Imperatore

b)      che tutto il Dominio e terre già acquistate dall’esercito imperiale, ritornino formalmente nella disponibilità della Città di Firenze ® è il presupposto formale delle successive ordinazioni del 1532


 

       VI.      1532 le Ordinazioni fatte dalla Repubblica Fiorentina col Duca Alessandro de' Medici dichiarato Capo della medesima sotto il dì 27. Aprile 1532.

Cfr. Cantini, Legisl. tosc., I, 5-38

A)    Proemio

Ordinare ® fermezza e conservazione ® del Governo

B)     § 1

azzera il passato

efficacia innovativa

C)     § 2

D)    § 8 Modello dogale

equivoci giuridici

modelli ideologici

Duca a vita e con trasmissione del titolo per discendenza maschile diretta

 

     VII.      Riforma della Ruota fiorentina del dì 14. maggio 1532

§ 1 diritto transitorio ® rafferma temporanea dei Giudici di Ruota attualmente scaduti

§ 2. onde evitare sovrapposizioni del medesimo giudice chiamato eventualmente a decidere della medesima causa sia in primo grado che nel successivo grado di gravame, di fissa in maniera certa e determinata (§ 3.) l’organizzazione della giustizia nel contado e l’attribuzione di dipendenza gerarchica dei singoli offici territoriali e periferici del Contado ai rispettivi Quartieri cittadini della dominante di dipendenza e riferimento giurisdizionale, in modo da evitare duplicazioni della giurisdizione del medesimo giudice a gradi differenziati e distinti del medesimo processo (sovrapposizione e duplicazione tra merito di primo grado e gravame di secondo, eventualmente celebrati entrambe avanti la persona del medesimo giudice ® genesi dell’ordinamento giudiziario

§ 6 compartimento (= ripartizione) del peso delle cause trai giudici (genesi della competenza, intesa come concreta quantità della giurisdizione) ® dei 6 giudici, 4 deputati ai Quartieri nelle prime «instantie», gli altri 2 deputati alle appellazioni

§ 10 ® in materia di competenza la Ruota decide all’unanimità

§ 13 ® la Rota non sarà tenuta a dare motivi «nelle sententie delle prime e principali instantie»

§ 15 sindacato dei giudici di Rota per tutte le cause avanti di loro agitate

  VIII.      Ordinazioni sopra la Rota fiorentina del dì 14 maggio 1532

Cantini, Legisl. tosc., 1, 48 ss.

§ 1 termini ai Procuratori per presentare gli atti ® entro le conclusioni di causa ® entro il decretum de concluso o pro servato, con cui il giudice riservava a sé stesso esclusivamente gli atti di causa per poter giudicare

§ 2 ® tariffe per la scrittura degli atti

§ 3 ® modo e scrittura degli atti ® volgare e leggibilità ® la scrittura dei notai era in precedenza un fatto criptico ® un fatto corporativo ® il notao produceva per sé e per il proprio archivio gli atti ® prima considerazione normativa della necessaria pubblicità degli atti di causa

§ 4 Notai ed attuarî ® divieto di usar sostituti ingaggiati da loro privatamente ® si introduce un modo pubblico di considerare gli organi processuali

§ 5 conservazione degli atti ® esclusivamente presso l’Archivio del Proconsolo ® si introduce un modo pubblico di considerare gli organi processuali

§ 7 notifica preliminare necessaria della ingiunzione prima delle catture per debiti

§ 8 tariffa delle copie d’atti ® tariffe pubbliche

        IX.      Legge di sua excellentia illustrissima del dì 21 giugno 1532 sopra le condennationi criminali

Duca + senato ® fonte formale del provvedimento

Composizione delle pene criminali

Proporzione delle circostanze del delinquente ® legge geneticamente ineguale

          X.      Società di ceti

Società di ceti ® società di diversi

        XI.      il sistema giuridico toscano

sue fonti ® vedi schema a p. 22

la struttura federale del Granducato

la figura del Duca poi Granduca

   XII.      MAGISTRATO SUPREMO

 

Prunai, 71-2

MAGISTRATO SUPREMO:

il 4 aprile 1532 fu convocato, per l’ultima volta, il popolo a Parlamento, secondo gli ordini di Clemente VII e in base ai consigli di Francesco Guicciardini. In tale riunione furono eletti dodici cittadini, i <Riformatori> (è questa l’ultima Balìa della Repubblica) con incarico di riformare il reggimento dello Stato e di attuare il passaggio dalla forma repubblicana a quella del Ducato. Il 27 aprile dello stesso anno, i Riformatori proclamarono la nuova Costituzione dello Stato fiorentino. I

l Magistrato Supremo, nel nuovo ordinamento, prese il posto della Signoria e il Duca quello deI <Gonfaloniere di Giustizia >

La nuova magistratura fu composta di quattro Consiglieri, scelti tra i componenti del <Senato dei Quarantotto> e presieduta dal Duca o da un suo Luogotenente; costituì una specie di Consiglio di Stato del Principe e, nello stesso tempo, un Consiglio privato con funzioni consultive; deliberava a maggioranza (tre voti).

Ebbe notevole importanza amministrativa, ma svolse, quale supremo <Tribunale di appello>, anche funzioni giudiziarie. Le sue deliberazioni si dividono in pubbliche e private, di cui le prime di gran lunga più importanti, vanno dal 1532 al 1737.

G. Prunai, Firenze (secolo XII-1808), 72

  XIII.      CONSIGLIO DEI DUGENTO

CONSIGLIO DEI DUGENTO: istituito anch’esso con le riforme del 27 aprile 1532, sostituì i Consigli maggiori della Repubblica; fu competente ad approvare tutti i provvedimenti relativi alle comunità ed ai privati; gli fu delegata l’elezione di alcune magistrature, tra cui i Quattordici, gli Undici, gli Otto e i Provveditori; ebbe la prerogativa di convalidare gli atti solenni e le leggi per quanto tale convalida sia stata del tutto formale.

I membri sono eletti a vita

Né il Duca, né i Duegento potevano, però, risolvere alcun affare, senza una decisione del Senato, che rappresentava – almeno in un primo tempo e in linea teorica – l’autorità dello Stato

Gli atti hanno inizio con il 1532

  XIV.      SENATO DEI QUARANTOTTO

SENATO DEI QUARANTOTTO: fu istituito con la Riforma del 27 aprile 1532 e resultò composto di 48 cittadini, scelti tra gli appartenenti al <Consiglio dei Duegento>; prese il posto degli antichi consigli ristretti o minori della Repubblica; ebbe la funzione di <mandare a pattito >.i cittadini pcr gli uffici della città e del territorio; quelli che riportavano maggior numero di voti, erano imborsati per la successiva estrazione da parte dell’< Ufficio delle Tratte>.

Al Senato fu riserbata l’approvazione di tutti i provvedimenti finanziari e di ogni altro provvedimento interessante lo Stato. Dal punto di vista amministrativo ebbe, però, minore importanza del Magistrato Supremo. La documentazione è scarsa.

E)    Il senato dei 48 elegge

-          12 procuratori

-          otto di pratica ® liti tra comuni e comuni, tra comuni e privati

-          8 di guardia ® campo giudiziario ® vi presiede l’aud. Fiscale ® polizia e giustizia criminale

-          conservatori di legge[1]

-          magistrato dei capitani e conservatori delle fortezze

-          offiziali del monte

-          consoli del mare

-          Capitani di Pisa

-          Capitani di Arezzo

-          Capitani diPistoia

-          Capitani diVolterra

-          Capitani di Cortona

-          Potestà di Prato

-          Capitano di Castrocaro e di Fivizzano

     XV.      IL SISTEMA DELL’IMPOSIZIONE FISCALE

catasto spesso identificato con l’estimo

1427

CATASTO FIORENTINO

Prima era stato applicato il principio contributivo del prestito forzoso, motivato da contingenze e necessità straordinarie

Ora subentra il principio della obbligazione contributiva ® vedi Legge 14 maggio 1532, Cantini, Legisl. tosc., I, p. 60a, ult. cpv. ® la portata è obbligatoria

® gravezza fondata sul valsente

® base della valutazione è la produttività in grasce ai valori più basi del mercato

® se ne stimava la rendita

® è probabile che i catasti avessero a loro fondamento originariamente soltanto le PORTATE dei privati, con forti sanzioni ablative pro quota mendacii contro i denunzianti il falso od anche parzialmente omissivi

PORTATE

Due componenti

a)                  Sustanze: dichiarazione descrittiva dei beni (e dei loro arredi) posseduti e possidendi (che si sperava di possedere in futuro), dentro e fuori del dominio fiorentino, i crediti, sia pubblici che privati, i gudagni percepiti e quelli sperati, le merci, il bestiame

b)                  Incarichi: debiti privati e pubblici, livelli, canoni e pigioni, bestiame, bocche, mantenimento degli edifizî, spese scolastiche;

c)                   Defalchi conseguenti e saldo complessivo ed eventuale composizione

d)                  Anche i giornalieri erano tenuti a fare la portata, ancorché negativa

1532 ® perfezionamento dell’imposizione fiscale ® determinazione più circostanziata del potere impositivo e dell’obbligo contributivo ® comminatoria erga omnes ® Cantini, Legisl. tosc., I, p. 70a, legge 20.xi.1532 ab inc., cpv. «Pertanto per virtù …».

  XVI.      Decima granducale

Con l’avvento dei Medici si procedette a una revisione generale dei libri della decima e a questa furono preposti quattro cittadini detti ufficiali di decima, nominati dal principe, per sei mesi. Nel 1546 fu istituito il magistrato della decima e vi entrarono a far parte il provveditore del monte, quello dei cinque conservatori del dominio fiorentino, il provveditore delle vendite, ufficio creato il 16 ottobre 1500, e il. provveditore della decima. Infine il 28 febbraio 1552 gli uffici delle decime e delle vendite furono unificati in una sola magistratura, Il magistrato della decima aveva giurisdizione civile e criminale per le materie di sua competenza. Conservò le sue mansioni anche al tempo dell’appalto generale, istituito da Francesco Stefano di Lorena, perché la decima non fu appaltata, Con la riforma municipale di Pietro Leopoldo si affidò alle comunità la riscossione della imposta fondiaria e l’ufficio della decima fu in gran parte smobilitato sino a che fu abolito il 26 febbraio 1782. All’archivio della decima granducale è aggregata impropriamente una raccolta di estimi del distretto, sui quali gravava anche una imposta sulle spese generali riscossa dal magistrato dei Nove (« chiesto dei Nove »).

 

XVII.      Estimo e lira

 

Estimo E Lira:

 

si ha notizia di tale ufficio sin dal secolo XI e dai documenti non appartenenti a tale ufficio, ma ad altri fondi (quali il Diplomatico e il Notarile) si rileva come avvenisse il calcolo del valore degli immobili e, talvolta, anche dei beni mobili. Dai così detti <guadagni>, che da tali beni erano originati, si trovava la rendita più bassa e si capitalizzava in ragione del 5 o del 6 %. Tale capitale era registrato e da esso si traeva la quota (<lira>, <estimo>) in base a cui veniva stabilita la tassazione. Rimangono pochi frammenti dell’Estimo cittadino del secolo XIV, mentre abbondante è la documentazione per il contado, dal 1350 al I427.

 

Catasto:

istituito con Provvisione del 22 maggio 1427 doveva porre contributo, con regole più stabili ed uniformi di quelle vigenti per l’Estimo non solo i beni immobili dei cittadini, ma anche quelli mobili e i guadagni di qualsiasi specie. Con il sistema di capitalizzazione della rendita, detraendosi i debiti e gli altri carichi, si stabiliva un capitale al netto e su questo si imponeva una tassa annua di mezzo fiorino per ogni 100 fiorini. Su di esso si fondarono, nella stessa commisurazione, anche altre imposizioni. Anche i beni degli ecclesiastici e dei luoghi pii furono descritti < a catasto>, ma non furono soggetti ad imposizione. Il Catasto fu rinnovato nel 1430, 1433, 1442, 144 1451, 1469, 1470, 1480, 1482, per quanto fosse stato stabilito che la rinnovazione dovesse avvenire ogni tre anni. Nella denuncia, fatta dai cittadini, comitatini e distrettuali, dovevano essere indicati anche i beni mobili, gli utili derivanti dal commercio e dell’industria, i crediti di monte, ecc. La denuncia (<portata>) era fatta agli <Ufficiali del Catasto>, che sulla scorta di quanto in essa contenuto, compilavano speciali registri detti <campioni >. L’Archivio (deliberazioni, atti varii, portate, campioni, ecc.) è molto vasto e va dal 1427 al 1487 per la città, mentre per il contado diviene completo solo a partire dal 1429

il Catasto dal Governo della Repubblica allora ispirato dal Savonarola,

 

Decima RepubblicanA:

abolito, nel 1494, il Catasto dal Governo della Repubblica, si introdusse la Decima, fondata esclusivamente sui beni immobili, di cui si calcolavano le rendite nette. Il decimo di tal rendita era dovuto dal proprietario allo Stato (l’ammontare della imposta subì, via via, qualche aumento). Tale imposizione dalla città si estese al contado e al distretto, agli ecclesiastici, ai luoghi pii, con quote alquanto diverse si ebbero registrazioni speciali per gli abitanti dei sobborghi, che non raggiungessero una certa rendita (<Libri dei cittadini a parte >). La documentazione ha inizio con il composta di leggi, deliberazioni, campioni, arroti, ha inizio con il 1495

XVIII.      Ruota civile o Consiglio di giustizia (1502- 1807).

Fu istituita col nome di consiglio di giustizia il 15 aprile 1502 in sostituzione del podestà. e del capitano del popolo.

Fu riformata il 6 agosto 1505 e, dopo l’avvento del principato, il 14 maggio 1532. Con questa riforma si cercava di eliminare alcuni difetti dell’amministrazione della giustizia civile, fra i quali l’eccessiva durata delle cause e la incertezza della competenza territoriale in Firenze e nel granducato per un più regolare svolgimento degli appelli . Ma non si riuscì nello scopo, anzi gli inconvenienti si esasperarono col passare del tempo, nonostante i tentativi di riforma, che si susseguirono fino al 1717.

Con l’avvento della casa di Lorena questo tribunale fu potenziato e riformato soprattutto da Pietro Leopoldo, che il 13 dicembre 1771, nel quadro della riforma giudiziaria, lo trasformò in giudice civile di primo, secondo e ulteriore appello, abolendo i giudici di quartiere che erano scelti fra i giudici di ruota.

1502 ® soppressione da parte aristocratica del Magistrato del Capitano del popolo e riforma della figura del Podestà

XIX.      jurisdiktionsstaat : per officia gubernare® la l. urbem nostram

-          mimesi dei Libri feudorum

-          per offitia regi volumus

-          latino cancelleresco ® nisi et quatenus

   XX.      IL SISTEMA DI GIUSTIZIA FIORENTINO

® due membri strutturali:

i.                    LA GIUSTIZIA IN CONTADO

Il vicario

Il podestà

Il giusdicente provinciale

Contratto di giustizia

Équipe di giustizia

La rappresentanza istituzionale

Se è lecito rivolgersi a Paolo di Castro per trovare nei suoi Commentaria una sorta di interpretazione autentica del sistema giurisdizionale degli Statuti fiorentini del 1415, allora è anche significativo che egli ([2]) guardi al meccanismo dell'imborsazione e della tratta dei cives florentini per la loro investitura degli uffici nel Contado come ad una procedura abilitata a conferire immediatamente la legittimazione soggettiva all'esercizio del ministero di Giustizia nel territorio.

Agli occhi dello statutario fiorentino, infatti, il solo fatto dell'estrazione della polizza con il relativo nominativo legittima formalmente il sorteggiato all'esercizio della carica, senza che siano necessari ulteriori adempimenti rituali, in quanto lo designa alla titolarità di una potestà che è già di per sé autonomamente e direttamente operativa, perché incondizionatamente fondata sulla supremazia politica del Comune fiorentino sul proprio territorio.

Sicché ben si può comprendere come — nell'opinione di Paolo di Castro —, al di là dei tradizionali rituali di insediamento, l'efficacia legittimante della Tratta possa agevolmente considerarsi come operativa in via immediata: perché essa designa il soggetto alla titolarità di un rapporto di supremazia politica che verrà da lui esercitato tanquam civis florentinus in nome della Repubblica stessa, sul fondamento delle varie capitolazioni delle popolazioni del Contado alla Dominante fiorentina.

L'immediatezza del rapporto di rappresentanza che passa tra il singolo Rettore e la Repubblica fiorentina consente infatti una identificazione piuttosto stretta tra la condizione del Rettore e quella del titolare di una dignitas: il civis florentinus arriva in Contado con la propria équipe di Giustizia e vi si insedia essenzialmente per esercitarvi ila funzione giurisdizionale, ai cui proventi sportulari si lega sia il suo particolare interesse, sia quello del personale da lui assoldato.

Ma la prassi introduce al solito dei temperamenti e delle modificazioni; e l'avvento in particolare del complesso di potere mediceo — con la conseguente esigenza funzionale di convogliare sugli Ufficiali locali anche una serie di commissiones politiche esulanti dai contenuti esclusivamente giurisdizionali delle dignitates territoriali — indirizza il sistema nel senso di una più marcata evoluzione istituzionale.

Ed allora perdono di spessore e di rilievo giuridico sia il fatto in sé della Tratta, sia la cerimonia di colore feudale del reciproco giuramento di fedeltà fra Rettore ed abitanti del territorio a lui sottoposto.

In alternativa a simili moduli promissori e contrattuali, le regole dell'Uffizio della Tratta cominciano infatti a valorizzare nella procedura di insediamento del Rettore di Giustizia un duplice requisito formale: la presentazione alla Comunità territoriale delle lettere della Signoria di investitura della carica e, contestualmente, il passaggio delle consegne dalle mani del predecessore in ufficio ([3]).

Sono i momenti di una più complessa vicenda di carattere politico, che vede il Rettore di Giustizia insediarsi sul territorio di sua amministrazione non più in forza di una sua personale dignitas, quanto in osservanza di uno specifico mandato istituzionale che lo pone come controparte immediata non già della popolazione del luogo — come ancóra affettano i rituali feudali rimasti in uso —, bensì del proprio predecessore in ufficio.

Ed anche la riflessione dottrinale sul punto non manca di declassare a mèro requisito formale il fatto dell'estrazione dalla bursa della Tratta, criticando espressamente le tradizionali posizioni espresse al riguardo da Paolo di Castro, per mettere invece in risalto come presupposto sostanziale della assunzione del Ministero di Giustizia sia in realtà la presentazione delle lettere di investitura rilasciate al ministro dal suo superiore gerarchico ([4]).

Dal rapporto privatistico all’istanza istituzionale ® la morte anzitempo del giusdicente e la retribuzione dei membri dell’équipe di giustizia

La l. diem functo ff. de officio adsessorum

D.1.22.4 Papinianus libro quarto responsorum

Diem functo legato Caesaris salarium comitibus residui temporis, quod a legatis praestitutum est, debetur, modo si non postea comites cum aliis eodem tempore fuerunt. Diversum in eo servatur, qui successorem ante tempus accepit.

Nel problema del salarium adsessoris s’adombra il tema della continuità istituzionale

ii.                  GIUSTIZIA IN CITTÀ

a)   Ordinamento della Rota florentina

         i.   Il podestà

Il podestà fu sostituito da un nuovo magistrato ® i Consiglio di giustizia ® la Ruota

5 soggetti

        ii.   I membri necessariamente erano dottori in utroque

Uno dei quali doveva essere ogni 6 mesi il Podestà di Firenze mentre gli altri rimanevano contemporaneamente semplici giudici

Auctoritas della Rota

      iii.   Decisiones

Decisiones ® non sentenze ® motivazioni

Rationes normative

Applicazione pratica di categorie romanistiche

Aggregazione del dominio fiorentino ai Quartieri della Città e deputazione d’un giudice della rota a ciascuno dei quartieri della città ® intima natura territoriale della struttura del Jurisdiktionsstaat ® i quartieri della città sono strutture dell’ordinamento giudiziario statale ® STATO TERRITORIALE NEL VERO SENSO DELLA PAROLA

Le ordinazioni del 1532 ed i provvedimenti successivi mantennero e confermarono l’istituto dei giudici di quartiere e divisero nuovamente il Dominio Fiorentino in quattro parti ciascuna aggregata ad un quartiere di Firenze. ® § 3 (vol. I, p. 39 Cantini, Legisl. tosc.).

Giudice di prima e seconda appelazione per le terre del dominio, con competenza e giurisdizione esercitata sulla base dell’aggregazione materiale ai quartieri ® un rapporto in pratica ancóra di mèro e materiale dominio (la aggregazione e concreta subiectio alla singola pars civitatis) veniva assunto come elemento formale determinante la riprtizione delle competenze giurisdizionali e la pratica della prassi processuale.

Due momenti distinti dell’esercizio giurisdizionale collegati funzionalmente da un elemento materiale di subiectio:

 

       iv.   giustizia dottorale

giustizia delle appellazioni ® giustizia di gravame

giustizia delle motivazioni ® giustizia di razionalità

b)   La giurisprudenza della Rota fiorentina :

a)      determina nel tempo una romanizzazione dei concetti generali del diritto patrio

b)      unifica per via autoritativa i giudicati delle corti territoriali o, quanto meno, li fornisce di un sistema concettuale generale e razionale di riferimento ® dal dominium alla proprietas ® la dottrina unificante dei modi di acquisto della proprietà

c)      unifica il quadro costituzionale del Granducato ® la dottrina del diritto sussidiario statutario

d)      lo Statuto fiorentino come Diritto Comune del Granducato

Ma è certamente in età seicentesca che il modo di affrontare i termini del problema si orienta nel senso di una soluzione di ordine decisamente costituzionale e pubblicistico, e si congiunge definitivamente ad una regola complessiva di organizzazione dell'intera compagine del potere granducale.

In una decisione rotale di Girolamo Palma nipote, avente ad oggetto la pertinenza giurisdizionale del territorio della Comunità di Palaia, sita nel contiguo Vicariato di Lari ([5]), e ripresa poi da Giovanni Bonaventura Neri Badia in un suo successivo responso su egual tema ([6]), si argomenta infine che le terre ed i castelli dell'antico territorio pisano — per ciò che concerne i loro Statuti successivi all'epoca delle ripetute capitolazioni pisane — non possono più dirsi come facenti parte di quel distretto.

In sostanza, si argomenta poi in particolare dal Neri Badia, in epoca successiva all'instaurazione del dominato mediceo l'esercizio su terrae subiectae della potestà statutaria deve intendersi come avvenuto naturaliter all'interno di un ambiente istituzionale che è radicalmente mutato rispetto al passato.

E l'uso in particolare del termine «districtus», un tempo da riferirsi alla soggezione dei borghi del Contado alla signoria pisana, non può più intendersi come retaggio storico di quell'antico rapporto, ma deve piuttosto reinterpretarsi come naturalmente inserito all'interno di una situazione costituzionale radicalmente mutata rispetto a quella primigenia ([7]).

  XXI.      Profili costituzionali: La l. Urbem nostram:

La c.d. l. Urbem nostram — presente già nella primitiva redazione degli Statuti fiorentini di Giovanni da Montegranaro del 1409, nel titolo De legibus (Guidi, 75) — compare poi anche nella redazione definitiva degli Statuti del 1415 di Paolo di Castro:

modelli feudali per uno stato territoriale

«Urbem nostram florentinam cum toto eius territorio legibus nostris regi, et gubernari decernimus, nisi, et quatenus loca nostri territorii propriis militarent legibus, iuris, vel statutis, quae tamen nostra auctoritate confecta, aut confirmata fuerint. Territorium autem praedictum, et loca eius decernimus fore civitates, terras, castra, oppida, et villas, mare, portus, insulas, padules, aquas, valles, alpes, montaneas, et loca quaecumque, quae per nos quomodolibet, et nostro nomine reguntur, gubernantur, tenentur, vel possidentur, et in futurum favente altissimo acquirentur, et nostris legibus legari, uniri et affici omnes nostrae iurisdictioni potestati, dominioque quomodolibet subiectos, et in futurum subiiciendos iubemus. Salvis semper specialibus statutis, et iuribus locorum singularium nostri territorii, quae nostra auctoritate facta, vel confirmata fuerint, quae tunc suis locis serventur, et salvis in omnibus praedictis consuetudinibus cuiusque dictorum locorum. Civitatem nostram florentinam, cuius appellatione ad hoc totum territorium supradictum decernimus comprehendi, per offitia, de quibus et prout in suis locis disponemus, regi volumus, et gubernari. Offitia autem praedicta et offitiales eis praesidere debentes creari, deputari, extrahi, vel eligi volumus, ut in suis locis describitur» (Stat. fior. 1415, Tractatus I libri quinti, De legibus, rubr. I, vol. II, p. 479, ed. Friburgi; cfr. Zorzi, L'amministrazione, 17, nt.39).

« Stabiliamo che la nostra città di Firenze, con tutto il suo territorio, sia retta e governata con le nostre leggi, eccettuati quei casi e nella misura in cui (“nisi et quatenus”) i luoghi del nostro territorio non osservino proprie leggi, privilegi e statuti, i quali tuttavia siano stati redatti o confermati sulla base di una nostra esplicita autorizzazione. Stabiliamo inoltre che costituiscano il predetto territorio le città, le terre, le terre murate, i castelli ed i villaggi, le marine, i porti, le isole, le paludi, gli stagni, le valli, gli alpeggi, le montagne e qualunque luogo che da noi in qualsiasi modo siano governati, tenuti o posseduti, ed in futuro siano acquistati con il favore dell’Altissimo, e comandiamo che siano assoggettati al vigore unitario delle nostre leggi tutti coloro che sono attualmente sottoposti ed in futuro saranno sottoposti in qualsiasi modo alla nostra iurisdictio, potestà e signoria. Salvi sempre gli statuti speciali ed i privilegi (‘iura’) dei singoli luoghi del nostro territorio, che saranno stati confezionati o confermati sulla base di una nostra autorizzazione, che allora siano osservati nelle rispettive località, e fatte salve in ognuna di esse le rispettive consuetudini. Vogliamo che la nostra città di Firenzenella cui denominazione si deve intendere ricompreso tutto il territorio sopraddetto – sia retta e governata attraverso un sistema di offici (“per officia”) nella maniera che determineremo (“de quibus et prout”) nei luoghi competenti di questi statuti. E vogliamo poi che i predetti offici e gli officiali che dovranno presiedere ad essi siano creati, deputati, estratti ed eletti nei modi che sono stabiliti nei luoghi competenti di questi statuti ».

XXII.      sistema delle fonti

a)       consuetudine

b)       statuti territoriali

c)        statuti corporativi

d)       statuti giurisdizionali

e)        stylus curiarum

f)        normazione positiva

g)        Bandi e ordini da osservarsi nel Granducato di Toscana

h)       istruzioni

i)        circolari e biglietti

j)         notificazioni

k)      leggi

l)        giurisprudenza soprattutto rotale, rationes jurisprudentiae

m)     dottrina, theoricae doctorum

una formula per il sistema che si sviluppa: un sistema di giurisprudenza e prassi colta

XXIII.      ordinazioni sopra la Rota fiorentina del dì 14 maggio 1532 Cantini, Legisl. tosc., 1, 48 ss.

§ 1 termini ai Procuratori per presentare gli atti ® entro le conclusioni di causa ® entro il decretum de concluso o pro servato, con cui il giudice riservava a sé stesso esclusivamente gli atti di causa per poter giudicare

§ 2 ® tariffe per la scrittur degli atti

§ 3 ® modo e scrittura degli atti ® volgare e leggibilità ® la scrittura dei notai era in precedenza un fatto criptico ® un fatto corporativo ® il notao produceva per sé e per il proprio archivio gli atti ® prima considerazione normativa della necessaria pubblicità degli atti di causa

§ 4 Notai ed attuarî ® divieto di usar sostituti ingaggiati da loro privatamente ® si introduce un modo pubblico di considerare gli organi processuali

§ 5 conservazione degli atti ® esclusivamente presso l’Archivio del Proconsolo ® si introduce un modo pubblico di considerare gli organi processuali

§ 7 notifica preliminare necessaria della ingiunzione prima delle catture per debiti

§ 8 tariffa delle copie d’atti ® tariffe pubbliche

XXIV.      Legge di sua excellentia illustrissima del dì 21 giugno 1532 sopra le condennationi criminali

Duca + senato ® fonte formale del provvedimento

Composizione delle pene criminali

Proporzione delle circostanze del delinquente ® legge geneticamente ineguale

Società di ceti ® società di diversi

XXV.      La nuova costituzione

Diaz, Il Granducato di Toscana, I, 52

«I tratti portanti della nuova costituzione erano così già tracciati. I membri dei due maggiori Consigli erano nominati a vita e il loro rinnovamento futuro restava affidato al duca. I ~ consiglieri (scelti ogni tre mesi dal Senato fra i suoi membri tramite la votazione di dodici accoppiatori, anch’essi dei 48), riuniti sotto la presidenza del duca o di un suo luogotenente, venivano a costituire il Magistrato Supremo. Questo era un organo consultivo del principe, deliberante a maggioranza, con funzioni prevalentemente amministrative, ma anche giudiziarie di superiore « tribunale d’appello »; il Senato dei quarantotto (età minima quarant’anni) ebbe il compito di designare i cittadini da destinarsi agli uffici della città e del dominio, dopo di che la imborsazione e la estrazione a sorte di quelli di loro che avevano riportato maggior numero di voti restavano affidate all’Ufficio delle Tratte; al Senato inoltre fu affidata l’approvazione dei provvedimenti finanziari e delle principali deliberazioni circa gli affari di Stato; il Consiglio dei Duecento (età minima 35 anni) avrebbe dovuto sanzionare con la sua approvazione ogni legge o atto solenne, e aveva specifica competenza di approvare i provvedimenti relativi alle comunità e ai privati, nonché di eleggere alcune magistrature, votando su un certo numero di cittadini estratti a sorte da diverse borse, ciascuna destinata a una magistratura. Per la struttura dei principali organi dell’amministrazione poi prevaleva per buona parte il motivo della continuità. Molte delle principali magistrature vennero conservate, sia pure con funzioni che, specie negli anni futuri del principato, saranno sensibilmente modificate. Gli Otto di Pratica, che in epoca repubblicana si erano alternati, a seconda delle epoche, con i Dieci di Balìa o di Libertà e pace, con il compito precipuo di provvedere alla difesa del territorio, assoldare la milizia, nominare i capitani, dirigere la guerra, mantenere all’interno la quiete pubblica, furono conservati con la più limitata competenza di decidere le controversie tra comuni e comuni, tra comuni e privati, e tra i vari uffici, nonché di provvedere a stanziamenti e affari già di competenza della Signoria, e di svolgere alcuni incarichi di carattere militare relativi a fortezze e cittadelle. Questa antica magistratura doveva per l’avvenire essere eletta dal Senato; ma sarà abolita da Cosimo I nel I~6o. Gli Otto di Guardia e Balìa, la potente magistratura incaricata nell’età repubblicana delle funzioni di polizia e di giustizia penale, furono pure mantenuti, ma con competenza ormai ristretta al campo giudiziario, alla imposizione di bandi ecc.; la loro nomina fu affidata al Senato. Sempre a questo organo era devoluta la nomina di altre due magistrature repubblicane, art. 8 della ordinanza

una formula per il sistema che si sviluppa: un sistema di giurisprudenza e prassi colta

XXVI.      Prima dell’istituzione politica, la struttura geografica: l’Arno e la iurisdictio

Arno:

viabilità       ® fondovalle ®                       Arno unica direttrice

®                argini usati come strade

®                convalli affluenti ®         viabilità specializzata sui crinali

guerra delle acque

®                bonifiche ®             padule di Bientina ® strisce d’assegnazione fondiaria

®                colmate

®                deviazione cinquecentesca del corso d’Arno

®                Uffizio dei Fiumi e Fossi di Pisa

®                canale del trabocco ®     ultimo utilizzo nel 1761 ® poi privatizzazione degli impianti

®                interventi ed incentivi di ripopolamento urbano (Vallini, Vaglini, Vallesi)

omologia tra conformazione del suolo e forme dell’esperienza giuridica

®                concentrazione fondiaria a discapito della conduzione diretta

§  nel pisano era inizialmente documentato e praticato il lavoro servile di colorito feudale

§  diffusione fiorentina della mezzadria e del Diritto Romano

Realità delle qualità giuridiche

®                la calcinariensis exemptionis per il passo della nave

o   Vicario di Pontedera ® soluzione conservatrice ® cives intramurearii

o   Rota fiorentina ® soluzione di stampo romanistico e fondata ex causa publica ®                           ammessi i contribuenti alle gravezze

®                Carichi di manutenzione dei canali di scolo

®                Boschi

o   Proprietà dei pini dei Monti pisani separata dal suolo: ne è titolare l’Uffizio dei Fiumi e Fossi di Pisa

o   Dibattito sull’utilità dei boschi

§  Motuproprio 1776: libertà del taglio dei boschi

XXVII.      diritto patrio e isttuti di diritto patrio toscano

Di “diritto comune” si è parlato più negli ultimi settant’anni di quanto si sia fatto tra Due e Cinquecento.

La prima trasformazione del diritto romano in un diritto omnibus commune si realizzò nella prassi longobardistica e non, come in genere si crede, nella scuola romanistica ove approdò solo nel Trecento.

In certe zone d’Europa anzi, come in Inghilterra, l’adozione di un ius commune giustinianeo non si verificò affatto, il common law essendo un prodotto di diritto nazionale

in altre zone del continente la legge giustinianea in effetti operò, ma in forme disparate, o in quanto vigente per antica consuetudine (Const. Puritatem nel Regnum),

oppure anche ratione Imperii — come ad esempio nell’ex Regnum Italiae — sia perché l’autorità dell’impero antico s’immaginava perpetuata dalla Chiesa nei nuovi monarchi, sia per credenze più o meno simulate in un ideale dominatus mundi; talora venne inventata una recezione o tacita, o espressa vuoi dell’intero corpus iuris, vuoi di semplici selezioni delle sue norme.

Col tempo quel corpus iuris assunse la veste di mero insieme di rationes, magari persino non vincolanti, dal quale scaturì, al chiudersi del Medioevo, un diritto giurisprudenziale coniato insieme da scuole e tribunali.

i.                    La mezzadria

Mezzadria: due iurisdictiones che si fronteggiano: il padrone ed il capoccia

La famiglia mezzadrile come azienda

Dominio della consuetudine

Veicolo di diffusione del Diritto Romano

Ma sono forti nel rapporto i coloriti feudali

Già nel lessico, pur se stravolto ® le c.d. «regalie» ® feudali prima che nel nome nel nesso causale, che le addice ad un titolo di «estorsione» non commerciale di dazoioni reali e d’opera a vantaggio del padrone;

potestas padronale sui coloni ® autorizzazione al matrimonio, controllo sulla moralità e sulla modestia etc.

non è un rapporto per c.d. «commerciale» o di semplice locazione d’opera, ma il conferimento della disponibilità di un bene (il fondo poderale) ai fini della sua lavorazione, del suo arricchimento, della sua gestione ® a ben vedere, è il conferimento della Gewere contro il servitium della prestazione della medietas fructuum

dominio della consuetudine

non c’è sostanzialmente giurisprudenza

La stessa, ben nota posizione di rottura che Vincenzo Salvagnoli all’inizio degli anni ’30 dell’Ottocento – assunse risolutamente contro l’istituto della mezzadria[8] a favore della diffusione in alternativa del contratto d’affitto, non può essere ricostruita alla stregua di una diatriba meramente scientifica e dottrinale, ma deve oggi piuttosto considerarsi come il primo, effettivo frammento dell’avviarsi di un vivace ed agguerrito dibattito costituzionale:

Salvagnoli non mirava allora, in realtà, a porre in discussione la ormai consolidata configurazione dottrinale di quel contratto[9], ma intendeva soprattutto aggredire i connotati pesantemente feudali, che ancora ne continuavano a marcare la struttura di rapporto giuridico, sia sotto il profilo del suo contenuto regolativo, sia sotto quello della sua complessiva efficienza giuridica[10].

D’altronde, in tale occasione, Salvagnoli agiva evidentemente dietro un lontano stimolo di ordine politico – piuttosto che scientifico –, il quale seguiva al concorso bandito già nel 1821 dall’Accademia dei Georgofili sulla maggiore o minore produttività ed utilità economica del rapporto mezzadrile rispetto all’affitto.

Fu poi soltanto tra il 1833 ed il 1834, quando sembrò per un attimo che andassero definitivamente sanandosi i motivi di dissidio, che avevano opposto il ceto dirigente toscano al Governo granducale, che si sviluppò sulle colonne del «Giornale Agrario Toscano» un approfondito, generale esame del problema della povertà del Contado toscano, nel cui contesto soprattutto si pose sotto osservazione critica il contratto mezzadrile.

Al contrario del Marchese Gino Capponi, il quale aveva soprattutto apologeticamente sostenuto che la mezzadria aveva le sue più lontane origini nella libertà[11], il Salvagnoli sarebbe entrato nel dibattito con un intento all’opposto prevalentemente critico; egli avrebbe, infatti, preso posizione con una lettera sull’argomento mezzadrile, indirizzata espressamente allo stesso Capponi il 20 novembre 1833, e tesa ad introdurre un diverso sistema di valori nella trattazione della materia mezzadrile: giacché – a détta del Salvagnoli stesso – «l’errore più grande fu quello, non già di credere la terra fonte esclusiva di ogni ricchezza, ma di crederla proprietà per eccellenza, e di non vedere mai l’uomo»[12].

Quella in tal modo affermata dal giureconsulto empolese era un’effettiva e consapevole istanza di smantellamento della centralità politica del contratto mezzadrile[13], soprattutto perché di esso si scoprivano da lui impietosamente elementi ancora visibilmente servili[14]: la terra – esclamava risentito il borghese Salvagnoli – non è bene politico, causa materiale e necessaria di dominio quasi personale («proprietà per eccellenza»), ma è soltanto economica occasione di ricchezza, che non influenza e non coinvolge i rapporti politici che passano tra gli uomini[15].

Dentro all’idea del passaggio dal sistema rigidamente mezzadrile a quello della mobilità sociale di tipo capitalistico[16], allora affermata da Vincenzo Salvagnoli con la sua opzione a favore dell’affitto[17], stava già in realtà l’intento di arrivare ad un sostanziale riassetto costituzionale dei rapporti politici e sociali, che definitivamente superasse la gerarchia cetuale del passato Stato di polizia granducale[18].

Salvagnoli attaccava la mezzadria, argomentando appunto dal radicale difetto di razionalità storica che ne affliggeva la struttura giuridica: essa – nonostante la sua natura innegabilmente privatistica – si atteggiava infatti come un contratto collativo di status a forte connotazione pubblica; sia il mezzadro, sia il padrone parevano essere in primo luogo piuttosto delle parti sociali[19], che non delle mère comparse contrattuali a rilevanza esclusivamente privata[20].

Grazie alla rete mezzadrile che serrava strettamente tutto il territorio toscano, infatti, l’intera struttura sociale del Granducato era fondata su un paralizzante dispositivo di tipo consortile[21], in virtù del quale le famiglie e le situazioni di comunione tacita da esse individuate – sia quelle di parte mezzadrile, sia quelle di parte gentilizia e padronale – erano considerate come momento centrale e portante nella costruzione dell’intero tessuto sociale[22].

L’avvocato empolese, quando in tale occasione polemizza contro la mezzeria, in realtà, pensa già allo Stato di diritto, che si deve necessariamente ed esclusivamente costruire tra soggetti giuridici individuali ed eguali tra loro[23], e al connesso, definitivo superamento degli status intermedi fra formazioni naturali e organizzazione statale, che fino ad allora erano stati identificati da situazioni contrattuali a forte contenuto associativo come quella mezzadrile.


ii.                  Entratura

Entratura (dal Rezasco):

Diritto concesso dalla Legge agli artefici, onde l’artefice pigionale non poteva essere rimosso dalla bottega prima d’un certo numero di anni che trascorrevano dopo compiuto il termine dell’allogazione, o non poteva mai avere accrescimento di pigione per la bottega e per la casa di abitazione da lui condotta; e l’altro Diritto, anch’ esso dell’artefice, acquistato per l’ avviamento della sua bottega, stimabile di prezzo dinanzi al padrone di quella, perpetuo, e trasferibile in altrui, sì che il padrone doveva ristorarne il conduttore, qualora il diritto di stanziare fosse per qualunque causa cessato, ed egli se ne fosse valuto contro all’artefice per accomiatarlo.

Dec. Xii, to. Xi, Ombrosi, Flor. Intr.

® del 1671, in volg., cor. Caresecch

® ratio

®summarium ® importanza delle massime ® dànno regole e definizioni ® hanno tono latamente precettivo

® argumentum ® caso di specie ® in questo caso, società di grossiere, orefice secializzato in macro-oreficeria

nr. 3 – 7 ® rimanda e ricollega l’entratura al Diritto Comune statutario

avviamento Si definisce avviamento l'attitudine di un'azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria, che derivi o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell'organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed idoneo a produrre utili.


iii.                Diritto forense

quello che già nell’Ottocento, con acuta e densa espressione, Vincenzo Salvagnoli (in Pietro Verri, Scritti vari di Pietro Verri, ordinati da Giulio Carcano ; e preceduti da un saggio civile sopra l'autore per Vincenzo Salvagnoli, Firenze : Le Monnier, 1854, XXI ss.) definì come «il senno pratico» dei giuristi impegnati nel fòro.

nella cultura del diritto forense si approntarono e definirono quegli strumenti testuali e normativi si rivolsero a rendere più efficiente e concettualmente omogenea l’attività dei pratici del diritto.

iv.                 Verso l’imputabilità

Verso l’imputabilità ® la critica del Cantini nella sua Illustrazione alle Provvisioni intorno all'Offizio delli Capitani, Podestà, e Vicari, e altri Ministri di Giustizia dello Stato Senese, del dì 1. Maggio 1590. ab Inc. (Cantini, Legisl. tosc., xiii, 132 ss.).

p.135b cpv. «Li podestà. E Vicari …» ® Lorenzo Cantini critica il disposto provvisionale (Cantini, Legisl. tosc., xiii, 137a, Illustrazione: così l’arresto avviene ex mero arbitrio iudicis, non avviene ex providentia legis.


v.                   La titolarità reale

Lo schema feudale ® dazione reale causa liberalitatis della Gewere su una res con prestazione gratulatoria di ritorno

Denominazione del rapporto secondo la specifica causa dationis

Denominazione varia dei titoli e dei rapporti

L’interpretazione delle singole situazioni reali comincia necessariamente da una disamina storica del titolo costitutivo

Prova critica e prova storica ® logica razionale e logica storica e fattuale

Non la proprietà come istituto razionale, perfetto ed astratto, ma la legittimazione concreta e reale, sulla base di un titolo positivo(scritto ® scritto = libello = livello

In una società di ordini e di ceti come quella medicea il sistema della molteplicità dei titoli reali ® delle differenti legittimazioni reali ® è consentaneo al sistema cetuale stesso

Ma la logica assolutista importata dai Lorena comincia a guardare alla massa dei sudditi come ad una massa di sudditi indifferenziatamente eguali di fronte al Principe

Si pongono le premesse per una unificazione dei titoli reali, almeno nei desiderata di sistemazione dottrinale e di certificazione istituzionale (modelli pandettarî)

Legge che proibisce il passaggio de' Beni nelle Mani Morte del dì 11. Febbraio 1751.

Cantini, Legisl. tosc., xxvi, 314 ss., ill.® Richecourt ®Francesco Stefano d'Asburgo Lorena

Cantini, Legisl. tosc., xxix, 220 ss., Legge sopra le Mani Morte del dì 2. Marzo 1769 ® .Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena

Al § 24 ® affrancazione

XXVIII.      Guido Bonolis, SULL'USO DEL " TOCCO „ NELLE ESECUZIONI PERSONALI DELL'ANTICO DIRITTO FIORENTINO

Archivio Storico Italiano, V.a.serie, XXVIII – 1901

XXIX.      Pompeo Neri nel 1745

Pompeo Neri nel 1745 incaricato di fare una «rifusione generale» delle leggi di tutto lo Stato in un «codice simile a quello dei Savoia».

Joannis Bonaventurae Neri Badia ... Decisiones et responsa juris tomus primus (-secundus) - Florentiae : ex typographia Josephi Allegrini, & soc., 1769-1776 - 2 v. ; fol.

® vol. II, 498 ss. Discoso primo tenuto ai deputati alla compilazione di un nuovo codice di leggi municipali della Toscana

® ibid.,515 ss. Discorso secondo tenuto nell’adunanza dei deputati alla compilazione di un nuovo codice di leggi municipali della Toscana

p. 500b «Le leggi che presentemente vegliano in Toscana altre sono proprie, altre sono straniere, e dall’uso e consenso tacito ricevute.

Le leggi proprie della Toscana sono quelle che in differenti tempi sono state fatte dai Sovrani di Toscana per regolamento dei loro proprj Territorj e Governi».

La raccolta della normazione come «sistema delle divergenze parallele», per c.d.: fasci di precetti originanti da un centro di erogazione posto costantemente al vertice del sistema gerarchico dello Stato territoriale, ma ciascuno distintamente indirizzato nella propria peculiarità normativa

ibid. Analisi dello statuto fiorentino

gli statuti delle comunità appendice dello statuto fiorentino

p. 501 descrizione degli Stati che compongono il Granducato

p. 511 ® perpetuità e universalità del Diritto Romano LEGGERE IL BRANO

«…le leggi di tutti gli altri popoli … consistono per lo più di una raccolta sterile di ordini particolari ..»

P. 537 Prospetto della compilazione di un nuovo codice delle leggi municipali della Toscana

Il modello è quello di una consolidazione compilatoria e riordinatrice del sistema molteplice ed eterogenerato nel tempo dei diversi complessi normativi aggregatisi ed instauratisi in Toscana

Uno schema che ritornerà nel tempo

La dialettica costante sarà quella che opporrà Diritto Comune toscano ó  Codificazione

La posizione conservatrice di Pompeo Neri sarà quella di un antirazionalismo (contrario a Leibniz e Domat, ad es.) pufendorfiano ed imperativista ® la « legislazione frutto dei successivi arbitri di legislatori occasionali, non … facilmente riconducibile ad ordine razionale» (Tarello, 214).

 

Circa un secolo dopo

Prodromo del Gius civile del’avvocato Lorenzo Collini

Compilazione del diritto  civile di Luigi Matteucci

 

 

Il governo della restaurazione abroga il codice napoleonico

 

Solo  Collini dimostra di pensare ad  un modello codificatorio non eterointegrabile

Matteucci pare ancora ricollegarsi a quei testi che nei casi omessi rinviavano ad altre fonti

 1808-1814 ® la Toscana, con l’abolizione degli Statuti, diviene Stato monoterritoriale  nazionale

1847 ® motuproprio istitutivo della commissione per la realizzazione di un cod. civ. toscano ® IL Cod. Civ. espressione dello «Stato di civiltà» della Toscana e delle sue «condizioni sociali, morali ed economiche».

Ma anche valeva l’alternativa romantica e storica della risistemazione del patrimonio dei monumenti del diritto già esistente

L’intervento riformatore di maggior rilievo ebbe ad oggetto l’ordine giudiziario e gli status soggettivi  del processo penale ® vocazione giudiziaria del diritto toscano

 

XXX.      L’editto di Pisa: la costituzione criminale leopoldina

-        Pisa 30 xi 1786

nel 1786 il giovane sovrano della Toscana (Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena era nato nel 1747 ed aveva allora soltanto 39 anni), ammirato e celebrato da tutta l’Europa illuminista (ce ne ha parlato lungamente Franco Venturi), abolì proprio il 30 novembre e proprio in Pisa con suo provvedimento unilaterale e sovrano la tortura per uso di giustizia e la pena di morte:

tradizione civile della Toscana leopoldina e lorenese.

La tradizione di un «modo» d’esercizio del potere che non è prettamente toscana, ma peculiarmente illuministica, segnatamente lorenese e leopoldina.

La storia della Toscana è in realtà sanguinaria e crudele, fatta

® di vere e proprie faide (gli Statuti comunali che disciplinano l’istituto della vendetta tra famiglie),

® di congiure sedate nel sangue,

® di famiglie disperse

® e di brutali supplizi

                                                                                                  i.      si pensi

®  alla saga crudele della torre della Muda a Pisa [Ugolino della Gherardesca († 1289), Dante, Inf., XXXIII;

®  all’esito sanguinoso della congiura dei Pazzi, con l’Arcivescovo fiorentino impiccato alla finestra del suo palazzo; il 26 aprile del 1478, quando l'arcivescovo Salviati, Iacopo e Franceschino dei Pazzi, che avevano congiurato contro Lorenzo dei Medici, furono impiccati pubblicamente ed a furor di popolo, il Salviati alla finestra stessa del palazzo vescovile;

®  al supplizio di Pietro Paolo Boscoli, giustiziato nel giro di pochi minuti e senza processo nel 1513 insieme ad Agostino Capponi per aver ordito una congiura d’ispirazione repubblicana contro Giuliano, Giovanni e Giulio Medici;

®  alle notizie secentesche degli «squarti» e dei supplizi a suon d’attanagliamenti roventi con piombo fuso nelle ferite, irrogati in territorio pisano come ultimi supplizi di delitti particolarmente esecrati

®  al supplizio, l’ultimo in età settecentesca, inflitto nel Vicariato di Vico Pisano il 6 febbraio 1751, con “squarto, forca e confiscazione dei beni” per il delitto di stupro ed omicidio

Ed anche la vicina Lucchesia è stata una terra in cui la ghigliottina ‑ nelle piazze cittadine o sui terrapieni delle mura ‑ ha funzionato fino a poco prima del 1847, data dell’annessione lorenese.

Legge: un’attività deliberativa di carattere unilaterale e sovrano, le leggi sono sistemi di parole che vengoo immessi contemporaneamente sul mercato delle idee e dei comportamenti ® questo interessa allo storico          
                     che supera la trama corporativa e consociativa delle deliberazioni concertate tra differenziati organi giurisdizionali che era stata tipica del Jurisdiktionsstaat mediceo:    
                     il quadro di riferimento e la logica d’intervento sono quelle del c.d. «Dispotismo illuminato» .

Il 1779 Progetto di costituzione non per classi ma basata sull’eguaglianza di tutti i sudditi-cittadini di fronte al sovrano

Analisi della leopoldina

Proemio ® doveri del principe

14444442444443

esame e riforma della legislazione criminale

144444444444444444444444244444444443

                                                                                                      

                                                                                                       ê

legislazione crudele ó anarchia dei bassi tempi

Il Senso Implicito È Che La Crudeltà Delle Pene Svolge In Realtà Una Funzione Compensatoria Dell’assenza, Dell’inefficienza, D’Un’adeguata Struttura Istituzionale Di Coercizione Politica = il terrore supplisce soltanto al difetto di autorità, all’assenza di Stato.

i° PUNTO PROBLEMATICO:

La leopoldina è in realtà il segmento criminalistico di una più complessa operazione di riconfigurazione del rapporto d’obbligazione politica in Toscana

PIETRO LEOPOLDO STA RICONFIGURANDO LA PROPRIA SOVRANITÀ

·         PROEMIO: LA PENA DI MORTE «NON NECESSARIA» PER IL FINE DELLA SOCIETÀ: IL FINE DELLA SOCIETÀ DIVIENE OGGETTO DELLE CURE ESCLUSIVE DEL SOVRANO : DAL BONUM COMMUNE CORPORATIVO AL BONUM PUBLICUM STATALE

·         § 51: «avendo considerato che l’oggetto della pena deve essere  
la soddisfazione al privato ed al pubblico danno,      
la correzione del reo, figlio anche esso della società e dello Stato, della di cui emenda non può mai disperarsi,     
la sicurezza, nei rei dei più gravi ed atroci delitti, che non restino in libertà di commetterne altri,  
e finalmente il pubblico esempio che il governo nella punizione dei delitti, e nel servire agli oggetti ai quali questa è unicamente diretta, è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al reo, che tale efficacia e moderazione insieme si ottiene più che con la pena di morte, con la pena dei lavori pubblici, i quali servono di un esempio continuato, e non di un momentaneo terrore che spesso degenera in compassione, e tolgono la possibilità di commettere nuovi delitti, e non la possibile speranza di veder tornare un cittadino utile e corretto …».

·         § 118 ®LACUNE, COLMABILI CON LE ALTRE LEGGI TOSCANE, MA SOLO SE COMPATIBILI

·         § 119 ® IL GRANDUCA SI AVOCA, AVVERSO LE PREESISTENTI REALTÀ E PRIVILEGI CORPORATIVI, IL MONOPOLIO DELLA GRAZIA E DELLA GIUSTIZIA

TARELLO

SALMONOWICZ

PADOVANI ® CODICE DI PROCEDURA AL MODO DI UN’EMANAZIONE DI NORMATIVA COSTITUZIONALE

IO, NELLA LINEA DI PADOVANI, DIREI CHE SI TRATTA DI UN REGOLAMENTO DI POLIZIA, RIVOLTO AL PARTITO DEL GRANDUCA, CIOè AI SUOI FUNZIONARI: NON CI SONO ANCÓRA PARTITI POLITICI IN SENSO IDEOLOGICO, MA BLOCCHI DI SOSTEGNO DINASTICO

IL QUADRO STORICO POLITICO NON È QUELLO DI UNO STATO DI DIRITTO , MA ANCÓRA QUELLO DEL JURISDIKTIONSSTAAT

Poi, il grande mutamento :

Il mutamento storico : 1789 Riv. Francese

Il mutamento dinastico : 1790 Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena diviene imperatore d’Austria per la morte del fratello Giuseppe II.

il mutamento del costume civile : 1790 fame e fede a livorno;

                                                                                      † 1792 Pietro Leopoldo muore.

concludendo: La questione della pena di morte non è questione di folclore umanitario; ogni volta che essa viene agitata è perché dietro di essa si muove il simulacro di un nuovo e diverso modello di obbligazione politica.

XXXI.      Il problema della legislazione nel Granducato di Toscana

Pompeo Neri nel 1745 incaricato di fare una «rifusione generale» delle leggi di tutto lo Stato in un «codice simile a quello dei Savoia».

Joannis Bonaventurae Neri Badia ... Decisiones et responsa juris tomus primus (-secundus) - Florentiae : ex typographia Josephi Allegrini, & soc., 1769-1776 - 2 v. ; fol.

® vol. II, 498 ss. Discoso primo tenuto ai deputati alla compilazione di un nuovo codice di leggi municipali della Toscana

® ibid.,515 ss. Discorso secondo tenuto nell’adunanza dei deputati alla compilazione di un nuovo codice di leggi municipali della Toscana

p. 500b «Le leggi che presentemente vegliano in Toscana altre sono proprie, altre sono straniere, e dall’uso e consenso tacito ricevute.

Le leggi proprie della Toscana sono quelle che in differenti tempi sono state fatte dai Sovrani di Toscana per regolamento dei loro proprj Territorj e Governi».

La raccolta della normazione come «sistema delle divergenze parallele», per c.d.: fasci di precetti originanti da un centro di erogazione posto costantemente al vertice del sistema gerarchico dello Stato territoriale, ma ciascuno distintamente indirizzato nella propria peculiarità normativa

ibid. Analisi dello statuto fiorentino

gli statuti delle comunità appendice dello statuto fiorentino

p. 501 descrizione degli Stati che compongono il Granducato

p. 511 ® perpetuità e universalità del Diritto Romano LEGGERE IL BRANO

«…le leggi di tutti gli altri popoli … consistono per lo più di una raccolta sterile di ordini particolari ..»

P. 537 Prospetto della compilazione di un nuovo codice delle leggi municipali della Toscana

Il modello è quello di una consolidazione compilatoria e riordinatrice del sistema molteplice ed eterogenerato nel tempo dei diversi complessi normativi aggregatisi ed instauratisi in Toscana

Uno schema che ritornerà nel tempo

La dialettica costante sarà quella che opporrà Diritto Comune toscano ó Codificazione

La posizione conservatrice di Pompeo Neri sarà quella di un antirazionalismo (contrario a Leibniz e Domat, ad es.) pufendorfiano ed imperativista ® la « legislazione frutto dei successivi arbitri di legislatori occasionali, non … facilmente riconducibile ad ordine razionale» (Tarello, 214).

Circa un secolo dopo

Prodromo del Gius civile del’avvocato Lorenzo Collini

Compilazione del diritto civile di Luigi Matteucci

Il governo della restaurazione abroga il codice napoleonico

Solo Collini dimostra di pensare ad un modello codificatorio non eterointegrabile

Matteucci pare ancora ricollegarsi a quei testi che nei casi omessi rinviavano ad altre fonti

1808-1814 ® la Toscana, con l’abolizione degli Statuti, diviene Stato monoterritoriale nazionale

1847 ® motuproprio istitutivo della commissione per la realizzazione di un cod. civ. toscano ® IL Cod. Civ. espressione dello «Stato di civiltà» della Toscana e delle sue «condizioni sociali, mrali ed economiche».

Ma anche valeva l’alternativa romantica e storica della risistemazione del patrimonio dei monumenti del diritto già esistente

L’intervento riformatore di maggior rilievo ebbe ad oggetto l’ordine giudiziarioe gli status soggettivi del processo penale ® vocazione giudiziaria del diritto toscano

XXXII.      Salvetti e le Antiquitates florentinae

L'appendix di Nicolò Salvetti, nel mentre rileva le mutazioni di quadro istituzionale indotte rispetto koll quadro statutario dalla normazione riformatrice pietroleopoldina, dà anche conto - di fatto - di come tali mutazioni inducessero una vera e propria riforma di stampo costituzionale

XXXIII.      La Compilazione del Diritto Civile di Luigi Matteucci

® non è una codificazione nel vero senso della parola, perché si propone come testo eterointegrabile.

Il governo della Restaurazione abrogò immediatamente il Codice Napoleonico.

Ma si ha, comunque,una unificazione del territorio nazionale con l’acquisita,definitiva abolizione degli Statuti cittadini.

Il quadro era ancora quello delle leggi civili leopoldine.

Colao ® «la codificazione non è stata pensata in Toscana come strumento di “progresso civile”» (p.3).

Il Codice Napoleonico, del resto, come si è visto, venne in un primo tempo almeno considerato dalla giurisprudenza di merito della Corte d’Appello fiorentina (ex Rota), conme una sorta di Diritto Comune dell’Impero francese.

Ruolo tradizionalmente centrale in Toscana dell’interpretatio

XXXIV.      Riforme costituzionali toscane

6 maggio 1847 ® legge sulla stampa ® resta la censura preventiva, ma si autorizza la pubblicazione di giornali anche a carattere politico.

24 agosto 1847 ® si ampliano i poteri della Consulta di Stato ® funzioni latamente costituzionali

4 settembre 1847 ® concessa la Guardia civica

31 gennaio 1848 ® nominata commissione ® Niccolò Lami, Gino Capponi, Leonida Landucci, Pietro Capei e Leopoldo Galeotti ® «al nobile E giusto fine di dotare gradatamente il paese di istituzioni che per il loro carattere eminentemente pratico e nazionale contribuir potranno alla causa generale dell’unione e indipendenza italiana».

9    Schema di massima:

9    ® senato di nomina regia

9    ® consiglio generale elettivo biennale

9    ® ambedue investiti di funzioni sia consultive che deliberative

11 febbraio 1848 ® manifestazioni polari a Pisa ® MP granducale con l’impegno a concedere istituzioni rappresentative ® Rappresentanza nazionale

12 febbraio 1848 ® Bettino Ricasoli, a capo ed a nome della Magistratura civica fiorentina, chiede in un pubblico indirizzo al Granduca l’emanazione di un statuto costituzionale;

® il potere legislativo sia collettivamente esercitato dal Principe e dalle due Camere ® introduzione del sistema rappresentativo.

Statuto ispirato alla Charte francese del 1830 ® promulgato il 15 febbraio 1848

15 giugno 1848 ® elezioni

26 giugno si apre il nuovo Parlamento toscano

3 novembre 1848 ® il ministero Montanelli scioglie il Parlamento appena eletto

23 novembre 1848 ® nuove elezioni

10 gennaio 1849 ® si riunisce in Firenze il secondo Parlamento costituzionale

22 gennaio 1849 Montanelli presenta al Parlamento toscano presenta un progetto di legge per la convocazione di una costituente italiana

7 febbraio 1849 ® Leopoldo II fugge a Porto Santo Stefano e poi a Gaeta

8 febbraio 1849 proclamazione a Firenze del Governo provvisorio

10 febbraio 1849 ® abolito il Senato

® unica assemblea costituente di 120 membri

L’assemblea costituente avrebbe tentato di riunirsi ma, dopo la sconfitta di Novara e lp’invasione di Firenze da parte di masse di contadini inneggianti al Granduca, l’esperimento costituzionale si interrompeva e si costituiva un nuovo Governo provvisorio legittimista

28 luglio 1849 rientro del Granduca a Firenze e suo Governo costituzionale

ma:

21 settembre 1850 ® disciolto il consiglio generale ed assunzione di tutti i poteri da parte del Granduca

6 maggio 1852 ® abolizione dello statuto

XXXV.      1848 – STATUTO DEL GRANDUCATO DI TOSCANA

«Noi Leopoldo II

Ec. Ec.

Dal giorno in cui piacque alla Divina Provvidenza che Noi fossimo chiamati a governare uno Stato distinto per tanta civiltà, e illustrato da tante glorie, la concordia non mai smentita e la fiducia che in Noi posero i Nostri amatissimi popoli formarono sempre la gioia del Nostro cuore e la felicità della comune patria.

Intesi Noi a promuovere ogni prosperità dello Stato per via di quelle riforme economiche e civili alle quali attendemmo con zelo indefesso per tutto il corso del governo nostro, il Cielo benedisse le nostre cure in tal modo che ne fosse dato di giungere a questo per noi faustissimo giorno, senza che alcuna perturbazione togliendo la possibilità di operare il bene pubblico, rendesse necessario il ricorrere alla istituzione di nuove forme politiche.

Alle quali ora muove l'animo nostro il desiderio di adempiere con ferma, costante, e deliberata volontà quel proposito che fu da noi annunziato precedentemente ai nostri sudditi amatissimi, e di procurare ad essi, ora che il tempo ne è giunto, quella maggiore ampiezza di vita civile e politica alla quale è chiamata l'Italia, in questa solenne inaugurazione del nazionale risorgimento.

Né tale pensiero sorge nuovo nel petto nostro, siccome non fu ignoto a quello del padre nostro e dell'avo, dei quali il governo ebbe gloria dal procedere sempre coi tempi o antivenirli: né le istituzioni novelle che a noi piace il concedere tali sono, che non si conformino alle abitudini di tutta la vita nostra o alle tradizioni della Toscana, cultrice antica di ogni sapere.

Il compiuto sistema di governo rappresentativo che noi veniamo in questo giorno a fondare, è prova della fiducia da Noi posta nel senno e nella compiuta maturità dei Popoli Nostri a dividere con Noi il peso di quei doveri, dei quali possiamo con intiera sicurezza confidare che sia tanto vivo il sentimento nel cuore de' nostri popoli, quanto è e fu sempre nella coscienza del loro principe e padre.

Questo preghiamo da Dio, rafforzando la preghiera nostra di quella benedizione che il Pontefice della Cristianità, spandeva poc'anzi sull'Italia tutta, e nella fiducia del Nostro voto promulghiamo il seguente statuto fondamentale, col quale veniamo a dare nuova forma al governo dello Stato ed a formare la sorte della diletta nostra Toscana.

Titolo I

DIRITTO PUBBLICO DEI TOSCANI

art. 1 - La religione cattolica, apostolica e romana è la sola dello Stato.

Gli altri culti ora esistenti sono permessi conformemente alle leggi.

art. 2 - I Toscani, qualunque sia il culto che esercitano, sono tutti eguali al cospetto della legge, contribuiscono indistintamente agli aggravi dello Stato in proporzione degli averi, e sono tutti egualmente ammissibili agl'impieghi civili e militari.

art. 3 - Niuno impedimento alla libertà personale può essere posto, se non nei casi e colle forme prescritte dalla legge.

art. 4 - Nessuno potrà essere chiamato ad altro foro, che a quello espressamente determinato dalla legge. Non potranno perciò esistere Commissioni o Tribunali straordinari sotto qualsivoglia denominazione o per qualunque titolo.

art. 5 - La stampa è libera, ma soggetta ad una legge repressiva.

Le opere per altro che trattano ex professo di materie religiose saranno soggette a censura preventiva.

art. 6 - La libertà del commercio e dell'industria sono principii fondamentali del diritto economico dello Stato.

Le leggi delle manimorte sono conservate ed estese a tutto il Granducato.

art. 7 - I principi fondamentali dell'ordinamento Municipale sono mantenuti nella loro piena integrità.

art. 8 - Tutte le proprietà sono inviolabili, salvo il caso di espropriazione per causa di utilità pubblica comprovata legalmente, e previa indennità.

art. 9 - Anche la proprietà, letteraria è mantenuta e guarentita.

art. 10 - La Guardia civica è mantenuta istituzione dello Stato a norma della legge organica.

Titolo II

PRINCIPI FONDAMENTALI

DEL GOVERNO TOSCANO

art. 11 - Le leggi dell'arruolamento militare sono obbligatorie per tutti i cittadini.

art. 12 - La persona del Granduca è inviolabile e sacra.

art. 13 - Al solo Granduca appartiene il potere esecutivo: Egli è il capo supremo dello Stato. Egli comanda tutte le forze di terra e di mare, dichiara la guerra, fa i trattati di pace, di alleanza e di commercio; nomina a tutti gl'impieghi giudiziari, governativi, amministrativi e militari; mantiene col mezzo de' suoi rappresentanti le relazioni colle potenze estere, e provvede con Motupropri e Regolamenti alla esecuzione delle leggi, senza mai sospenderle o dispensare dall'osservanza di esse.

art. 14 - Nessuna truppa straniera potrà essere chiamata al servizio dello Stato, se non in virtù di una legge.

art. 15 - Il solo Granduca sanziona le leggi e le promulga.

art. 16 - Le leggi e gli atti del Governo non hanno vigore, se non sono muniti della firma di uno dei Ministri.

I ministri sono risponsabili.

art. 17 - Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Granduca e da due Assemblee deliberanti, che sono il Senato, ed il Consiglio generale.

Il Granduca può sciogliere il Consiglio generale: convoca il nuovo Consiglio dentro tre mesi.

art. 18 - La proposta delle leggi appartiene al Granduca, ed a ciascuna delle due assemblee.

art. 19 - La giustizia deriva dal Granduca, ed è amministrata da giudici ch'egli nomina ed istituisce.

Egli può far grazia e commutar le pene.

art. 20 - I giudici nominati dal Granduca, eccetto quelli dei tribunali minori sono inamovibili dopo che avranno esercitate le loro funzioni per lo spazio di tre anni.

art. 21 - La pubblicità dei giudizii è mantenuta.

L'ordinamento dei tribunali non può essere alterato, fuorché per legge.

art. 22 - L'integrità del territorio Toscano è mantenuta. Lo Stato conserva la sua bandiera e i suoi colori.

Titolo III

DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE

art. 23 - Le due Assemblee legislative si radunano in Firenze ciascun anno.

1. - Del Senato

art. 24 - Il Senato è composto di senatori nominati a vita dal Granduca. Il loro ufficio è gratuito. Il loro numero non è limitato. Dovranno essi avere l'età di trent'anni compiti.

art. 25 - I Principi Toscani della famiglia regnante giunti all'età di anni 25 compiti siedono di diritto nel Senato. Danno voto all'età di 25 anni compiti.

art. 26 - Il Granduca nomina i senatori tra gl'individui compresi nelle seguenti categorie:

Gli Arcivescovi e Vescovi della Toscana, il Presidente e il Vicepresidente del Consiglio generale e i Deputati al medesimo dopo che vi abbiano risieduto sei anni;

Il Presidente, i Vicepresidenti e i Giudici della Corte di cassazione e delle Corti regie, e i Procuratori e Avvocati generali presso le medesime;

I Professori delle Università toscane;Le persone che occupano o hanno occupato gradi eminenti nell'ordine governativo e militare;

I grandi proprietari di suolo, ed i principali commercianti, capitalisti ed industriali;

E finalmente coloro che per servigi resi alla patria sieno d'essa benemeriti; o che l'abbian illustrata.

art. 27 - L'atto di nomina di ciascun Senatore fa menzione dei servigi e dei titoli sui quali è fondata.

2. - Del Consiglio generale

art. 28 - Il Consiglio generale si compone di ottantasei Deputati eletti dai Collegi che saranno determinati per distretto dalla legge elettorale, la quale farà parte integrante del presente Statuto fondamentale.

art. 29 - L'ufficio dei Deputati è gratuito, salvo una modica indennità che dai Comuni del distretto elettorale venga commessa ai Deputati non residenti nella capitale, e per il solo tempo della sessione.

art. 30 - Il possesso, la capacità, il commercio, l'industria conferiscono al cittadino toscano il diritto di essere elettore ai termini e coi requisiti della legge elettorale sopra indicata.

art. 31 - Ogni elettore al Consiglio generale è eleggibile al medesimo, purché abbia l'età di 50 anni compiti, e possesso o dimora stabile nel distretto elettorale.

art. 32 - I Deputati sono eletti per quattro anni: usciti di uffizio potranno essere rieletti.

art. 33 - I Collegi elettorali si radunano per convocazione fatta dal Granduca.

Il Gonfaloniere del capoluogo nel distretto elettorale presiede di diritto il Collegio elettorale.

art. 34 - Il Consiglio generale è la sola autorità competente a giudicare intorno alla validità, della elezione dei Deputati eletti a comporlo.

3. - Dei membri delle due Assemblee

art. 35 - Nessuno dei membri delle due Assemblee durante la sessione, e tre settimane avanti e tre dopo, può essere catturato per debiti; non può essere arrestato o tradotto in giudizio criminale durante la sessione, se non previo l'assenso dell'Assemblea cui fa parte: si eccettua il caso di delitto flagrante.

art. 36 - I Senatori ed i Deputati sono inviolabili per le opinioni emesse e per i voti dati nelle Assemblee.

art. 37 - Allorché un deputato al Consiglio generale durante il tempo del suo ufficio perde le qualità che lo rendevano eleggibile, l'Assemblea, udite le sue deduzioni lo decreta decaduto.

art. 38 - Il Senato nel caso stesso e nello stesso modo deferisce al Granduca la cognizione del fatto, provoca il decreto di esclusione.

art. 39 - Se il Deputato rinunzia o cessa l'uffizio per morte, per decadenza, per avere ottato ad altra rappresentanza, o se accetta dal Governo qualche uffizio salariato, il Collegio ch'egli rappresentava sarà, immediatamente convocato per fare nuova elezione.

La cessazione per causa di accettato uffizio non fa divieto alla rielezione.

Titolo IV

CONVOCAZIONE, APERTURA DELLE

DUE ASSEMBLEE E FORMA DELLE ADUNANZE

art. 40 - La convocazione delle due Assemblee è fatta dal Granduca. Le sessioni loro cominciano e finiscono nel tempo stesso.

art. 41 - Nessuna delle due assemblee potrà separatamente radunarsi, né validamente deliberare per qualsivoglia motivo, fuori del tempo della sessione, salvo quanto al Senato il disposto dell'art. 62.

art. 42 - Il Granduca apre in persona, o per mezzo d'un commissario la sessione delle due assemblee in quella sola occasione riunite.

art. 43 - Il Granduca ha diritto d'interrompere la durata della sessione, e può convocare straordinariamente in due assemblee.

art. 44 - Le adunanze delle due assemblee sono pubbliche. Ma sulla domanda di 3 membri potranno costituirsi in adunanza segreta.

Gli atti delle assemblee saranno pubblicati a cura di ciascuna di esse.

art. 45 - Il Granduca nomina il presidente e il vice-presidente del Senato.

Il Consiglio generale elegge per ogni sessione il suo presidente e vice-presidente a schede segrete ed a maggiorità assoluta di suffragi.

art. 46 - I Senatori ed i Deputati, innanzi di sedere la prima volta nell'assemblea cui sono ammessi, prestano nelle mani del rispettivo presidente il giuramento con questa formula:

‹‹Giuro di osservare inviolabilmente lo Statuto fondamentale e tutte le leggi dello Stato, e prometto di adempiere l'ufficio mio con verità, e giustizia, provvedendo in ogni cosa al bene inseparabile della Patria e del Principe. Così Dio mi aiuti››.

art. 47 - Le adunanze delle due assemblee sono legali, e le deliberazioni valide, colla presenza e col voto della metà più uno dei membri, che le compongono.

art. 48 - Le deliberazioni delle due assemblee sono a maggiorità di suffragi.

Le due assemblee compileranno ciascuna il proprio regolamento.

Titolo V

POTERI DELLE DUE ASSEMBLEE

art. 49 - Il Senato ed il Consiglio generale concorrono insieme col Granduca alla formazione delle leggi, ed all'interpretazione autentica di esse.

Le leggi non hanno autorità, quando non sieno state discusse e votate liberamente da ognuna delle due assemblee.

art. 50 - Le proposte di leggi possono dal ministro venire trasmesse indistintamente all'una o all'altra assemblea, salvo il disposto dell'art. 52.

art. 51 - Nessun tributo potrà essere imposto o riscosso, se non consentito dalle due assemblee e sanzionato dal Granduca.

art. 52 - Saranno presentati alla deliberazione e al voto del Consiglio generale prima che al voto del Senato :

1° Il bilancio preventivo e consuntivo d'ogni anno.

2° Le leggi statuenti creazione, liquidazione e pagamento dei debiti dello Stato.

3° Le leggi statuenti accrescimento d'imposta, alienazione di beni e rendite dello Stato.

art. 53 - L'imposta diretta è consentita per un anno; le imposte indirette potranno essere stabilite per più anni.

art. 54 - Ogni proposta di legge deve essere prima esaminata nelle sessioni in cui si divideranno le assemblee per i lavori preparatorii: discussa e approvata da un'assemblea, sarà trasmessa alla discussione e approvazione dell'altra, e quando sia vinta in ambedue sarà presentata alla sanzione del Granduca.

art. 55 - Quelle proposte che sieno rigettate da una delle due assemblee, o alle quali il Granduca nieghi sanzione, non potranno essere riprodotte nel corso della sessione.

art. 56 - Le proposte del governo saranno prima di ogni altra discusse ed approvate dalle assemblee.

art. 57 - Ogni cittadino giunto all'età di 21 anni ha il diritto e facoltà libera d'inviare all'una e all'altra assemblea petizioni e rimostranze.

L'assemblea, dietro l'esame e rapporti di una Commissione tratta dal suo seno, discute se debba accogliere le anzidette petizioni e rimostranze, e quando sembri opportuno ne decreta il rinvio al ministero cui riguardano.

Le petizioni e rimostranze però non potranno essere mai presentate personalmente alle assemblee.

art. 58 - Le assemblee non ricevono deputazioni, né ascoltano, fuori dei loro propri membri, altro che i ministri o commissarii che il governo inviasse loro per la discussione delle leggi.

art. 59 - Inviano al principe deputazioni nei casi e colle forme prescritte dal regolamento. Corrispondono tra loro e col ministero per via di messaggio.

Titolo VI

DEI MINISTRI

art. 60 - I ministri possono essere membri del Senato e del Consiglio generale.

art. 61 - I ministri, o commissarii che ne tengono le veci, hanno libero accesso in ambedue le assemblee, hanno diritto di esservi ascoltati ad ogni richiesta loro: hanno l'obbligo, quando sieno invitati, a dare gli schiarimenti, che all'assemblea sembrassero opportuni.

art. 62 - Il diritto di accusare i ministri appartiene al Consiglio generale; quello di giudicarli, al Senato. Una legge determinerà i casi delle responsabilità dei ministri, le pene, le forme dell'accusa e del giudizio.

Titolo VII

LISTA CIVILE

art. 63 - La dotazione della corona è fissata per tutta la durata del regno dalla prima assemblea del Senato e del Consiglio generale dopo l'avvenimento al trono del Granduca.

art. 64 - Durante il regno del Granduca attuale è mantenuta alla regia corte l'annua assegnazione della quale è ora dotata, nonostante la caduta deversione di Lucca al Granducato e la conseguente perdita delle signorie di Boemia.

art. 65 - Oltre questa assegnazione continuerà alla Real Corte l'uso dei regii palazzi, ville e giardini annessi. Il loro mantenimento e miglioramento rimarrà a carico dello Stato, che vi provvederà, con gli assegnamenti da portarsi annualmente nei bilanci preventivi, se pure non venga in seguito stabilito fra lo Stato e la Real Corte l'affrancazione di quest'onere.

art. 66 - Quando il R. Principe ereditario toccherà l'età maggiore, gli sarà assegnata a carico dello Stato un'annua rendita, colla quale sia provvisto al dignitoso di lui mantenimento.

art. 67 - Oltre i beni che il Granduca attualmente possiede in proprio, formeranno il privato suo patrimonio ancora quelli che potesse in seguito acquistare a titolo oneroso o gratuito durante il suo regno.

art. 68 - Il Granduca può disporre del suo patrimonio privato sia per atti fra i vivi, sia per testamento, senza essere tenuto alle regole delle leggi civili dello Stato che limitano la quantità, disponibile.

art. 69 - I possessi che costituiscono il patrimonio privato del Granduca sono, salvo la premessa eccezione, sottomessi a tutte le leggi che regolano le altre proprietà.

TITOLO VIII

DISPOSIZIONI GENERALI

art. 70 - La nobiltà toscana è conservata colle sue onorificenze.

La creazione di nuovi nobili appartiene al Granduca.

art. 71 - È conservato l'ordine sacro e militare di Santo Stefano Papa e martire colle sue prerogative, dotazioni e statuti.

art. 72 - L'ordine del merito sotto il titolo di S. Giuseppe è pure conservato col suo statuto.

art. 73 - Il Granduca ha il diritto d'istituire nuovi ordini, e ne decreta gli statuti.

art. 74 - La collazione di tutti i benefizii di patronati regii, o pertinenti al patrimonio della corona, e l'esercizio dei diritti che ne dipendono, spettano al Granduca.

art. 75 - Ogni nuovo regno s'inizia col giuramento di mantenere lo Statuto fondamentale. Questo giuramento si presta davanti alle due Assemblee riunite.

art. 76 - I debiti dello Stato sono guarentiti; rimangono ferme le obbligazioni contratte a favore dei terzi, non escluse le pensioni già stabilite.

art. 77 - Tutte le leggi e regolamenti che non sieno contrarii al presente Statuto fondamentale ritengono sempre il loro pieno vigore.

art. 78 - Il presente Statuto fondamentale, e tutti i diritti e poteri da esso sanciti, sono affidati alla lealtà, al patriottismo, al coraggio della guardia civica, e di tutt'i cittadini toscani.

Titolo IX

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

art. 79 - Il Granduca mentre istituisce fin d'ora un Consiglio di Stato, del quale saranno in breve stabilite le attribuzioni, e mentre provvederà anche alla regolare distribuzione degli Uffizii ministeriali, si riserva a promulgare le leggi necessarie a costituire il potere esecutivo in conformità, dei principii stabiliti nel titolo primo, non meno che alla pronta e sollecita esecuzione del presente Statuto fondamentale e più specialmente:

1° La legge elettorale che sarà parte integrante del presente statuto;

2° La legge sulla stampa;

3° La legge organica dei governi ed amministrazioni compartimentali, e delle loro attribuzioni;

4° La legge preordinata ad estendere al territorio lucchese la legislazione vegliante nel granducato.

art. 80 - Saranno presentate alla deliberazione delle Assemblee legislative:

1° La proposta di legge sulle istituzioni municipali e compartimentali fondate sopra il sistema elettivo;

2° La proposta di legge sulla istruzione publica;

3° Le proposte di legge sulla responsabilità dei ministri;

4° La proposta di legge sui publici funzionarii;

5° La proposta di legge sulla espropriazione forzata per causa di publica utilità.

art. 81 - Alla prima sessione legislativa saranno presentati il bilancio preventivo del 1849 ed il bilancio consuntivo del 1849.

art. 82 - Il presente Statuto fondamentale sarà messo in vigore alla prima convocazione delle assemblee legislative, che avrà luogo appena compiute le elezioni.

art. 83 - I ministri sono incaricati e responsabili della esecuzione e della piena osservanza delle presenti disposizioni sovrane.

Dato il 15 febbraio 1848

Leopoldo

Visto : Il Consigliere segretario di stato, primo direttore delle R.R. segreterie

F. Cempini

Visto : Il consigliere direttore del dipartimento di stato

C. Ridolfi

Visto : Il consigliere direttore del dipartimento di grazia e giustizia

B. Bartalini

Visto : Il Consigliere ministro degli affari esteri, e direttore del dipartimento della guerra

L. Serristori

Visto : Il consigliere direttore del dipartimento delle regie finanze

G. Baldasseroni»

XXXVI.      Il Codice Penale toscano del 1853

i.                    «Pregi» del Codice Penale toscano del 1853

® razionalizzazione del ius puniendi

® principio di legalità ® in triplice articolazione

1.      riserva di legge

2.      tassatività

3.      retroattività (art. 1)

® predeterminazione delle pene, sia nella specie, sia nella durata

® evidente sforzo di tipizzazione delle fattispecie nella parte speciale ® sono assenti concetti vaghi ® art. 98: attentato: sono necessarî «atti esecutivi prossimi» (materialmente e storicamente contigui al delitto), non bastando quei semplici atti «diretti» (teleologicamente indirizzati), cui più genericamente accenna ancora la normativa vigente del Codice Rocco

® è accolto il principio della materialità del fatto nullum crimen, nulla poena, sine actione») ® art. 1 ® dominio dei fatti e non dell’etica (non vale la cogitatio) ® azione ed anche omissione

principio di offensività del fatto ® si considera reato solo ciò che offende o lede il bene giuridico ® tentativo punibile e delitti di attentato ® ancorati ad una concezione oggettivistica del reato come offesa

Accoglimento del principio di imputabilità-colpevolezza ® si richiede il dolo come regola e la colpa come eccezione

ii.                  Pena di morte

è contemplata

ma dopo la cacciata dei Lorena, come primo provvedimento del governo provvisorio viene pubblicato un decreto che abolisce puramente e semplicemente la pena di morte

sicché, sotto questo peculiare profilo del sistema delle pene, esistono in realtà due codici penali toscani ® quello lorenese, e quello italiano, pre-unitario

iii.                «Limiti e difetti» del Codice Penale toscano del 1853

1)      DIFESA SOCIALE ® sistema a binario unico, ove l’ ® imputabilità [cioè la condizione soggettiva personale, lo status in una parola, alla cui sussistenza è subordinata la punibilità dell’autore di un reato: è una sorta di condizione soggettiva fissata dall’ordinamento, a che abbiano vigore le sue comminatorie punitive] si lega immediatamente e necessariamente alla ®colpevolezza ed all’irrogazione della ® pena;

la società resta in tal modo indifesa contro i delinquenti pericolosi imputabili: ad es., non prevede alcuna misura di sicurezza nei confronti dei maggiorenni infermi di mente (art. 34 ss.)

2)     Pena ® funzione retributiva o, al più, generalpreventiva ® la pena è commisurata solo alla colpevolezza (circostanze del fatto, gravità dell’offesa, malvagità e forza della volontà) e non anche alla capacità di delinquere, concetto ancora ignorato

3)     la stessa recidiva è considerata in funzione retrospettiva, quale espressione e retribuzione di una più intensa colpevolezza, accresciuta ed aggravata dal fatto della reiterazione nel tempo del medesimo reato, anziché essere considerata in funzione prognostico-preventiva, cioè come sanzione della propensione a reiterare in futuro una condotta già tenuta in svariate occasioni in passato.

4)     inderogabilità dela pena ® il Codice Penale toscano non conosce misure quali la SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA

5)     profilo politico-sociale ® è abbandonato l’afflato individualistico delle normative illuministiche ®il codice si apre con i Delitti contro lo Stato , seguiti dai Delitti contro la collettività e poi dai Delitti contro la persona.

 


 

Il tema politico della pena di morte

Novembre 1859: l’abolizionista Francesco Carrara sale in cattedra a Pisa

 

 

 

              I.      Tra reversione ed annessione: l’affaire del Ducato di Lucca

I fatti sono ben noti: il 5 ottobre 1847, per anticipata rinunzia alla sovranità sul piccolo Ducato di Lucca da parte del dissipato e neghittoso Duca Carlo Lodovico di Borbone[24] – sulla base degli accordi a suo tempo intercorsi nel quadro del Congresso di Vienna del 1815[25] –, quell’antico dominio cittadino veniva definitivamente devoluto alla corona granducale toscana[26].

Era la fine di uno Stato di secolare ed illustre tradizione[27], che interveniva nell’allora agitato quadro politico toscano, a proporre per il Granducato lorenese temi non solo di semplice espansione territoriale e di conseguente riorganizzazione amministrativa[28], ma anche di complessiva strategia costituzionale e politica.

S’intuiva, infatti, nel quadro complessivo dell’affaire lucchese, un manifesto e preordinato moto dei circoli riformatori liberali, che ora s’indirizzavano consapevolmente a caricare di significati politici l’opportunità loro fornita da quella vicenda in apparenza soltanto occasionale, che a prima vista sembrava essere esclusivamente di mèro adempimento contrattuale, e di semplice esecuzione del particolare capitolato lucchese degli accordi del Congresso di Vienna.

Un moto che vedeva in primo luogo attivo il fiorentino avvocato liberale Vincenzo Salvagnoli[29], il quale per tempo si era pubblicamente e consapevolmente impegnato a favore dell’annessione di Lucca al Granducato lorenese.

In tale circostanza egli, infatti, era entrato risolutamente nel dibattito in corso con un suo breve libello Sulla Monarchia nel Ducato di Lucca[30], confezionato quasi al modo di una memoria giudiziale: ove avrebbe esposto e dimostrato, con circostanziati argomenti giuridici, «la natura temperata della Monarchia lucchese»[31], in espressa contraddizione politica con le pretese ed i moti assolutisti del Duca Carlo Lodovico, il quale aveva invece a sé rivendicato, in quanto «Sovrano e Padre» dei suoi sudditi, il diritto, a lui solo competente, «di custodire … la pubblica tranquillità» nel dominio di Lucca [32].

Degli innegabili costi sociali e dei rischi politici connessi all’intera operazione della reversione del Ducato lucchese s’avvedeva poi, con costernata lucidità, un altro avvocato, che allora si stava velocemente affermando in Lucca, sia a livello professionale che scientifico, il quale era legato al Salvagnoli anche da significativi ed intensi rapporti professionali[33]: il criminalista lucchese Francesco Carrara[34], il quale in quel momento giocava anche l’importante ruolo di referente politico di Salvagnoli in Lucca.

Appunto in tale veste – in un accorato e vivace carteggio da lui scambiato, tra Lucca e Firenze, con lo stesso Vincenzo Salvagnoli – Francesco Carrara dipingeva all’amico fiorentino il complicato e sostanzialmente deteriorato quadro sociale dell’annettenda provincia lucchese, tratteggiando i contorni, a tratti persino inquietanti, di una popolazione potenzialmente irrequieta e bisognosa, comunque, di uno stretto e continuo controllo politico.

Era, perciò, assolutamente necessario, sosteneva il Carrara, che da parte toscana si avesse l’accortezza tattica di non mortificare platealmente ed immediatamente l’identità civile di quelle antiche popolazioni, in modo che non fosse enfatizzato – agli occhi soprattutto del «contadiname»[35] lucchese -– il declassamento territoriale e cittadino che Lucca inevitabilmente avrebbe subìto con la sua riduzione a provincia dello Stato granducale lorenese.

Occorreva infine, che nemmeno si provasse ad usare, per quei nuovi territori granducali, l’infelice termine appunto di provincia:

«perché il popolo ignaro attacca talvolta più importanza alla parola che alla cosa – sosteneva in particolare il Carrara[36] –. Perché tra noi la parola provincia rammenta una pagina di dolore nella storia nostra; rammenta il 1816 e 1817, due anni di dominazione tedesca[37]; rammenta quelle bianche uniformi che andavano a manomettere i casolari dei nostri contadini; rammenta la fame per cui un terzo dei poveri ne morirono; rammenta le petecchie e la peste per cui i genitori infermi si strappavano ai figli per sotterrarli vivi (autentica) nei cimiterj dei lazzaretti; rammenta infine una serie di guai, i quali V.S. ed io sappiamo bene che non hanno nulla che fare con quella parola, ma che pel contadiname nostro (mezzo secolo indietro di quello toscano) si presentano come la conseguenza immediata di quella malaugurata denominazione. Ora dico io: Lucca è provincia, deve esserlo, è bene che lo sia, e lo sarà eternamente: ma che bisogno vi è pel Governo Toscano di dirlo tondo tondo, e affiggerlo sui canti? Al Governo deve interessare la sostanza, e non il linguaggio; e se una parola sa che suscita nei nuovi sudditi delle tristi idee, gli mancano sinonimi nel dizionario? Ciò sia detto in proposito delle idee pregiudicate del volgo nostro …»[38].

La sostanza era, in definitiva, che Lucca diveniva adesso, insieme a tutto il suo Contado, parte di uno Stato superiore: cessava di essere territorio nel senso tradizionale del Diritto Comune[39], e diveniva parte (provincia, appunto) di un territorio unico nazionale: non più ente giurisdizionale individuo ed infungibile, ma parte strutturalmente integrata di un complesso politico statale.

      II.            Una strategia di accoglienza politica

In effetti, fu proprio così.

La reversione, per anticipata che fosse, non si caratterizzò soltanto come una mera questione di semplice agrandissement territoriale; ovvero, così come l’aveva configurata formalmente il Trattato di Vienna – usando espressamente il termine «reversione»[40] per qualificare il titolo di tale trasferimento territoriale –, come un acquisto di natura quasi feudale e personale del Granduca di Toscana stesso[41]: il frutto, insomma, di una sorta di diplomatica e privata partita di giro, condotta esclusivamente tra Principi.

In realtà, essa non fu mai intesa come un accadimento soltanto personale, ma divenne da subito – agli occhi di tutti – una vicenda a rilevanza in primo luogo politica e statale: l’occasione di un complessivo mutamento strutturale e qualitativo dell’intero quadro costituzionale del Granducato.

Bisognava, dunque, mettere a punto e portare ad effetto una strategia di accoglienza politica delle nuove popolazioni in seno alla cittadinanza dello Stato granducale, che ne sarebbe poi risultato esso stesso politicamente e giuridicamente trasformato.

Di simili, originari ed evidenti intendimenti politici granducali si sarebbe poi ricordato, quasi venti anni più tardi, lo stesso Francesco Carrara, negli scritti che egli avrebbe allora dedicato, dalle pagine della «Nuova Antologia», alla memoria di Giuseppe Puccioni, l’illustre criminalista toscano, già Magistrato della Corte di Cassazione granducale, e docente nello Studio fiorentino[42]: perché, avrebbe detto il Carrara appunto in quella occasione,

«quando Carlo Lodovico … faceva vendita[43] dei suoi diritti a Leopoldo II, questi nell’attuare l’annessione alla Toscana della provincia lucchese studiavasi a cercare ogni modo onde si temperasse nell’animo dei lucchesi il dolore della perduta autonomia»[44].

La preoccupazione (lo «studio») granducale doveva, insomma, manifestarsi con provvidenze e benefici di inequivoco significato politico, che fossero espressamente indirizzate dal sovrano fiorentino ai nuovi sudditi lucchesi.

E da ultimo, poi, quando i giochi politici vennero a loro definitivo compimento e, con il Motuproprio dell’11 ottobre 1847[45], Leopoldo II assunse definitivamente la sovranità su Lucca, il Granduca si sarebbe studiatamente rivolto ai suoi nuovi sudditi, per assicurare e proclamare, al cospetto di costoro, la paterna, affidabile benevolenza dell’incipiente loro nuova dominazione politica.

Quasi a garanzia delle sue parole, il Granduca avrebbe allora fatto in realtà assai di più, perché contestualmente egli avrebbe anche abrogato per gli stati lucchesi la già vigente (ed ivi ampiamente comminata e praticata[46]) pena di morte.

Leopoldo II sarebbe state estremamente chiaro, nella sua manifestazione d’intenti politici:

«volendo per altro – avrebbe, infatti, egli allora affermato – che sia consacrato sin d'ora uno dei principj più normali del Nostro Governo anco[47] a riguardo dei Nostri buoni Lucchesi, ai quali vogliamo dare con ciò una prima prova di quella rigorosa imparzialità che Ci fa debito, ordiniamo l'abolizione della pena di morte, alla quale dovrà essere sostituita la pena che immediatamente le succede nella scala penale del Codice provvisoriamente conservato»[48].

   III.            Abrogazione giurisprudenziale della pena di morte in Toscana: la Cassazione granducale e le sue «incavillabili» argomentazioni sulla presunzione d’omogeneità normativa del sistema statale

S’aprivano, di conseguenza, notevoli problemi interpretativi, conseguenti all’inserzione di quella provvidenza abrogativa nel complessivo ordinamento statale del Granducato di Toscana.

A ben vedere, il dilemma decisorio era poi rappresentato dalla questione se quella paterna concessione abolitiva della pena di morte fosse tecnicamente ed esclusivamente concepibile come un privilegio territoriale dell’ex Ducato di Lucca, destinato ad acquistar vigore dopo la sua additio allo Stato Granducale, ovvero dovesse essere piuttosto intesa come una norma generale, comunicatasi per naturale, istituzionale principio d’eguaglianza all’intero ordinamento giuridico statale toscano[49].

La questione era giuridica e politica al tempo stesso, e come tale fu senza indugio dibattuta: talché se ne fece immediato carico la stessa Corte di Cassazione toscana che, in una sua specifica decisione del 25 febbraio 1848, emessa sotto la Presidenza di Giuseppe Puccioni ed essendone Pubblico Ministero Luigi Fornaciari[50], riaffermò la d’altronde scontata caratteristica di lex generalis per tutto il Granducato dell’indicato provvedimento, al punto che esso doveva intendersi essere anche modificativo della precedente legge toscana del 14 giugno 1816, che aveva introdotto la pena di morte per i furti violenti in unione di persone[51].

In realtà, con simile decisione, pur in assenza di un esplicito e formale provvedimento sovrano d’abrogazione generale per tutto il Granducato della pena di morte, la Cassazione ne induceva nondimeno implicitamente l’avvenuta abrogazione, argomentando dal tenore formale del citato provvedimento, sul fondamento che è evidente che

«l'abolizione della pena capitale di fronte ai nuovi Sudditi toscani, abitanti nel cessato Ducato di Lucca, ammette il presupposto necessario ed incavillabile, che questa pena avesse precedentemente cessato per volontà sovrana di fronte all'antica famiglia toscana; ciò rilevandosi dall'intero contesto del §. 6.° della preallegata legge delli 14. ottobre 1847.

Imperocché le parole di quel paragrafo, che mirano ad estendere ai lucchesi uno dei più normali principii professati dal mite, e paterno governo del Legislatore, l'abolizione cioè della pena capitale; ed a trattare così con rigorosa imparzialità tanto gli antichi quanto i nuovi sudditi, palesa con palmare evidenza, che quando l'enunziato favore accordavasi a questi ultimi, di esso erano già in possesso i primi»[52].

Di fatto, la Cassazione granducale realizzò quella che si può veramente definire una vera e propria abrogazione giurisprudenziale della pena di morte in Toscana[53]; pena che era, peraltro, già ampiamente e sicuramente desueta, perché in concreto costantemente disapplicata dai Tribunali in sede giudiziale da quasi vent’anni[54].

La certa statalità dell’ente accogliente le nuove popolazioni (il Granducato di Toscana) aveva dunque fornito lo strumento e l’argomento giuridico per comunicare quella provvidenza apparentemente occasionale e particolare all’intera universitas dei sudditi granducali.

Ed invero, che le motivazioni politiche della sentenza fossero animate allora da un intento esplicitamente ed universalmente abrogatorio lo si capisce nettamente, sol che si legga quanto di lì a poco avrebbe scritto lo stesso presidente estensore della citata sentenza, il giurista Giuseppe Puccioni: egli non solo avrebbe infatti dato per scontato l’effetto generalmente abolitivo del Motuproprio granducale, nonostante esso fosse stato apparentemente indirizzato ai soli sudditi novelli dell’ex Ducato di Lucca; ma avrebbe anche fermamente ribadito con le proprie parole ed il proprio insegnamento il tradizionale atteggiamento di mite, illuminato e liberale esercizio della giurisdizione e del potere di sanzione penale, che da sempre aveva animato la classe dei magistrati toscani.

Sicché il Puccioni stesso, in epoca quasi coeva alla stesura di quella sentenza della Cassazione fiorentina, si sarebbe pubblicamente dichiarato avverso «per intima convinzione»[55] alla pena di morte, ed avrebbe al contempo fatto

« … voti che presto sieno per cessare le circostanze eccezionali che l'hanno fatta fra di noi rivivere, perché l'esperienza di non tenue spazio di tempo, durante il quale i magistrati nostri non l'hanno pronunziata, ci è garante che la tutela pubblica potrà ottenersi senza di essa: ed anche perché una recente esperienza ci ha insegnato che ripugna al modo di sentire della quasi universalità dei Toscani»[56].

Esponente di quel ceto di giudici e giusdicenti[57] che fin dai tempi delle riforme leopoldine si era dimostrato in partecipata e consapevole sintonia con le ideologie illuminate della Policeywissenschaft di tradizione asburgo-lorenese, il presidente Puccioni rappresentava evidentemente un’opzione deliberatamente liberale in seno all’amministrazione granducale: né c’era da stupirsene, se lo stesso ministro degli Interni, il conservatore Leonida Landucci[58], in una sua comunicazione al Granduca Leopoldo II del giugno 1850[59], avrebbe di lì a poco ammesso con grande franchezza che in Toscana la Magistratura era tradizionalmente ed attivamente dislocata su posizioni liberali.

Sicché il Landucci poteva ben sostenere che, nel quadro delle forze politiche presenti nel Granducato,

« … l'alta e la media Magistratura è per convinzione e per teoria geniale della pubblica libertà tanto, che alcuni di questa hanno confessato di ritenere, che avevano in questo momento la missione di spingere il Governo all'attivazione dello Statuto, e le decisioni che hanno emesso, e le discussioni che hanno tollerato, tutte han servito piuttosto ad indebolire che a rafforzare l'ordine costituito. La bassa Magistratura poi ha mostrato d'avere tendenze ancora più pronunziate.

La Magistratura dei Pretori, e non pochi Delegati stando in contatto con i più esaltati e pregiudicati hanno mostrato di non aver ribrezzo per coloro che sono immischiati nelle sètte segrete, alle quali non pochi di questi funzionarj, se non appartengono più attualmente, vi hanno al certo appartenuto, mentre erano nelle università, o negli studj degli avvocati».

   IV.            Il partito dei Giusdicenti e la politica granducale

Se, dunque, nella posizione di Puccioni paiono confluire sia la tradizionale, «pietro-leopoldina» ostilità del Magistrato toscano per gli attrezzi del carnefice, sia l’attitudine – anch’essa, in qualche modo professionale – ad ancorare saldamente l’argomentazione giuridica al dato positivo della normazione scritta, in Francesco Carrara la ricostruzione dei fondamenti ideali del suo abolizionismo spinge verso sentieri ben discosti dai prodotti dell’analisi normativa.

In lui, infatti, il tessuto dell’argomentazione abolizionista si colora quasi subito, piuttosto che di schematismi logici, di salde determinazioni etiche, e la pena di morte è da lui combattuta per un dichiarato condizionamento pregiudiziale di carattere intimamente religioso[60].

Anche se il filo che tende e sollecita queste linee di sensibilità è poi, nondimeno, essenzialmente professionale e forense.

È infatti senz’altro evidente e sensibile un debito complessivo di Francesco Carrara avvocato verso la tradizione della Cameralistica austro-tedesca e della Scienza del Buongoverno, soprattutto laddove la cultura del carrariano Programma del corso di diritto criminale[61]s’atteggia come scienza della previsione razionale (a fini anche di prevenzione criminale) dei comportamenti umani[62], nel solco evidente della lezione del Giovanni Carmignani della Teoria delle leggi e della sicurezza sociale[63], e lungo una genealogia intellettuale che Carrara stesso espressamente tratteggia in un suo brano del 1862[64], evocando i «potenti ingegni che sintetizzarono le invettive di Beccaria …[: ] Sonnenfels, e Feuerbach in Germania, Romagnosi e Carmignani in Italia».

Non è l’eco del pedante alterco delle scuole, quella che in tal modo perviene alla pagina carrariana, ma il documento convincente e vivace di un’investigazione bibliografica agguerrita e tenace, che il giurista lucchese non seppe mai interrompere, ma alimentò anzi costantemente con una robusta sensibilità forense, continuamente sollecitata ed arricchita dalla sua assidua frequentazione della letteratura e della prassi professionale.

Sicché anche l’impegno scientifico e didattico di Francesco Carrara si sarebbe saldato consapevolmente e deliberatamente ad una simile prospettiva intimamente pratica: «pratica» al modo di una formula critica[65] che, elaborata preliminarmente dal giurista nel vivo della sua esperienza professionale e forense e della conseguente sua riflessione e sistemazione speculativa, veniva poi da lui proiettata nelle categorie della previsione codificatoria, nel quadro d’intervento d’un sistema interpretativo che era regolativo e punitivo al tempo stesso.

      V.            La chiamata pisana dell’abolizionista Francesco Carrara

Lo dicono abbastanza espressamente le vicende dell’assunzione da parte di Francesco Carrara stesso dell’insegnamento pisano di Diritto Penale, e le pagine prefatorie del Programma che di tale avvenimento recano documento e traccia[66].

Quando il criminalista lucchese, nel 1859[67], viene, infatti, chiamato sulla cattedra pisana, egli ha già ampiamente maturato i contenuti della sua riflessione penalistica lungo il percorso di ben 12 anni di insegnamento – come egli dice[68] – «da più umile cattedra», quella del Liceo Universitario lucchese[69], e lungo il parallelo ed appassionato evolversi di un fervido[70], ancorché proficuo[71], impegno professionale e forense.

È subito evidente che la sua nomina pisana non è affatto scevra di colori ed intenti politici: non solo è il Governo provvisorio toscano stesso ad effettuarla, all’indomani del definitivo tramonto del potere granducale degli Asburgo Lorena, ma essa matura anche all’interno del circolo più risolutamente annessionista e dichiaratamente filo-sabaudo dei liberali toscani, riscotendo l’appoggio di Giuseppe Puccioni e, soprattutto, di Vincenzo Salvagnoli[72], che s’intuisce essersi speso con impegno personale nel rendere possibile e promuovere la chiamata di Francesco Carrara a Pisa.

Ce lo fa capire, in particolare, un caldo biglietto gratulatorio che nel novembre 1859 l’avvocato lucchese indirizzava al collega empolese, in cui Francesco Carrara faceva espresso riferimento alla decisa presa di posizione (una «concisa parola») che il Salvagnoli in tale circostanza spese per promuovere la chiamata dell’avvocato lucchese: tra i due si era già da tempo consolidato un saldo rapporto professionale – ben presto trasformatosi anche in amicizia[73] – in cui, indubbiamente, occupava anche qualificato e rilevante spazio la dimensione politica dell’impegno civile del liberale Francesco Carrara, ed in particolare la sua risoluta intransigenza nella polemica abolizionista contro la pena di morte[74].

Non per caso, trai primi provvedimenti politici presi dalla giunta provvisoria del Governo toscano nel 1859, all’indomani della fuga granducale, sta quel decreto abolitivo[75] della pena di morte già prevista e comminata dal Codice Penale toscano del 1853[76]: un provvedimento di radicale e decisiva efficacia giuridica che, in realtà, muta completamente la scala penale[77] di quel codice stesso, ridisegnandone ab imis l’architettura punitiva[78].

La sentenza della Cassazione, in definitiva, trasforma la codificazione penale lorenese in un nuovo e diverso Codice Penale, fornito di un’autonoma e distinta identità giuridica, talmente avanzata e moderna, che quel Codice, dopo quella rimodulazione della sua scala penale, si rivelerà più moderno e liberale dello stesso Codice Penale sardo.

Sicché – come attestano anche le pagine ed i documenti recati dalle Memorie storiche del Governo della Toscana nel 1859-60 d’Enrico Poggi, stampate a Pisa dalla Tipografia Nistri, nel 1867 – sarebbe mancato il cuore politico di abrogarlo, ed esso sarebbe rimasto in vigore nei territori ex granducali – come una vera e propria enclave normativa negli ordinamenti del nascente stato unitario nazionale – fino all’emanazione del liberale Codice Penale Zanardelli del 1889.

Dei profili politici che poi la chiamata di Francesco Carrara assumeva narrano anche i caldi accenti di consonanza ideologica che suonano in un indirizzo a stampa che nel giugno 1860 gli «Studenti in diritto criminale» pisani indirizzano a Francesco Carrara al compimento del suo primo corso pisano, all’atto di congedarsi dalle sue lezioni, per salutare allietati l’«ordine di raziocinio e novità di concetto» con cui il giurista lucchese aveva illustrato i contenuti del proprio magistero[79].

Nel protocollo del rituale di commiato a conclusione del corso, le parole degli studenti tradiscono le emozioni dell’anno accademico appena trascorso, in cui l’esordio pisano del magistero criminalistico del Carrara si era non casualmente cumulato alle ansie e alle distrazioni politiche conseguenti alle vicende della Guerra d’Indipendenza e ed alle collegate tensioni annessionistiche, ormai vincenti in seno ai circoli liberali toscani.

Il Programma, di cui Francesco Carrara aveva sperimentato la concezione già durante gli anni dell’insegnamento lucchese, poteva ora vedere finalmente la luce, e indirizzarsi agli scolari pisani per facilitarne «lo studio delle criminali discipline»[80] ed esprimere al modo di una formula complessiva e preliminare una tavola di compendio e sistemazione delle «grandi verità che il diritto penale dei popoli culti aveva ormai riconosciuto e proclamato nelle cattedre, nelle accademie, e nel fòro»[81].


Appendice: Un’apostrofe degli studenti pisani di Diritto criminale a Francesco Carrara al compiersi del suo primo anno pisano di corso (Flugblatt, stampato a Lucca, nella Tipografia Giusti, ma datato Pisa, 16 giugno 1860: da un esemplare conservato in Archivio Comunale di Empoli, Carteggio Salvagnoli-Marchetti)[82]

y [pag. 1]

All’Avvocato

Francesco Carrara

Professore di Diritto Criminale

nella R. Università di Pisa

y [pag. 2]

Le Vostre parole ci hanno grandemente commosso, e noi non possiamo ristare dal farvi osservare come regni fra noi corrispondenza d’affetto, e prenda in noi forza l’affetto dalla gratitudine e dall’estimazione in cui Vi teniamo. Estimazione che era in noi già grande sin da quando udivamo quanta mostravate virtù di dottrina e d’ingegno nel Liceo di Lucca: sicché oltre dire accetta giugnesse fra noi la novella che il provvido Governo Vi aveva prescelto a insegnare le criminali dottrine nella pisana Università. E grande fu l’aspettazione in tutti, e per grande che fosse fu da Voi superata quando le teoriche del delitto e della pena con tale ordine di raziocinio e novità di concetto esponeste, che la grave e dolorosa materia tornar ne sembrò lieve e dilettosa.

Ma noi non abbiamo in animo di porger qui le lodi Vostre, ché mal potrebbero recare onore a Voi che ne aveste quelle dei sommi della scienza, e che siete a buon diritto salutato fra i primi che con saggio consiglio limmutabilità della giustizia si studiano ottemperare con l’avanzar della scienza e dei tempi.

Vi direm non però quelli ch’essi non hanno potuto dirvi, e che vorrà forse esservi più accetto, come cioè sia a noi potuta tornar fruttuosa l’opera Vostra ed abbiamo saputo apprender da Voi quello che più importa nella vita, il retto giudicio delle umane azioni. E certamente il nostro ricolto sarebbe stato di gran lunga maggiore, se l’animo inebbriato dalle felici e meglio augurate fortune d’Italia, non si fosse quasi senza nostra saputa distratto da questi studi che amano il quieto vivere, e vorrebbero fosse lo spirito da tutt’altra cura sequestrato.

Questo noi sentiamo bisogno di andarvi significando e come non senza dolore restiamo privi della parola Vostra. Ma rimane con noi la ricordanza dell’ingegno e dell’affetto Vostro e ci conforta il pensiero che Voi vorrete serbar memoria di noi, non come di giovani che ben corrisposero alle cure Vostre, ma come di figli che Vi salutano padre.

Orgogliosi di avervi per i primi ascoltato in questo glorioso Ateneo degl’Italici studi, Vi avremo per padre e nel foro e nella famiglia: e se i discepoli che succederanno potranno superarci in ingegno e in istudio, niuno potrà mai nella riconoscenza e nell’affetto esser pari a noi, che seguaci delle Vostre dottrine, non abbiamo altro intendimento se non quello di ritrarre a viso aperto da Voi, nell’amore segnatamente del vero, dei buoni studi – e di questa comune patria, che siamo così prossimi a chiamare ITALIA.

Viva l’Italia – e vivete lungamente Voi a suo onore e a nostro profitto.

 

Pisa dalla Regia Università 16 Giugno 1860

 

GLI STUDENTI IN DIRITTO CRIMINALE

– Lucca, Tipografia Giusti 

 

 



[1] C o n s e r v a t o r i  d i  l e g g i , regg. e filze 2.805 (1532-1777). Inventario seconda metà sec. X1X. Furono istituiti il 10 febbraio 1429. Avevano il compito di punire con procedimento sommario le violazioni delle leggi che regolavano l’accesso alle cariche pubbliche. Le ordinazioni del 27 apr. 1532, che istituivano il principato, affidavano a questa magistratura la cognizione delle cause dei poveri e di quelle fra parenti. Inoltre ad esso fu demandata la cognizione dei reati minori in seguito a violazioni di varie leggi contro l’usura, contro i contratti illeciti, contro il taglio dei boschi e contro i pubblici ufficiali che avevano compiuto lievi reati nell’esercizio delle loro funzioni. Quelli più gravi, per cui erano previste pene afflittive, erano giudicati dal tribunale degli Otto di guardia e balla o dall’auditore fiscale. 1 conservatori esercitavano in Firenze il sindacato su tutti i pubblici ufficiali. Durante il principato mediceo e sotto Francesco Stefano di Lorena questo tribunale non fu sottoposto a riforme, ma Pietro Leopoldo ne modificò la giurisdizione; poi il 26 maggio 1777 lo soppresse. Si segnalano : x Deliberazioni > 1549-1652, regg. e filze 62. < Decreti, atti e sentenze civili > 1540- 1777, regg. e filze 1.500. x Atti criminali > 1557-1777, regg. e filze 165. x Suppliche > 1549-1777, regg. e filze 164. < Lettere e copialettere > 1532- 1777, regg. e filze 210. Del periodo repubblicano è rimasto solo un registro di provvisioni e varie disposizioni, conservato nella Miscellanea repubblicana (vedi p. 171). 1 pezzi danneggiati dall’alluvione del 1966 sono 592. BIBL. : G. PANSINI, I conservatori di leggi e la difesa dei poveri nelle cause civili durante il principato mediceo, in Studi di storia medievale e moderna per E. Sestan, Firenze 1980, pp. 529-570.

([2]) In l. Publius, ff de condicionibus et demonstrationibus, nr. 4, D. 35. 1. 36, fo. 81rb, ed. Venetiis 1513.

([3]) Cfr. ASFi, Tratte, 47 (ex 355), M. Paci, Registro legale delle tratte, pagg. 250-1.

([4]) Sul punto paiono molto sensibili alcuni autori che operano nell'àmbito di ordinamenti monarchici.

Così il francese Nicholas Bohier che, riferendo la posizione di Paolo di Castro, denunzia anche di trarre ispirazione anche dall'italiano Giovanni Piazza: «et dicitur secundum Pau. … designatus quando extraditur de bursa secundum communem usum: vel dic quod est titulus, quia sine literis principis vel domini concedentis et donantis officium obtiner non potest» (Nicholas Bohier, Decisio 149, nn. 6-11, 14 e 25, fo. 226 ab, ed. Lugduni 1593).

In Giovanni Piazza la considerazione dell'officiale rivela in particolare significative analogie con quella del legato (in l. Probatorias, C. de diversis officiis, C. 12. 59 (60). 9, nrr. 3-4, fo. 211 ra: «Dic quod legatus in quo vertitur magnum periculum non admittitur sine literis, supra de man. princip. l. unica, supra de episcopis et cle. l. si qua per calumniam»). ??? rivedere e risistemare il testo.

Ed anche il meridionale Gian Francesco De Leonardis, autore di una Praxis officialium di vasta diffusione (cap. 6, nr. 3, pag. 79 ab, ed. Neapoli 1595) ribadisce che « … ad iurisdictionis exercitium acquirendum requiritur praesentatio literarum» .

([5]) Girolamo Palma nipote, Dec. 248, Pallariensis successionis ab intestato, die 30. iunii 1650, nrr. 16 e 35 in particolare, pp. 127-9 ed. Venetiis 1718 (sul Palma, cfr. Ascheri, Tribunali, Giuristi e Istituzioni, 230, 252, 254):

«Sub die 25. Octobris 1406. multa Communia, et inter alia Commune Pontis Sacchi, Castri, Pallariae, Solariae, Capannolis et S. Petri subiicierunt se Communi Florentiae, quod declaravit dicta Communia et loca, cum eorum hominibus et personis, in perpetuum esse sub dominio, obedientia [sic], regimine, imperio et gubernatione (sic enim cantant verba Capitulationum) dicti Communis Florentiae … .

Item conventum, quod nulla persona presumat in aliquo ex dictis et infra<scrip>tis Communibus et locis, vel in eorum aut alicuius eorum homines et personas exercere quoquomodo aliquam iurisdictionem, nisi illam quam haeret in Communi Florentiae.

Pariter in 12. capitulo sic ad literam conventum et dictum fuit; item quo dicta Communia, et loca, et eorum quilibet simul vel separatim possint pro eorum regimine et gubernatione facere semel et pluries quties voluerint statuta et ordinamenta quae, postea quam fuerint approvata in Civitate Florentiae, , et non prius valeant, et executioni mandentur prout in Communi Florentiae observatur.

Quo ad Commune Pontis Sacchi sciendum est, quod ante infeudationem factam ab anno 1637 de eo in Dominum Marchionem Philippum Nicolinum regebatur, prout etiam de praesenti regitur Statutis Pontis Erae, quibus cavetur, quod in casibus omissis recurratur ad Statuta florentina … ».

???

([6]) Giovanni Bonaventura Neri Badia, Dec. Flor. 49, Pisana iurisdictionis, nrr. 10-12, pp. 448b-9a, in id. Decisiones et responsa iuris, Florentiae 1759, vol. I.

([7]) «Quia respondetur quod, cum agatur de legibus et Statutis conditis post ultimam Pisarum subiectionem, dum princeps utitur verbo ‘districtus’, non eo utitur civiliter, sed naturaliter, secundum usum communem loquendi ad text. in cap. ex litteris 7. de sponsal. [X.4.1.7], et prout utilitatis et commoditatis causa observatur in pluribus ordinationibus Magistratuum Pisanorum, quibus data est iurisdictio ad certos effectus per antiquum districtum Pisanum, cum unum et idem territorium diversis respectibus diversis iuridictionibus possit esse subiectum … et iudicari a iudicibus pisanis secundum Statuta florentina ad formam subiectionis cuiusvis castri …» (Giovanni Bonaventura Neri Badia, Dec. Flor. 49, Pisana iurisdictionis, nrr. 10-12, pp. 448 -9, in Decisiones, to. 1).

[8] Cfr. Salvagnoli, Sulla mezzeria memorie di Vincenzo Salvagnoli; precedute da una lettera al marchese Gino Capponi, Firenze: Cellini, 1876, (estr. da: Atti dei Georgofili, vol. IV), 14 ss. in particolare: «io ho sempre sospettato scriveva Salvagnoli – venir la colonìa da servitù, e non da libertà; serbare ancóra i segni della primitiva natura …». Sulle origini epistolari della disputa tra Salvagnoli e Capponi, vedi poi: R. Ciampini, Vincenzo Salvagnoli cent’anni dopo la sua morte, in «Bullettino storico empolese».V (1961), 177-90.

[9] Sui toni alti della fiera polemica sociale del Salvagnoli, in cui l’accento romanticamente democratico s’accompagnava tuttavia ad una rigorosa individuazione dell’essenziale ruolo politico ed economico della classe dei possidenti terrieri, cfr. Coppini, Vincenzo Salvagnoli dalla democrazia (cit. per esteso, sopra, alla nt. Errore. Il segnalibro non è definito.), 8 ss.

[10] Sull’antico patto medievale s’erano, infatti, innestati nel tempo obblighi colonici sempre più particolari e pesanti, sia per corvées in opere, sia per prestazioni in prodotti [G. Giorgetti, Contadini e proprietari nell'Italia moderna.: Rapporti di produzione e contratti dal secolo XVI a oggi, Torino: G. Einaudi, 1974, 278 ss., 286 in particolare, (Piccola biblioteca Einaudi; 234)].

[11] L’antica oleografia della libertà comunale veniva in realtà mobilitata dal Capponi per legittimare l’asserita moderna convenienza economica del contratto mezzadrile: ® «A me chiaro apparisce – sosteneva egli infatti – la origine del nostro sistema colonico venire da libertà, non da servitù; essere dei tempi ne’ quali fu maggiore in Toscana l’equalità dei diritti trai cittadini …. Disparvero dal contado i conti, rimasero i contadini; il nome, a malgrado la sua feudale origine, divenne parola ribattezzata a libertà, dappoiché il contado era terra libera. Di case sparse, notate ciò bene, non di villaggi, l’industria artigiana vuole stare unita in brigate, perché gli uomini vicini, partendo i lavori, l’un l’altro s’aiutino; ma l’industria campagnola vuol dimorare sul proprio suolo, materia immobile de’ suoi prodotti e del suo amore» (G. Capponi, Cinque letture di economia toscana: lette nell'Accademia dei Georgofili dal socio ordinario Gino Capponi, Firenze: G. P. Vieusseux, 1845, 33-4 in particolare). Ma, forse, tale enfasi letteraria valeva soltanto a mettere in evidenza la speciosità del ragionamento storico in tal modo fornito, e sottolineava anche l’infortunio argomentativo in cui incappava infine il Capponi stesso, quando egli non poteva fare a meno di qualificare «l’industria campagnola» (il sistema mezzadrile, cioè) come «materia immobile de’ suoi prodotti e del suo amore»; perché proprio tale sostanziale immobilità sociale era il prodotto politico della mezzadria, che i novatori liberali e liberisti avrebbero adesso inteso rimuovere.

[12] Salvagnoli, Della mezzeria, 23 ss., 34 ss.

[13] Salvagnoli, Della mezzeria, 26: «Non è dunque il sistema colonico esclusivamente, ma l’intiero sistema economico che invoca il medico».

[14] Salvagnoli, Della mezzeria, 19 ss.

[15] Perché, nell’ottica rigorosamente liberistica che dal Salvagnoli consapevolmente si praticava, la ricchezza aveva anche una naturale ed irrefrenabile capacità di redenzione sociale e di affrancazione giuridica (vedi anche alla nt. Errore. Il segnalibro non è definito.).

[16] Salvagnoli, Della mezzeria, 40 ss. Che fosse fermo convincimento del Salvagnoli che «la libertà economica si trae dietro, prima o poi, le altre libertà tuttequante …» emerge poi in maniera circostanziata nei tratti di consapevolezza ideologica formulati in Salvagnoli, Saggio civile (cit. per esteso alla nt. Errore. Il segnalibro non è definito.), XXI ss.

[17] Salvagnoli, Della mezzeria, 47 ss. Per un passaggio organico ed economicamente efficiente alla pratica dell’affitto ostavano in Toscana soprattutto motivi economici (Salvagnoli, Della mezzeria, 68 ss., 83 ss.), legati alla sostanziale povertà di capitali e di accumuli in denaro disponibili presso i contadini; e, nella classe proprietaria, s’aggiungeva la tendenza complessiva ad una sostanziale ostilità padronale allo smantellamento del ceto mezzadrile, che era dai più considerato come il principale alleato della classe proprietaria stessa e come un vero e proprio intermediario politico nella conduzione e nel controllo delle popolazioni rurali. Le vicende dell’insorgenza aretina del Viva Maria!, d'altronde, con i contadini inviati e mantenuti dai proprietari a proprie spese nelle bande sanfediste (cfr., ad esempio, ASFi, Suprema Deputazione Gov. Provv. Arezzo, 8, fo. 1041 rv: nota di proprietari che tengono guardie pagate «del proprio» nella piazza di Arezzo) avevano adeguatamente illustrato le indubbie risorse politiche – di conservazione sociale, di legittimazione istituzionale, di fedeltà religiosa – abbondantemente disponibili entro la «riserva» mezzadrile e contadina.

[18] Salvagnoli, Saggio civile (cit. per esteso alla nt. Errore. Il segnalibro non è definito.), XXIX.

[19] Cfr. P. Grossi, Stile fiorentino: gli studi giuridici nella Firenze italiana, 1859-1950, Milano: Giuffrè, stampa 1986, 20 ss. in particolare (Per la storia del pensiero giuridico moderno; 23).

[20] Salvagnoli, Della mezzeria, 23 ss.

[21] Non a caso notava non senza enfasi il Capponi che «la colonìa oggimai è un fatto, un fatto costitutivo della società toscana …» [Capponi, Cinque letture di economia toscana (cit. per esteso alla nt. 11), 41; il corsivo è aggiunto]. Come gli interessi dei vari consorzi colonici potessero poi legarsi in sistema era già emerso nella fortunata monografia giuridica di Gregorio Fierli, dedicata al tema Della divisione dei beni dei contadini e di altre simili persone … (Firenze: nella stamper. Bonducciana, 1794, Macerata: dalla tip. di Alessandro Mancini, 1841; Fermo: coi tipi dei fratelli Paccasassi, 1841), ove forse per la prima volta s’era gettato lo sguardo dell’interprete giuridico sul sistema consortile delle società domestiche in cui s’organizzava allora la campagna mezzadrile toscana (§§ i-ii), e s’era anche tracciato, in qualche modo, il primo abbozzo di uno studio (critico e storico al tempo stesso) sulla famiglia mezzadrile nei domini granducali.

[22] Salvagnoli, Della mezzeria, 40 ss. (la centralità della mezzadria nel sistema economico toscano: rilievi statistici e dati quantitativi): «La mezzeria ha partito la Toscana in piccole tenute dette poderi: il numero loro è circa 50000 …».

[23] Ne deriva un catalogo dei capitoli di garanzia che debbono essere acquisiti al futuro diritto costituzionale, giacché rientrano tra «le sudate conquiste della civiltà, laicità dello Stato, ugualità delle condizioni civili e politiche, anche differendo la fede religiosa, libertà di coscienza e d’insegnamento, diritto civile della famiglia, sicurezza de’ patrimoni» (Salvagnoli, Della indipendenza, 25; il corsivo è aggiunto).

[24] Una succinta esposizione dei fatti di quella convulsa estate, che portò alla reversione, in: Esposizione dei fatti di Lucca dal 29 maggio al 28 luglio 1847, Bastia: dalla stamperia di C. Fabiani, 1847, 12 ss., 24 ss., 32 ss. (si mossero allora, nelle strade e nelle piazze di Lucca, gli esponenti di un’opinione soprattutto giobertiana, caldamente solidale con le attese di novità politica che prendevano a coagularsi attorno alla figura di Pio IX); vedi anche, riassuntivamente, A. Mancini, Storia di Lucca, introd. di F. Possenti, Lucca: M. Pacini Fazzi, 1975 [facs. dell'ed.: Firenze, 1950], 314 ss. Un tentativo, conservatore ed assolutista, di riannodare il dialogo tra il Principe e l’opinione pubblica lucchese in chiave di patriottismo cittadino e monarchico è da leggersi invece nell’opuscolo Lettera di uno da Lucca ad un amico giornalista, occasionato dallo scioglimento, disposto dal Principe, del corpo dei Carabinieri, per sostituirvi un più affidabile (e, soprattutto, meno inviso al pubblico) contingente di Dragoni (Livorno: Stamperia Fabbreschi Pergola e C., 1847, 8 in particolare).

[25] Secondo gli accordi intervenuti al Congresso di Vienna nel 1815 (art. 101-2 del Traité), alla morte di Maria Luisa di Borbone, Carlo Ludovico (che era suo figlio e, pro tempore, era anche Duca di Lucca) avrebbe dovuto ottenere la signoria di Parma, mentre quella di Lucca sarebbe dovuta passare in reversione («sera reversible», diceva testualmente il Traité) al Granduca di Toscana (Nouveau recueil de traités d'alliance, de paix, de trêve … et de plusieurs autres actes servant à la connaissance des relations étrangères des puissances et états de l'Europe ... depuis 1808 jusqu'à présent, ... par G. Fr. de Martens, à Gottingue, dans la librairie de Dieterich, 1818, Tome II, 425; Artt. CI-CII). In realtà, Carlo Ludovico avrebbe cominciato quasi da subito ad intavolare con il Granduca lorenese contatti riservati per «l’anticipato rilascio di Lucca» (G. Montanelli, Memorie sull'Italia e specialmente sulla Toscana dal 1814 al 1850, Torino: Soc. ed. italiana, 1853, II, 40).

[26] Storia d'Italia UTET XIII/3: R. Coppini, Il Granducato di Toscana. Dagli anni francesi all'Unità, Torino: UTET, 1993, 371 ss.; ibid., VII/2, Torino: UTET, 1992, G. Arnaldi, J. Vigueur, M. Claude, Comuni e signorie nell'Italia nordorientale e centrale: Lazio, Umbria, Marche, Lucca, 727-31.

[27] Si veda la ricchissima documentazione fornita nei volumi – che disegnano un preciso ed accorato panorama di Lucca ai tempi della reversione – del convegno: Fine di uno stato: il ducato di Lucca, 1817-1847: convegno, Lucca, villa Bottini, 9-14 ottobre 1997 - Lucca: Istituto storico lucchese, 1997-2000.

[28] Che si sarebbe ottenuta con la produzione di una sorta di testo unico dell’annessione, ricco di due ponderosi tomi di raccolta normativa, che correva per più di 1500 pagine complessive. Con esso, l’autorità granducale, «volendo provvedere ai modi d'introdurre nel Territorio di Lucca il sistema giudiciario vigente nel Granducato, mediante la istallazione della Corte Regia, e del Tribunale di Prima Istanza già ordinata col Motuproprio de' 12. Dicembre 1847, e volendo in pari tempo estendere al Territorio stesso la Legislazione generale del Granducato in quelle parti nelle quali non sarebbe compatibile alla unità dello Stato mantenere una differenza fino al tempo in cui la pubblicazione dei Codici verrà a stabilire una totale ed assoluta uniformità, sentita la R. Consulta di Stato sul parere del suo Consiglio», ordinava la soppressione nella Città di Lucca deI Supremo Tribunale di Giustizia, della Ruota Civile, della Ruota Criminale, e dei Giudici Istruttori che vi sono addetti, oltre che del Tribunale di Commercio, del Tribunale del Giudice Ordinario di Prima Istanza e dell'Uffizio del R. Procuratore Generale, colle rispettive loro Cancellerie (Raccolta delle leggi toscane delle quali fu ordinata la pubblicazione nella città e territorio di Lucca col R. decreto del 26 febbraio 1848: Firenze: Stamperia Granducale, 1848, nr. 1, Motuproprio 2 febbraio 1848, in prooemio e art. 1).

[29] M. Montorzi, Crepuscoli granducali: incontri di esperienza e di cultura giuridica in Toscana sulle soglie dell'età contemporanea, Pisa: ETS, 2006 (“Incontri di esperienza e di cultura giuridica”, 1) 227 ss.

[30] Se ne pubblica il testo in Esposizione dei fatti di Lucca, cit., 42 ss.

[31] Ivi, 44.

[32] Esposizione dei fatti di Lucca, cit., 38-9, Editto 21 luglio 1847 (dato dalla Pieve di S. Stefano).

[33] Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 271 ss. in particolare.

[34] Cfr. Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 227 ss.

[35] L’espressione è di Francesco Carrara medesimo, vedi Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 233, nt. 10.

[36] Da ultimo pubblicato in Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 268-70.

[37] Su tale periodo d’occupazione una prima informazione in A. Mancini, Storia di Lucca, 314 ss.

[38] In Montorzi, Crepuscoli granducali:, cit., 273 ss.

[39] Cioè una peculiare e individua universitas agrorum, autonoma sede di un’altrettanto peculiare iurisdictio.

[40] Al di là di ogni più particolare determinazione nel merito specifico, l’uso del termine «reversione», con il suo innegabile color feudale e contrattuale, accennava implicitamente al fatto che la devoluzione del Ducato lucchese sarebbe avvenuta sulla base di un titolo precostituito e specifico, da individuarsi nel protocollo normativo e convenzionale costituito dal Traité del Congresso di Vienna.

[41] Traité cit., Martens, Tome II, 425, art. CII : «Le Duché de Lucques sera reversible au Grand-Duc de Toscane … » ; il corsivo è aggiunto.

[42] F. Carrara, Giuseppe Puccioni e la scienza penale, «Nuova Antologia», IV (1866), 64-82; IV (1866), 683-700; V (1867), 723-40; è anche in F. Carrara, Opuscoli di diritto criminale, Prato: Giochetti, 1878, 3.a ed. sulla seconda riveduta e corretta, I, 3 ss., Giuseppe Puccioni ed il giure penale.

[43] In effetti l’acquisto, conseguente all’anticipata devoluzione del Ducato lucchese, implicava per il Granducato lorenese anche un’innegabile profilo oneroso, vale a dire l’accollo della situazione debitoria delle disastrate finanze lucchesi. La vicenda del lento, ma inesorabile processo di consolidazione e confusione fra patrimonio del Principe e patrimonio dello Stato (p. 52), fra debiti del Principe e debito pubblico, in assenza «di ogni «struttura finanziaria e creditizia nello Stato, con una circolazione monetaria quasi totalmente metallica» (p. 40), fino al coinvolgimento diretto del Granducato di Toscana nella garanzia dei debiti lucchesi, quale futuro assegnatario del Ducato lucchese stesso (p. 47), e fino al precipitoso, forzato anticipo dell’effettuazione della reversione stessa, è accuratamente e puntualmente descritta in: R.P. Coppini, Alle origini della reversione del ducato lucchese: debito pubblico, prestiti e finanza internazionale», in Fine di uno Stato , cit., II, L’economia, «Actum Luce. Rivista di Studi Lucchesi», XXVII, 1-2 (1998), 39-57..

[44] Id., ibid.; il corsivo è aggiunto.

[45] Il 4. ottobre 1847, a seguito di un accordo riservato intervenuto fra i due Governi lucchese e fiorentino, il Ducato di Lucca si annetteva al Granducato di Toscana; Leopoldo II. d'Asburgo Lorena, quindi, ne prendeva ufficialmente possesso, dichiarando l’annessione con detto Motuproprio 11. ottobre. [cfr. Atti della Reale Consulta di Stato del Granducato di Toscana: (settembre 1847-aprile 1848), a cura di F. De Feo, Milano: Giuffré, 1967, 154 ss., 245 ss., 247 e 256 in particolare (“Acta italica”, 13)]; vedi anche, oltre, alla nt. 25, il testo del dispositivo del Motuproprio cit.

[46] Cfr. C. Sardi, Esecuzioni capitali a Lucca nel sec. XIX: studio di documenti e ricordi; introd. di M. Seghieri, rist. an., Lucca: M. Pacini Fazzi, 1972 (Nuova grafica lucchese) [ripr. facs. dell'ed.: Lucca: Giusti, 1911]; F. Carrara, La cessata procedura lucchese, in: Opuscoli di diritto, cit., vol. II, 49, nt. 1: «Si ebbero in Lucca dal 1817 al 1847 (periodo del Governo borbonico) nove decapitati. Ramaciotti, di anni 18, per omicidio premeditato commesso con arme a fuoco – Pagano, per tentato latrocinio – Dini, per ussoricidio [sic] mediante annegamento – Petroni, per fratricidio – Alessandri, Prosperi, Bartolomei, Nardi, Giuliani, per furti violenti. La opinione degli eruditi poté credere che in sette di questi casi la pena fosse sproporzionata, sia al titolo del delitto, sia alle condizioni del delinquente».

[47] Il corsivo è aggiunto.

[48] Motuproprio 11 ottobre 1847, Leopoldo II d'Asburgo Lorena, Granduca di Toscana, in: Raccolta delle leggi toscane delle quali fu ordinata la pubblicazione nella città e territorio di Lucca col R. Decreto del 26 Febbrajo 1848, Firenze: Stamperia Granducale, 1848, 547-50, nr. LX.

[49] L’inserzione della particella additiva «anco» nel corpo del discorso normativo particolare riservato al territorio lucchese lasciava intendere ch’essa presupponesse logicamente che fosse stata rilasciata analoga concessione abolitiva anche nel corpo generale delle norme e delle comminatorie penali dell’intero Granducato: laddove, invece, una simile declaratoria non era mai stata espressamente formulata in sede generale.

[50] Il quale, tuttavia, non produsse alcuna attività processuale di autonomo rilievo, nemmeno in sede di formulazione delle proprie conclusioni. Il Fornaciari, illustre magistrato lucchese (aveva il titolo di Consigliere di Stato onorario), già dimesso dalla sua carica dal Principe Carlo Lodovico di Borbone perché da lui ritenuto «immischiato nelle cose del popolo» (cfr. Esposizione dei fatti di Lucca, cit., 27), avrebbe diffuso il 16 giugno 1847 un proprio personale manifesto politico, di ispirazione giobertiana ed acclamante a Pio IX, con l’intento di condurre «il mondo omai stanco di tanta discordia di credenze, di fazioni, di dottrine, d’interessi, … ad unità e a concordia» (cfr. ancora Esposizione dei fatti di Lucca, cit., 36-7).

[51] F. Ambrosoli, Studi sul codice penale toscano confrontato specialmente coll'austriaco, Mantova: Negretti e comp., 1857, 16-7.

[52] «Raccolta di decisioni della Corte Suprema di Cassazione della Corte Regia e dei Tribunali di Prima Istanza per opera di una società di giureconsulti toscani», X (1848), I, 148.

[53] Una breve ricostruzione della vicenda della pena di morte in Toscana, dopo la prima abrogazione disposta con l’Editto di Pisa del 30 novembre 1786, in F. Ambrosoli, Studi sul codice penale toscano confrontato specialmente coll'austriaco, 15 ss., Mantova: Negretti e comp., 1857; più circostanziato e dettagliato è però G. Puccioni, Saggio di diritto penale teorico-pratico, Firenze: Tip. di Luigi Niccolai, 1858, 150.

[54] L’ultima esecuzione capitale in Toscana rimontava al 1830, e per un delitto particolarmente efferato: cfr. G. Panattoni, Sulla questione della pena di morte, in «La Temi: giornale di legislazione e giurisprudenza»., I (1847), Firenze: Tip. Mariani, 1847, 334-44, 343 in particolare.

[55] Puccioni, Saggio di diritto penale, ibid.

[56] Puccioni, 151.

[57] In passato, si è da me avanzata [in Montorzi, Qualche scheda d'archivio e qualche spunto problematico, per contribuire allo studio del «giacobinismo» toscano (il «partito» dei giusdicenti), «Bollettino Storico Pisano», LI (1982), 328 ss. (=id., Giustizia in Contado. Studi sull’esercizio della giurisdizione nel territorio pontederese e pisano in età moderna, Pisa: Pacini, 1997, 301 ss.)] l’ipotesi dell’esistenza – durante la stagione delle riforme leopoldine in particolare – di un vero e proprio ‘partito dei giusdicenti’, che avrebbe spontaneamente sostenuto il processo riformatore dall’interno dell’amministrazione giudiziaria, stringendo un’immediata alleanza operativa con il gabinetto granducale. Per ulteriori approfondimenti della questione, alla luce anche di alcuni interventi critici in particolare di Carlo Mangio, cfr. ancora Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 249, nt. 25..

[58] M. Pignotti, in: Istituto della Enciclopedia Italiana, «Dizionario biografico degli italiani», 63: Labroca-Laterza, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2004, ad vocem, 542-3.

[59] A. Gennarelli, Epistolario politico toscano ed atti diversi da servire di illustrazione e di complemento alla storia della restaurazione granducale e al volume delle sventure italiane durante il pontificato di Pio Nono pubblicato dall’Avv. Achille Gennarelli, Firenze, pei tipi di G. Mariani, 1863, ep. nr. LXVIII, 128-86.

[60] Vedi F. Carrara, Opuscoli di diritto criminale, vol. VII, Progresso e regresso del giure penale nel nuovo regno d'Italia, vol. IV, Lucca : Tip. B. Canovetti, 1877, 466.

[61] F. Carrara, Programma del corso di diritto criminale dettato nella R. Università di Pisa, Parte generale, Ediz. 5 con aggiunte, Lucca: Tip. Giusti, 1877; ed. F. Bricola, Bologna: Il mulino, 1993.

[62] F. Carrara, Programma, cit., § 178, nt. 1, ed. Giusti, 146; ed. Bricola,, 145 (Francesco Carrara cita in tal caso espressamente Sonnenfels).

[63] G. Carmignani, Teoria delle leggi della sicurezza sociale, Pisa: F.lli Nistri e C., 1831-2; mi si consenta sul punto un rinvio complessivo a Giovanni Carmignani (1768-1847): maestro di scienze criminali e pratico del foro, sulle soglie del diritto penale contemporaneo, a cura di M. Montorzi, Pisa: ETS, 2003 (“Memorie e atti di convegni”; 20).

[64] F. Carrara, Varietà della idea fondamentale del giure punitivo (1862), in Opuscoli di diritto criminale, terza edizione; Prato: Tip. Giachetti, Figlio e C., 1887; I, 86 ss., 100 ss. in particolare I, 178-9.

[65] F. Carrara, Programma, Prefazione, ed. Giusti, 5; ed. Bricola, 32.; cfr. Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 233, nt. 20.

[66] Programma, ed. Giusti, I, 3 ss.; ed. Bricola, 31 ss.

[67] Storia dell’Università di Pisa, a cura della Commissione rettorale per la Storia dell’Università di Pisa, 1737-1861, II/1, 2.a ed., Pisa: Edizioni Plus, 2000, 564 ss.; A. Mazzacane, Carrara, Francesco, in «Dizionario biografico degli italiani», 20, 664 ss., 667 in particolare.

[68] Cfr. F. Carrara, Programma, ed. Giusti, I, 3 ss.; ed. Bricola, 31 ss.

[69] Sul Liceo Universitario lucchese, che sarebbe poi stato progressivamente smantellato a tutto beneficio dell’Università pisana, cfr. L. Busti, L’Università lucchese, in Fine di uno Stato (cit. alla nt. 4), II/2, 155-204, 187 in particolare.

[70] Notizie in C. Paladini, Francesco Carrara, cittadino lucchese e plebeo, Firenze: R. Bemporad e Figlio, 1920 (Tip. L'arte Della Stampa, Succ. Landi), 54 ss. Ma vedi soprattutto, ora, l’importante volume di F. Colao, Avvocati del Risorgimento nella Toscana della Restaurazione, Bologna: Il mulino, 2006 (Storia dell'avvocatura in Italia), 331 ss. in particolare.

[71] Cfr. G. Pera, Lettere di Francesco Carrara, in «Rassegna lucchese», 1970, nr. 50, 137 ss.: il carteggio domestico di Francesco Carrara con il figlio Battista (“Tista”, nel lessico familiare) reca sovente traccia delle preoccupazioni del giurista per il patrimonio fondiario da lui messo assieme con i proventi professionali.

[72] Mazzacane, cit., 667.

[73] Mi si consenta un rinvio a M. Montorzi, Vincenzo Salvagnoli, i suoi colleghi avvocati e il disegno di una nuova razionalità costituzionale (Con inediti di Giovanni Carmignani e Francesco Carrara), comparso nel volume: Il Risorgimento nazionale di Vincenzo Salvagnoli: politica, cultura giuridica ed economica nella Toscana dell'Ottocento, atti del Convegno, Empoli Convento degli Agostiniani, Firenze Gabinetto G. Vieusseux, 29-30 novembre 2002: atti della giornata di presentazione dell'Inventario dell'Archivio Salvagnoli Marchetti, Empoli Convento degli Agostiniani, 5 marzo 2002, Ospedaletto, Pisa: Pacini, 2004, 303-48 (poi in: Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., a 245 ss.).

[74] Si veda M. P. Geri, Un giurista e i libri: Carrara recensore, editore, annotatore, «L'indice penale», nuova serie, anno IX, n. 2 (Maggio-Agosto,2006), 905-38, § 4.

[75] Atti e Documenti editi e inediti del Governo della Toscana dal 27 aprile in poi, Firenze: Stamperia sopra le logge del grano, 1860; I, 26 ss.: «Abolizione della pena di morte. Il Governo Provvisorio Toscano, considerando che fu la Toscana la prima ad abolire in Europa la pena di morte, considerando che, se questa venne in seguito ristabilita, fu solamente quando le passioni politiche prevalsero alla maturità dei tempi e alla mitezza degli animi. Considerando però che, quantunque per tal modo ripristinata, non venne applicata giammai, perché fra noi la civiltà fu sempre più forte della scure del carnefice, ha decretato e decreta: Articolo unico. La pena di morte è abolita. Dato in Firenze li trenta Aprile milleottocento cinquantanove. Cav. Ubaldino Peruzzi, Avv. Vincenzo Malenchini, Mag. Alessandro Danzini».

[76] Codice penale pel Granducato di Toscana (1853), presentazione di S. Vinciguerra e M. Da Passano; rist. anastatica, Padova : CEDAM, 1993.

[77] La rimodulazione della scala penale sarebbe seguita in brevissimo lasso di tempo, con il decreto, di soli quattro giorni successivo a quello abolitivo della pena di morte, che, in data 4 maggio 1859, sostituì l’ergastolo alla pena di morte stessa (Atti e Documenti editi e inediti del Governo della Toscana, cit., I, 39): «L' Ergastolo sostituito alla pena di morte pel Codice Penale Comune. Il Governo Provvisorio Toscano ha decretato e decreta: Art. 1. Alla pena di morte per tutti i delitti pei quali è irrogata dal vigente Codice Penale Comune, e abolita col precedente Decreto del dì 30 Aprile 1859, viene sostituita quella dell'Ergastolo, rimanendo ferme per ora, e fino a nuove disposizioni, le altre penalità. Art. 2. Col citato Decreto non si intenderà derogato minimamente alle penalità statuite dal vegliante Codice Penale Militare. Dato li quattro Maggio milleottocentocinquantanove. Cav. Ubaldino Peruzzi Avv. Vincenzo Malenchini Mag. Alessandeo Danzini».

[78] Sulle comminatorie di morte contenute nel Codice Penale toscano del 1853, cfr. ancora Ambrosoli, 17; più in generale, si veda l’ottima ricostruzione di M. Da Passano, La storia esterna del codice penale toscano (1814-1853), in Istituzioni e società in Toscana nell'età moderna. Atti delle Giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini, Firenze, 4-5 dicembre 1992, Roma, 1994, vol. II, 564-89.

[79] Dell’indirizzo a Francesco Carrara degli studenti pisani del corso di Diritto Criminale si fornì già una trascrizione in Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 240-1; sviste ed inconvenienti nella revisione delle bozze (dovute, forse, anche all’attività notoriamente subdola del correttore automatico) vi lasciarono, purtroppo, gravi errori ed imprecisioni di scrittura. Se ne fornisce, perciò, in appendice, una nuova edizione emendata.

[80] Carrara, Programma, ed. Giusti, I, 1 (ed. Bricola, 30).

[81] Carrara, Programma, ed. Giusti, I, 5 (ed. Bricola, 32).

[82] Sono indicate in corsivo le correzioni ed integrazioni da apporre alla mendosa trascrizione fornita in Montorzi, Crepuscoli granducali, cit., 240-1. Nella trascrizione si è poi seguito l’uso oggi corrente, e nell’originale invece non rispettato, di osservare la distinzione tra accenti acuti e gravi nella grafia delle parole tronche.