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MARIO MONTORZI

EPISODI DI ESPERIENZA GIURIDICA NELLA STORIA MODERNA DEL VALDARNO PISANO (UN FIUME COME LUOGO DI OMOLOGAZIONE AMMINISTRATIVA E DI INTEGRAZIONE GIURIDICA ED ISTITUZIONALE) Andrea da Pontedera detto Pisano, (Pontedera, 1290 circa - Firenze 1349 circa): La navigazione - Firenze, Campanile del Duomo

Già pubblicato nel volume L'Arno - 30 anni dall'alluvione, Pisa 1997, pp. 237-82

 

Sommario :-1 Uomini, merci e notizie lungo il corso d'Arno : un fiume come collettore di esperienza giuridica-1.1 Individuazione di un segmento territoriale di analisi delimitato ed amministrativamente organico : la piana d'Arno vicino Pisa-1.2 Direttrici di traffico : un'integrazione crescente tra rete viaria e sistema idrografico-2 Politica delle comunicazioni ed istanze amministrative-3 Interessi collettivi e dibattito politico-amministrativo nella gestione del sistema fluviale-4 Un'area strutturale di intervento politico ed amministrativo-4.1 Il territorio e le bonifiche-4.2 Una sostanziale omologia tra natura del suolo, conformazione idrografica e forme della pratica giuridica : l'Arno amalgama ed organizza omogenei interessi amministrativi-5 L'Arno : una presenza problematica nel territorio-5.1 L'Arno e le esigenze di un'amministrazione generale del territorio. Documenti della prassi giurisprudenziale-5.1.1 Il problema delle alluvioni ed il regime conseguente delle situazioni reali-5.1.2 Alcuni documenti giurisdizionali su altri corsi d'acqua del bacino dell'Arno-5.1.3 I lavori ai fossi ed il sistema creditizio-6 L'integrazione del territorio fluviale : i monti, le colline e la normazione sui boschi nel basso bacino d'Arno. Giusdicenti ed amministratori scoprono la realtà dell'ambiente.

1) Uomini, merci e notizie lungo il corso d'Arno : un fiume come collettore di esperienza giuridica

È possibile tentare una lettura in chiave storico-giuridica della vicenda umana e civile che si è svolta lungo un fiume come l'Arno ?

Certo l'operazione è apparentemente piena d'insidie e notevolmente difficoltosa. Un fiume è infatti una realtà complessa, sia nel tempo, come nello spazio. È pur vero che esso è un collettore d'esperienza, soprattutto d'esperienza giuridica : ma è anche vero che un fiume è per l'appunto il luogo del passaggio, non quello dell'aggregazione, sicché gli oggetti d'indagine possibili per lo storico del diritto che si concentri attorno ad un simile tema di riflessione tendono continuamente a sfuggirgli di mano, a moltiplicarsi ed a frantumarsi in ulteriori, differenziati percorsi di ricerca.

Vorrei quindi delimitare preliminarmente in maniera piuttosto rigorosa l'àmbito della mia successiva analisi.

Non tenterò infatti la strada, a prima vista più semplice e lineare, della ricostruzione complessiva della legislazione che nel tempo (per statuti, bandi e altri interventi di normazione positiva) si è accumulata sul nome d'Arno(1). Si finirebbe in tal modo fatalmente per rincorrere soltanto l'enumerazione minuta di una serie mai completa ed inevitabilmente frammentaria di provvedimenti altrettanto discontinui ed episodici, emanati in ordine alle più svariate manifestazioni dell'economia fluviale : la pesca(2), la navigazione(3), la tenuta e la manutenzione dei ponti(4) con i relativi diritti di pedaggio, la tenuta e la manutenzione degli argini e dei fossi(5).

Non è questa la sede per un intervento del genere : la poderosa bibliografia prodotta da Cascio Pratilli sull'argomento della normazione granducale in tema di tutela dell'ambiente presidia d'altronde in maniera autorevole e conclusiva l'intera materia, e consente di circostanziare ulteriormente quella ricognizione di massima del quadro normativo che, almeno nelle sue grandi e più significative linee, era fino ad oggi possibile soltanto sulla base degli antichi manuali di legislazione(6).

Né io vorrei in questa sede battere una simile via.

Il fatto è che, se si vuole star dietro alla caratteristica essenziale e strutturale di un grande fiume - che è poi quella di promuovere costantemente la riunione delle persone, delle merci e, con esse, anche delle idee e della cultura di un popolo -, allora la scelta della casistica normativa risulta forse viziata da un sostanziale monismo giuspositivistico, istintivamente proclive a rincorrere e indagare in via esclusiva i soli fatti di normazione scritta, siano essi di provenienza regia ovvero di emanazione della potestà statutaria locale.

L'Arno, infatti, che passa talvolta lento e pacifico, talaltra rapido e rovinosamente impetuoso tra le terre del Granducato, impone in realtà nel tempo alle genti che abitano, vivono e lavorano sulle sue rive una serie di comportamenti necessari e di pratiche obbligate, che riflettono nei propri contenuti e nelle regole che se ne distillano le esigenze salienti dell'economia di un territorio fluviale : la sicurezza dalle piene, la bonifica dalle paludi, la regolamentazione del traffico a traverso e lungo il fiume stesso.

I fatti di questa secolare attività collettiva, che è stata rivolta a tenere sotto controllo il fiume in una vicenda umana che per molti versi fu anche una vera e propria "guerra delle acque" - come si è detto con un'immagine assai efficace e felice(7) -, sono peraltro già stati ampiamente investigati nel corso di una lunga stagione di indagini, che sono state condotte con rara perizia e larga messe di risultati soprattutto da Danilo Barsanti e Leonardo Rombai(8), e certo qui non richiedono né consentono approfondimenti ulteriori e particolari.

Ciò che invece interessa allo storico del diritto - e che nei limiti del possibile si cercherà di produrre in questa sede - è piuttosto il tentativo di saggiare i modi essenzialmente giuridici per cui un corso d'acqua così importante nella storia di una regione come è stato l'Arno per la Toscana sia arrivato a farsi strumento di unificazione territoriale e di omologazione normativa ed amministrativa : come esso ripetutamente abbia in sostanza prodotto vere e proprie occasioni di normazione, per cui l'istituzione pubblica - sul filo di un intervento di controllo del fiume che nei secoli è stato assiduo e costante - ha costruito e marcato la propria presenza sul territorio ed in mezzo alle popolazioni del Granducato.

Nel corso del tempo l'Arno induce infatti ripetutamente e con crescente intensità le popolazioni delle singole comunità urbane da esso attraversate alla riscoperta di una logica di tutela e di gestione dell'ambiente, che inevitabilmente va oltre gli stretti confini municipali, recide privilegi e posizioni personali e di gruppo, perché costantemente impone l'idea del territorio(9) come sistema superiore di interessi materiali e di esigenze funzionali di tutela collettiva.

Il fiume diventa insomma un ente di riferimento comune, presso il quale si individua e palesa la sede di un bonum, che non è più soltanto particolare o corporativo(10) (pertinente, cioè, ad un singolo individuo o ad un particolare collegio o gruppo di persone), ma è divenuto nel tempo bonum publicum, perché appartenente ormai alla sfera degli interessi tutelati direttamente ed esclusivamente dall'istituzione politica(11).

1.1 Individuazione di un segmento territoriale di analisi delimitato ed amministrativamente organico : la piana d'Arno vicino Pisa

L'acqua d'Arno diviene così non soltanto veicolo di sviluppo economico e mercantile, ma innesca anche al contempo ed in maniera progressiva e graduale fenomeni profondi di trasformazione culturale e giuridica, che prendono avvio soprattutto in età moderna, con l'instaurazione definitiva del potere granducale in Toscana(12), cui consegue una lunga serie di interventi pubblici sull'organizzazione del territorio e sulla regimazione delle acque.

Il fatto è osservabile in modo particolare in un settore come quello del basso Valdarno pisano, dove il corso del fiume è pienamente navigabile, perché proprio lì la sua presenza assume per tal motivo un ruolo centrale e determinante nell'economia dei luoghi e nell'organizzazione delle popolazioni.

Difatti, forse non si può mai parlare in nessuna epoca (e il discorso, in certa misura, vale ancóra per il giorno d'oggi) di una complessiva "economia di fiume" per l'intero alveo dell'Arno nel territorio toscano, ma si può soltanto dire della compresenza in esso di fasce funzionali reciprocamente diversificate(13), e fornite rispettivamente di differenziati statuti normativi(14), che si dipanano lungo il corso del fiume stesso : di singole zone, insomma, che assumono autonoma individualità geografica ed amministrativa in funzione del peculiare rapporto che esse intrattengono con la realtà ambientale determinata dalla presenza del fiume.

Per l'appunto nel Valdarno pisano, infatti, le caratteristiche morfologiche del territorio e la complessiva e costante navigabilità del percorso fluviale contribuiscono congiuntamente fin da età molto risalente a conferire a quel settore le connotazioni tipiche di un dipartimento autonomo ed omogeneo per sua naturale vocazione economica e per le conseguenti, peculiari esigenze di gestione politica ed amministrativa che gliene derivano.

I documenti sulla navigazione d'Arno in età moderna sono del resto piuttosto dettagliati ed eloquenti già per tempo : sin dal sedicesimo secolo, infatti, si afferma nelle fonti che la fascia di navigabilità mercantile è piena ed efficiente proprio ed esclusivamente nel tratto più basso del fiume, dato che

" navigasi il fiume d'Arno con le barche che vengono dal porto di Livorno et Pisa et altri luoghi vicini tutto l'anno, ma otto mesi solamente si possono condurre le grascie et mercantie fino alle mura della città. Il giugno, luglio, agosto et settembre, per la scarsezza dell'acque, navigano vicino a Firenze ad un luogo chiamato Porto Assigna per sette miglia ... "(15).

La piana tra Pisa e Pontedera - ove il fiume prende finalmente a scorrere libero da rupi e strozzature orografiche - assume in tal modo quasi subito negli intendimenti dell'amministrazione granducale un'importanza strategica non solo sotto il profilo mercantile della promozione di una via commerciale che nel tempo si rivela sempre più importante(16), ma anche nel quadro di una complessiva politica di tutela dell'ambiente e del territorio, in cui gli interessi alla manutenzione delle ripe e degli argini fluviali si coordinano in maniera progressivamente più stretta con quelli di bonifica ambientale e di miglioramento funzionale del corso d'acqua come mezzo di comunicazione.

L'intero comparto terminale del fiume si trova ivi naturalmente collocato all'interno di una rete di trasporti autonoma ed alternativa rispetto a quella terrestre, che lo rende al contempo beneficiario del flusso di merci che solca il Valdarno, punto di sbocco dei traffici della Valdera(17) e, in particolar modo, perno del flusso di transito verso il Porto di Livorno delle merci che vi affluiscono dal grande invaso del lago di Sesto (Bientina).

La sorveglianza e la tutela delle acque fluviali si coniuga insomma con un intervento attivo e complessivo nella gestione del territorio, e genera a tal fine nuove competenze amministrative, ed enti ed organi funzionalmente preposti a tal fine. È d'altronde storia ben nota, che riguarda in particolare dei veri e propri organismi ministeriali, come quello costituito dall'Uffizio dei Fiumi e Fossi di Pisa : il quale, nato come ufficio indirizzato alla tutela di fini particolari e specifici di natura territoriale, dilata poi sempre più in progresso di tempo le proprie competenze funzionali appunto perché geneticamente collegate al referente territoriale, e vede crescersi in parallelo persino una specifica competenza sugli edifici dell'amministrazione della Giustizia(18), tanto da assumere una vera e propria natura di dicastero amministrativo generale del territorio pisano(19).

Il passaggio di carichi fluviali lungo l'Arno è favorito in particolare, come già si è accennato, dalla vicinanza del padule di Bientina, che costituisce il più economico ed agevole mezzo di comunicazione con la Repubblica lucchese, quasi completamente sprovvista di strade(20). Si tratta di un traffico di merci pregiate che fluisce da Livorno a Pisa attraverso il fosso dei navicelli(21), e di lì arriva a Bientina navigando lungo l'Arno(22). Il trasporto di alcune merci in particolare gode per tale via di specifiche esenzioni doganali e daziarie dal pagamento della gabella del Contado fiorentino, che dovrebbe esigersi per il transito nel breve tratto di territorio del paese di Bientina(23).

Per tale via, oltre alle merci, transitano anche le persone : si tratta di un viaggio economico, sicuro, anche se tremendamente lungo e noioso.

Nel 1724 un nobile e pingue prelato lucchese, il P. Giuseppe Sardi, per tornare in patria da Firenze non se la sente di fare la via del monte : è troppo grasso, ed inoltre non sa andare a cavallo. Le vie del piano, che gli permetterebbero un confortevole viaggio in carrozza, sono in tale epoca completamente guastate dalla pioggia : è quindi giocoforza, per quel grasso reverendo, imbarcarsi sull'Arno in qualche " burchiello " ed andarsene per quella lenta e monotona via fino a Pisa e di lì rientrare a Lucca(24).

Gli spostamenti per via d'acqua erano in effetti molto lunghi : forse esagera il Goldoni che, durante la sua permanenza in Toscana, doveva aver conosciuto abbastanza da vicino il sistema di comunicazioni del Granducato, quando sostiene che per risalire la corrente da Pisa a Firenze erano necessari tre giorni di navigazione fluviale(25), ma certo tale collegamento non doveva essere dei più veloci, soprattutto in stagione di secca delle acque.

Con i fiumi pieni e con il favore di una corrente più veloce, il percorso poteva tuttavia essere indubbiamente più spedito. Nel novembre 1737 il reggente Richecourt avrebbe riferito in tali termini del suo viaggio da Firenze a Pisa, fatto con i fiumi in piena :

" J'ay descendû par eau jusqu'à Pise dont la navigation est très facile quand les eaux sont hautes, il y a seulement quelques arbres qui empêchent que l'on ne puisse remonter avec les bateaux que l'on tire à corde, mais il y sera aisement remedé ... "(26).

Con il progressivo miglioramento dello stato delle strade(27) e l'apertura delle nuove vie di comunicazione(28), i collegamenti fluviali però si declassano : il traffico dei passeggeri comincia a svolgersi esclusivamente attraverso le più veloci strade regie ed il navicello diventa il mezzo di trasporto esclusivo per i grossi carichi e le merci d'ingombro : grasce, mobilia(29) e, fino al secolo presente, i mattoni prodotti nella piana di Pisa, che vengono commercializzati per tal mezzo fluviale.

1.2 Direttrici di traffico : un'integrazione crescente tra rete viaria e sistema idrografico

La rete di comunicazioni del basso Valdarno può quindi interpretarsi a diversi livelli di lettura.

Sul piano dei grandi traffici e delle più importanti direttrici del flusso di merci e di viaggiatori, essa permane sostanzialmente indifferenziata nel tempo, uniformandosi alla conformazione geografica del territorio. Lo sviluppo delle comunicazioni lungo il Valdarno data al periodo della c.d. " rivoluzione stradale " del secolo XIV allorché, con l'apertura di una via sulla sinistra dell'Arno tra Pisa e Firenze, si predeterminò con grande anticipo la fortuna economica di alcuni borghi maggiori di pianura come Pontedera ed Empoli(30).

Ma, se la centralità del bacino di fondovalle dell'Arno nell'organizzazione e nella determinazione dei flussi di traffico dell'intera regione è comprensibilmente costante nel tempo, essa è tuttavia destinata ad essere valorizzata sempre più in età moderna, quando lo sviluppo economico postula un ulteriore potenziamento della rete di comunicazione. Ancóra nel 1801, un esperto dell'organizzazione del territorio geniale ed acuto come il matematico Pietro Ferroni avrebbe sostenuto e ribadito con forza, in una sua memoria Delle comunicazioni interne dei popoli della Toscana (èdita poi nel 1810), l'idea di fondo che l'Arno dovesse costituire il perno dello sviluppo della circolazione interna nella regione, giacché esso rappresentava propriamente "la principale via di traffico in Toscana"(31).

A questa complessiva maglia di direttrici di sviluppo commerciale bisogna poi sovrapporre una trama più fitta di collegamenti minori, che viene articolandosi sempre più con il progressivo aumentare dei traffici e con l'instaurarsi di un processo di differenziazione economica ed amministrativa tra le singole zone del settore(32).

Si aprono infatti nuove vie, si gettano nuovi ponti.

E, per far ciò, la prassi amministrativa mette a punto procedure e meccanismi che nel tempo subiscono una significativa evoluzione.

2 Politica delle comunicazioni ed istanze amministrative

In una terra solcata da fiumi rapidi dalle piene talvolta rovinose il problema più importante nella apertura di nuove strade(33) è comprensibilmente quello della costruzione dei ponti. Il reperimento dei capitali necessari all'erezione di tali opere di potenziamento della viabilità è quasi sempre molto difficoltoso, soprattutto se si pensa alla scarsa circolazione di denaro che affligge la piana di Pisa fino al periodo delle Riforme.

Prima di tale epoca non si può parlare di particolari forme giuridiche, le quali caratterizzino in maniera tipica il reperimento dei capitali per l'apertura di nuove vie e per la costruzione dei relativi ponti. A questo scopo sono destinate somme di denaro rastrellate attraverso " gravezze " fiscali : la costruzione di ponti ed opere stradali è sempre fenomeno pubblico, in primo luogo politico, che coinvolge, oltre agli enti dell'amministrazione locale, anche la figura del sovrano.

Ancóra in età tardo settecentesca, ci si trova in presenza di una società locale scarsamente articolata sotto il profilo economico, in seno alla quale i capitali privati esistenti né si sono accumulati in misura adeguata e sufficiente, né hanno ancóra acquisito l'anonima fungibilità necessaria per indirizzarsi verso intraprese di natura squisitamente " politica ", tali da coinvolgere tutta la collettività e mobilitarsi a sostegno di operazioni finanziarie che siano capaci di coinvolgere interessi collettivi(34).

È perciò significativo il raffronto che, per ciò che concerne il rastrellamento dei capitali necessari all'impresa, si può fare fra il modo in cui viene finanziata l'apertura della strada tra il borgo collinare di S. Colomba nei pressi di Calcinaia ed il passo della nave sull'Arno alla bocca dell'Usciana, ed il modo invece in cui si finanzia in epoca successiva l'erezione del ponte in quel medesimo tratto dell'Arno.

La strada fra S. Colomba e l'Arno viene infatti aperta nel 1802 attraverso una complessa operazione di finanza locale : la Comunità di Pontedera assicura l'appalto di tali lavori alla Grancia di Montecchio della Certosa di Calci, che anticipa completamente il capitale necessario al finanziamento dell'opera, stipulando al contempo con la Comunità un contratto di mutuo per una cifra sensibilmente inferiore a quella da essa effettivamente spesa(35). Si tratta, almeno a prima vista, di un'impresa di carattere essenzialmente assistenziale, svolta non a fini di lucro, ma col proposito deliberato di fornire aiuto e sostentamento ai disoccupati del posto.

Il ponte alla bocca dell'Usciana e quello alla bocca della Zambra, nel tratto del Valdarno pisano, invece, saranno finanziati attorno alla metà dell'Ottocento da apposite società anonime, costituite con l'aggregazione di capitali rastrellati al fine speculativo di percepire il profitto dei pedaggi del traffico di transito(36).

3 Interessi collettivi e dibattito politico-amministrativo nella gestione del sistema fluviale

È del resto un fatto piuttosto sintomatico quello che si rileva allorché si considera il processo di elaborazione dei provvedimenti granducali in materia di grandi opere pubbliche, soprattutto di quelle indirizzate alla gestione e tutela del sistema fluviale : il dibattito, infatti, non si intrattiene soltanto in àmbito tecnico tra gli specialisti, ma assume un vero e proprio tono politico, e vede ben presto intervenire con suppliche ed autonome prese di posizione, indirizzate a stimolare ed influenzare l'intervento dell'amministrazione granducale, le stesse popolazioni locali.

La realizzazione ad esempio della Botte sotto l'Arno per favorire lo scarico autonomo a mare delle acque del padule di Bientina - come ricordava e sintetizzava ancóra Pietro Ferroni(37) -, " proposta già dai Visitatori della Provincia Pisana [Perelli e Pompeo Neri] nel 1740, approvata con Cesareo Rescritto del 1746, richiesta nel 1770 dai Comunisti di Calcinaia, Bientina e Vico Pisano, contraddetta acerrimamente nell'anno stesso dal Matematico Leonardo Ximenes, e nel 1771 dagli Interessati nel Valdarno di Pisa, favorita nel 1772 dal Provveditore Carlo Fazzuoli, e di nuovo prodotta dal Provveditore Sanminiatelli in contrapposto al Progetto lucchese ", avrebbe aperto un dibattito di natura essenzialmente politica, in cui i contrasti tecnici sulla opportunità dell'opera si sarebbero cumulati a quelli più squisitamente economici e sociali, relativi alle modalità di finanziamento dell'impresa stessa(38).

Il problema è affrontato in maniera molto puntuale nell'ottica dell'interesse amministrativo delle popolazioni territoriali sin dal 1768, quando la relazione della cancelleria di Pontedera, stesa nel quadro della grande inchiesta promossa da Pietro Leopoldo, auspica tale opera d'idraulica con il deliberato fine di promuovere i traffici locali e di proteggerne e sostenerne l'affermazione(39) :

" Un provvedimento per ampliare le attuali manifatture ... potrebbe derivare dall'esecuzione del progetto altre volte fatte [sic] e posto sotto gl'occhi di S. M. I. per la costruzione della chiavica sotto il letto del fiume Arno che avesse il suo scolo e portasse l'acque del padule e Serezze in Arno vecchio. Da ciò ne verrebbe un fosso navigabile per il porto di Livorno, ove le mercanzie, tanto per venire, che per andare, pagherebbero assai minor nolo di quello che pagano a trasportare i barrocci. La spesa sarebbe di gran conseguenza, ma a questa si potrebbe interessare la Serenissima Repubblica di Lucca che ne riporterebbe un gran vantaggio e un istesso vantaggio porterebbesi anche alla fattoria delle Cascine e a quella di Vico Pisano. E tutti quelli che in queste Comunità anno [sic] gl'effetti ne risentirebbero molto profitto per essere liberate dall'acque, che spesso l'inondano e in conseguenza servirebbe di notabile aumento all'agricoltura"(40).

Del resto, la politica delle comunicazioni che lo Stato granducale tenta di attuare è tutta rivolta ad intenti di promozione mercantile : lo si comprende in maniera abbastanza nétta se si prendono in esame anche le variazioni della rete viabile nel basso Valdarno. Se osserviamo infatti la cartina disegnata in età settecentesca dal Piazzini per il libro del Cocchi sui Bagni di S. Giuliano(41), notiamo la sostanziale differenziazione che caratterizza il basso bacino del Valdarno distinguendolo, ad esempio, da bacini collaterali e minori come quello della contigua ed affluente Valdera.

Mentre infatti i centri urbani che si affacciano sull'Arno - in particolare Pontedera - appaiono già attrezzati di quei collegamenti di estrema importanza che li rendono partecipi dell'ingente flusso di traffici e commerci legato alla presenza del fiume, la maturazione delle convalli di affluenza appare talvolta piuttosto rallentata. Manca in esse infatti un sistema di collegamenti fondati su un'unica arteria che ne convogli le comunicazioni : il fondovalle della Valdera, ad esempio, è in età settecentesca ancóra sgombro di paesi e di traffici, e ci si muove, alla maniera medievale, lungo il crinale delle colline(42).

Il contrasto è abbastanza evidente : nella piana pisana esiste una direttrice indifferenziata, buona per tutti i traffici e tutte le direzioni, che passa lungo il corso dell'Arno e vi sedimenta ricchezze ed iniziative commerciali. Nelle convalli come la Valdera, invece, non esiste ancóra una via comune che, attrezzata delle rispettive diramazioni, serva da sola i singoli paesi : esistono invece le singole strade per i singoli luoghi.

La logica degli interventi granducali sarà quella di svolgere un'attività unificante a tal fine : è ad esempio interpretabile in questo senso la costruzione di una nuova strada sulla ripa destra d'Arno, congiungente Livorno e Pisa ai paesi del lungomonte pisano fino a Vico, Calcinaia e all'imbocco della Valdinievole(43).

Questa ristrutturazione dall'alto trova particolari sollecitazioni al momento della grande inchiesta del 1766, quando è scritta anche la relazione della cancelleria di Vico, di cui s'è già detto poc'anzi, citandone il brano concernente le esigenze della comunità di Pontedera(44) : è allora che, infatti, si verifica l'esperienza colbertista del Granducato leopoldino(45) e, significativamente, accanto alle istanze protezionistiche, le relazioni dei cancellieri avanzano la richiesta di apertura di nuove vie, tra le quali quella linea di comunicazione terrestre Livorno-Bientina-Valdinievole che fino ad allora era stata servita soltanto per via d'acqua.

In verità, la visione mercantilistica del problema della viabilità impone un'ottica politica e militare, prima ancóra che economica, ed essa, come già notò a suo tempo Franco Venturi(46), pare normalmente coinvolta nel gioco di " inveterate preoccupazioni di prestigio e di potenza ", e salda inevitabilmente la politica delle grandi costruzioni stradali ad un sistema di problemi di ampio respiro strategico, talvolta lontano dalle istanze dei particolari. Sarà quindi di un certo interesse notare, di fronte agli sviluppi della politica dell'amministrazione granducale, anche l'alternativo manifestarsi di un naturale svolgimento dal basso : talvolta parrebbe quasi di poter dire che la gente si inventa le vie, utilizzando a tale scopo alcune strutture fluviali, originariamente destinate ad altra funzione.

È questo il caso dei barrocciai che svolgono il loro servizio dalla piana d'Arno e Valdera verso Livorno : essi, per risparmiare tempo nel loro tragitto, non si servono delle normali vie regie, ma fanno piuttosto viaggiare i loro carri sulle banchine interne degli argini della Tora (larghe poco meno di 18 metri) e sul culmine degli argini dello Zannone(47).

In tal modo, essi stabiliscono un collegamento più comodo di quello stradale ed anche sensibilmente più breve : i barrocciai che si servivano, attorno al 1740, di tali strade di comunicazione provenivano da Pontedera e da tutto il resto del Valdarno fino ad Empoli. A tale data, però, quel passaggio continuo di carri aveva provocato sensibili danni agli argini : i proprietari dei terreni prospicienti le banchine, i quali erano tenuti alla manutenzione delle stesse e l'Uffizio dei Fiumi e Fossi di Pisa si decidevano allora a chiudere il passo lungo i due canali. In séguito, di fronte alle rimostranze dei barrocciai, il Consiglio di Reggenza disponeva che tale passo fosse lasciato libero, a patto, però, che i barrocciai stessi provvedessero a colmare le buche che si trovavano nella banchina. La nuova via, in tal modo, venne ufficializzata, e quella che era stata una mèra e tollerata abitudine diventò da allora una facoltà legittima. Nel 1750, poi, quando le banchine furono rese impraticabili dal rialzato livello delle acque, si decise di consentire il transito sul culmine degli argini, così come avevano richiesto con pressante insistenza le comunità delle Cancellerie di Vico, Lari, Peccioli e la cancelleria pisana delle Cortine, oltre che la popolazione del Marchesato di Ponsacco.

La necessità per tutto il comprensorio di costruire una strada da Livorno a Vicarello divenne in tal modo talmente evidente, che Pietro Leopoldo si decise a far costruire, sul tracciato della vecchie strada detta di Scardassi, una via nuova, che permettesse rapidi collegamenti invernali tra Livorno ed il Valdarno(48).

4 Un'area strutturale di intervento politico ed amministrativo

4.1 Il territorio e le bonifiche

La storiografia più recente ha gettato notevoli lumi sugli insediamenti umani e civili presenti nella zona del Valdarno fin da età molto antica(49). Ma è tuttavia innegabile che, come fu rilevato già prima di tali ricerche(50), la stessa mancanza di toponimi etruschi nelle immediate vicinanze di Pontedera e lungo il tratto terminale del corso d'Arno potrebbe forse già costituire un convincente indizio della scarsa propensione abitativa di quegli stessi luoghi durante l'antichità e, conseguentemente, della relativa modernità dei primi insediamenti urbani nella zona. E l'osservazione non è di mèra erudizione antiquaria, giacché la differente conformazione geologica del suolo incide la realtà delle strutture della proprietà agraria dando luogo, per la Valdera e la pianura di Pontedera attigua all'Arno, a tipi differenziati di possesso fondiario : nelle zone argillose l'economia dell'agricoltura è tendenzialmente orientata verso colture e proprietà di vaste estensioni, con appoderamento a larghe maglie, a vocazione essenzialmente cerealicola ; nelle zone tufacee, invece, l'insediamento è più frazionato, i poderi sono più piccoli, i paesi e le abitazioni sono più sparsi(51).

Mentre in questo secondo reparto - che è poi quello posto vicino all'unghia delle colline - gli insediamenti urbani sono piuttosto antichi, nel rimanente della pianura essi sono relativamente recenti, ed il loro sviluppo si caratterizza per l'aggregazione di ampie fasce di territorio che, appoderate molto tardi, si raccolgono attorno ai centri abitati. La stessa conformazione del terreno, quindi, pare influenzare nettamente la vocazione "cittadina" di questi giovani centri, la cui nascente importanza fa immediatamente gravitare attorno ad essi larghe fette di contado disabitate o coltivate con criteri di cultura di grande estensione(52).

Tra il Cinque ed il Seicento il quadro della pianura è caratterizzato ancóra da una bassa densità di popolazione, dovuta alle paludi che infestano la zona, come indicano in maniera piuttosto chiara le stesse carte geografiche dell'epoca.

La carta del Magini(53), ad esempio, mette in evidenza il progressivo diradarsi di centri abitati del piano da Pontedera fino a Pisa, rivelando al tempo stesso la fitta trama degli insediamenti collinari, ove si notano toponimi oggi del tutto desueti, e la presenza di grandi zone paludose, poste a nord di Livorno e nei pressi di Bientina e di Fucecchio.

Con maggior dettaglio di particolari, la carta del Meyer(54) ci informa sulla situazione della zona tra Pisa e Livorno, che sarà di grande importanza nell'accogliere i traffici provenienti da Firenze e dal Valdarno e diretti alla volta di Livorno. Sarà in questa zona, come s'è visto poco sopra, che si verificherà il fenomeno di quei barrocciai del Valdarno, i quali letteralmente si inventeranno una via di scorrimento al mare lungo la Tora : in quest'epoca tale via è completamente impaludata, come chiaramente si nota nella carta citata, mentre comincia a disegnarsi il fitto reticolo di canali di bonifica della maremma pisana, i quali si dipartono dalla zona di Ponsacco e Capannoli per giungere fino al mare.

La carta settecentesca del Piazzini(55), inoltre, ci informa ex post dell'antica paludosità della zona di Calci, sulla ripa destra dell'Arno, mettendo in evidenza le bonifiche ivi svolte, con canali che arrivano fino alla Valdiserchio.

È dunque questa situazione dei luoghi, come si è già notato, che favorisce la concentrazione degli insediamenti e crea i presupposti per quel particolare tipo di economia urbana che è basata su forti squilibri settoriali e sullo sfruttamento cittadino e signorile della campagna. Ancóra nel Settecento, a détta di una anonima relazione sul piano di Pisa che Mario Mirri attribuisce alla mano di Stefano Bertolini(56), tutta la pianura pisana corrisponde a tale logica, essendo ricca di contrasti violenti : campagne ricche e monti boscosi stanno accanto a zone spopolate ed a monti sassosi e scabri, gente cólta e preparata abita accanto a persone ignoranti e violente.

Il progredire delle bonifiche e l'evoluzione dell'agricoltura tende però a riequilibrare il quadro :

" la causa principale di qualche maggior popolazione della campagna - nota infatti il Bertolini - è stata il prosciugamento di paduli in alcuni luoghi di aria pestifera, come viene indicato dal loro nome uno chiamandosi Malaventre, l'altro Bara "(57) ;

in virtù di queste bonifiche(58) si provoca quindi un aumento della popolazione nei paesi del piano attigui al corso dell'Arno, e

" dalla Porta fiorentina di Pisa fino a Cascina si fa un gran fabbricare di nuovo, segno di maggior popolazione in quella parte di campagna. Infatti, un ministro di Firenze - osserva ancóra il Bertolini - mi ha detto che la dogana incassa in oggi di diritti di fornaci assai più che non riscuoteva prima "(59).

Larghi mutamenti si verificavano, in particolare, nel territorio attiguo a Pontedera, tra Calcinaia e Vico : le colmate d'Arno di quella zona dànno un fortissimo impulso alla produzione agraria, acquistando terreno fertile e ricco alla fattoria granducale di Vico(60).

Anche in tale settore, l'osservazione di una carta topografica attuale(61) mette in evidenza un particolare atteggiarsi del paesaggio agrario, già osservato dal Sereni(62) per la Valdichiana : i campi si dispongono lungo le linee delle bonifiche e ripetono la storia del territorio. Sopra il paese di Calcinaia, i confini campestri, un tempo rinchiusi nell'ansa che vi formava il vecchio percorso dell'Arno, mantengono l'antico allineamento trasversale da sud ovest a nord est, mentre quelli delineati dal vecchio corso del fiume si allungano parallelamente alle antiche ripe d'Arno in maniera regolare e simmetrica(63). Il rigido reticolato disegnato dalle vigne, ricomprese nella valletta a settentrione di Montecchio e nel puntone posto lungo l'Arno entro i tre vertici di Calcinaia, Pontedera e la scogliera della bufala (ove attualmente si trova il Ponte alla Navetta), documenta poi le più recenti bonifiche di quel posto, testimoniando anche, a distanza di tempo, la solida ricchezza della Grancia di Montecchio, che coltivava quei luoghi migliorandone la condizione e la sistemazione idrica(64).

La zona di Calcinaia, cionondimeno, continua ad essere sottoposta per tutto il Settecento a frequenti alluvioni : le bonifiche e le colmate(65) lungo l'Arno non possono essere sufficienti a prevenire tale fenomeno, dato che il padule di Bientina, durante l'inverno, straripa assai di frequente, colpendo i campi settentrionali del territorio di Calcinaia(66)

Ne deriva un assetto della proprietà e dell'economia piuttosto fragile, esposto agli incerti della stagione e strutturalmente debole : come ci attesta la serie di firme apposte dai proprietari di Calcinaia ad una supplica da essi avanzata contro la Comunità di Pontedera nel 1794(67), in un territorio molto ristretto convivono numerosi proprietari, che coltivano evidentemente dei piccoli possessi ad uso familiare ; i quali, come testimonia l'alta percentuale di analfabetismo da loro documentata in tale occasione(68), non sono ancóra né socialmente evoluti, né economicamente autonomi.

Da ciò consegue l'estrema vulnerabilità, in tempo di crisi economica, o per le avverse congiunture meteorologiche, di tutta l'economia locale, con il conseguente preminente rilievo di quelle aziende "madri" che, come la Grancia della certosa di Calci esistente in Montecchio, si assumono funzioni politiche di guida e di assistenza nei confronti degli abitanti del luogo.

4.2 Una sostanziale omologia tra natura del suolo, conformazione idrografica e forme della pratica giuridica : l'Arno amalgama ed organizza omogenei interessi amministrativi

Esiste, quindi, una corrispondenza stretta tra la natura del suolo, i rapporti economici e le forme giuridiche e contrattuali che si instaurano nella zona. È d'altronde un fenomeno a suo tempo già intuito dall'Anzilotti(69), e poi descritto analiticamente dagli studi in particolare di Paolo Malanima(70) : in un ambiente in cui un tempo aveva predominato l'affitto e la conduzione diretta(71), si accentua l'incremento demografico(72) ed insieme cresce nel tempo la concentrazione fondiaria in mani soprattutto fiorentine, che rastrella i piccoli possessi, creando grandi aziende agricole, e diffonde sempre più l'adozione del contratto mezzadrile(73).

Così, il quadro di un'agricoltura posta a continuo cimento dalla presenza e dall'invadenza fluviale si coniuga ben presto e sempre più all'instaurarsi di grandi concentrazioni proprietarie, la cui grande estensione è anche espressione dell'esigenza di stabilire un controllo superiore e coordinato del sistema idrologico e territoriale.

I piccoli possessi sopravvivono malamente ai molti impegni e disagi di gestione culturale e di carico economico che la natura del suolo costantemente impone. Ne è prova sia l'alto livello di impoverimento e di indebitamento nei confronti dei grandi proprietari documentato nei piccoli proprietari fondiari del Contado Pisano(74), sia il ruolo di carattere assitenziale non di rado svolto dalle grandi aziende agrarie nei confronti delle popolazioni locali(75).

È su questo tessuto sociale e proprietario che si innesta poi il disegno riformatore leopoldino, rivolto per un verso, secondo le istanze del Gianni(76), a ridimensionare il ruolo della proprietà signorile esistente nel piano e, per l'altro, a creare un ceto di piccoli proprietari terrieri.

Nonostante, però, il discutibile esito delle riforme livellari leopoldine(77), si nota che tutto il piano, che da Pontedera va fino a Pisa, attraversa un periodo di notevole sviluppo economico, anche con riferimento all'agricoltura, ove si riesce a realizzare una struttura produttiva dalle rese molto alte : il Targioni ricorda di aver infatti attraversato la pianura dell'Era

" molto fertile, poiché le raccolte mediocri che in essa dannosi sono a grano 6 per uno e a saggina 20 per uno "(78).

5 L'Arno : una presenza problematica nel territorio

L'Arno, fonte di ricchezza per il commercio, è nondimeno una presenza problematica, nel quadro complessivo del territorio rivierasco : esso impone infatti un particolare regime giuridico ai fondi posti presso gli argini, determina le privative dei passi di nave lungo il suo corso ed al contempo colpisce periodicamente l'economia locale con rovinose inondazioni.

È proprio attorno all'organizzazione dei corsi d'acqua di tutto il piano pisano e pontederese, che inizia a manifestarsi sin dai primordi dell'età moderna l'esigenza di strutture amministrative di carattere statale o, comunque, sovraterritoriale e non particolaristico, le quali siano capaci di intervenire nel riassetto del territorio e nella regimazione e nel controllo delle acque(79).

Non è un caso che, non appena viene affermato il Dominato mediceo - proprio mentre alcuni borghi del piano pisano instaurano degli impegnativi processi di ristrutturazione urbana, che nel tempo ridisegnano il complessivo orientamento dell'assetto urbano di quei complessi urbani(80)-, prenda avvio anche un imponente processo di intervento modificativo dello stato dei luoghi e del corso dell'Arno, di cui sarebbe restata nel corso addirittura dei secoli una lunghissima memoria nella stesa tradizione orale dei contadini dei poderi siti lungo il corso dell'Arno.

Nel 1556, per iniziativa di Cosimo I, si inizia infatti un'opera di bonifica del corso dell'Arno nei pressi di Pontedera e Calcinaia (81): al termine di tali lavori, di lì a vent'anni, l'aspetto del territorio è completamente mutato. Calcinaia, un tempo posta a sud dell'Arno, secondo il nuovo corso del fiume, indirizzato mediante tagli e colmate, viene a trovarsi a nord dello stesso e rimane separata da Pontedera dal nuovo letto(82).

Dell'antico corso dell'Arno restano numerose testimonianze, anche cartografiche : si pensi alla carta del piano di Pisa disegnata da Leonardo da Vinci(83), alla carta lucchese a suo tempo pubblicata dal Caciagli(84), alla stessa diffusissima carta del Magini(85). Al punto che perfino certe carte settecentesche, come quella dello Zendrini(86), paiono delineare il percorso più antico dell'Arno, senza tenere conto delle sue modificazioni cinquecentesche(87).

5.1 L'Arno e le esigenze di un'amministrazione generale del territorio. Documenti della prassi giurisprudenziale

L'intera zona è dunque il risultato di un lento assestamento secolare, dovuto all'intervento dell'uomo : essa comincia la propria modificazione nel Cinquecento per concluderla alle soglie dell'età contemporanea, con la bonifica del Padule di Bientina e lo scavo della botte sotto Arno, che permette il deflusso al mare del canale emissario della bonifica bientinese(88).

Di tale trasformazione è restata traccia nei documenti della giurisdizione, grazie ad una significativa decisione rotale, intervenuta a riforma di una sentenza del Vicario di Pontedera(89).

La fattispecie concreta di cui si occupava la decisione rotale era costituita dall'antico privilegio, concesso agli abitanti di Calcinaia fin dall'epoca del taglio d'Arno, del traghetto gratuito sul passo della nave tra il paese e Pontedera(90).

Colpisce in particolare della decisione rotale l'indole della soluzione adottata per il quid iuris su cui verte il giudizio : il privilegio in questione è da considerarsi esteso a tutti gli abitanti del comune di Calcinaia, o deve invece considerarsi ristretto ai soli residenti entro la cinta del paese ? Si può infatti dire che tale questione compendi nel suo thema decidendum alcuni motivi caratteristici della società di Antico Regime : i privilegi, i monopoli, la differenziazione degli status soggettivi e personali in corrispondenza delle diverse qualità giuridiche del territorio(91). Son temi che, d'altronde, si sono già incontrati altrove, come centrali nella definizione di alcuni scontri sociali, che le riforme di Pietro Leopoldo avevano fatto insorgere avanti le Magistrature granducali(92).

Il Vicario di Pontedera, nella sua sentenza, aveva negato ai membri della comunità di Calcinaia che non fossero residenti entro la cinta del paese il privilegio del passo della Nave. Aveva in pratica accettato ed implicitamente anzi ribadito l'antica distinzione tra residenti entro le mura e residenti nel contado, di sapore evidentemente medievale(93), attribuendo ai soli paesani 'di dentro' - e non già a tutti i comunisti - il diritto al passo gratuito della nave.

La logica della sentenza vicarile era stata poi quella che legava l'interpretazione di un privilegio soggettivo - nella specie quello dell'esenzione dal pagamento del passo della nave sull'Arno - al principio di una sua interpretazione restrittiva e tassativa, per cui esso doveva applicarsi soltanto a categorie nominate di soggetti, che risultassero espressamente indicate come destinatarie d'esso, né poteva ammettersene l'estensione ad altre affini ed analoghe(94).

La Rota florentina, invece, va oltre una simile interpretazione meramente 'corporativa' della intera vicenda processuale : al corpus degli originarii - che veniva normalmente e tradizionalmente individuato dalla dottrina statutaria(95) come titolare di un'autonoma e distinta posizione di rilevanza giuridica - essa contrappone il superiore complesso di tutti i soggetti individuati dal territorio della comunità di Calcinaia, disegnando in tal modo il profilo una transizione verso la tutela di interessi di natura squisitamente istituzionale.

Ed il filo dell'argomentazione seguìta dal giudice rotale è duplice, al tempo stesso esegetico e sistematico.

In punto d'esegesi dei documenti costitutivi del privilegio considerato, infatti, la decisione ribadisce espressamente che l'interpretazione d'esso non deve essere fondata "ex tempore, sed ex causa"(96) e s'appoggia in ciò non soltanto su un'altra decisione rotale(97), ma anche su un luogo particolarmente risoluto ed esplicito di Paolo(98), che la glossa(99) sul Digesto aveva poi ulteriormente ribadito e circostanziato d'argomenti esegetici.

Sotto il profilo sistematico, inoltre, la decisione rotale opera una significativa alterazione prospettica rispetto all'impianto argomentativo su cui poggiano tali luoghi testuali e la glossa stessa : infatti, mentre questi ultimi sono rigorosamente ancorati ad un'ottica applicativa e ad uno spazio ricostruttivo di natura privatistica - riferendosi essi esclusivamente alla materia de privilegiis creditorum(100) - la decisione rotale, invece, sposta improvvisamente tutta la materia della interpretazione causale del privilegio su un versante saldamente pubblicistico.

La causa cui deve riferirsi il giudice nell'interpretare il privilegio del passo della nave di Calcinaia è dunque una causa pubblica, ed i profili che si devono tutelare con tale operazione attengono all'interesse per l'appunto pubblico - cioè sono pertinenti alla collettività intesa come ente esponenziale non di singoli gruppi corporativi, ma dell'intera popolazione identificata dalla comune pertinenza territoriale e comunitativa.

La Rota fiorentina, in tal modo, smantella l'impianto probatorio di quelle parti di causa che puntavano sul principio di tassatività della prova dei privilegi, per documentare come consolidata nel tempo l'esclusività del privilegio a favore soltanto dei paesani di dentro(101).

Secondo il modo di vedere della Rota fiorentina, il diritto di passo gratuito è invece da applicarsi - come letteralmente recitano i decreti del Magistrato dei Surrogati allegati dalle parti interessate(102) - a tutti coloro che contribuiscono " con Testa e con Beni alle gravezze comunitative ".

Non è dunque più il privilegio di gruppo o corporativo a scandire la logica della situazione considerata, ma la rilevanza dell'interesse pubblico ed istituzionale(103) - quello che, per l'appunto, rileva e si tutela con l'esercizio da parte dell'istituzione pubblica del diritto di imposizione fiscale. Sono dunque ammessi al privilegio pubblico non i membri socialmente segregati e distinti di un singolo gruppo ma, al contrario, tutti coloro che sono sottoposti all'imposizione per l'appunto pubblica.

La Rota fornisce, a questo riguardo, anche un'applicazione piuttosto interessante della riforma tributaria leopoldina(104) : a détta dei Giudici fiorentini, infatti, i contadini sarebbero dunque ricompresi tra coloro che pagano le gravezze perché i beni che essi lavorano sono colpiti da imposizione fiscale e risultano " a norma dei moderni regolamenti ... [essere] stati collettati "(105).

Il meccanismo di individuazione territoriale - che in questo caso fa perno appunto sulla presenza del fiume per individuare con essa la causa giustificativa della costituzione del privilegio del passo della nave per gli 'abitanti di Calcinaia' - si attiva dunque anche in sede giurisdizionale, per selezionare e individuare un interesse come 'pubblico'(106), e fornirlo conseguentemente di tutela giuridica.

5.1.1 Il problema delle alluvioni ed il regime conseguente delle situazioni reali

Il problema delle alluvioni non si risolve soltanto nella questione del taglio d'Arno : tale opera ha notevolmente giovato all'economia locale, ma non ha certamente dato soluzione alla serie pressoché costante di inondazioni che spazza la piana pisana.

La situazione, è infatti piuttosto pesante. Se ci limitiamo al periodo del Settecento, la notizia delle inondazioni nella zona di Pontedera è dettagliata ed impressionante : nel 1740 la rottura dell'Arno sommerge Pontedera salvando Pisa(107) ; nel 1745 una nuova alluvione colpisce la zona :

" sono stato qualche giorno in Pontedera - relaziona in tale occasione il Provveditore dei Fossi Pecci - per vedere di far rimettere quella strada tutta sconquassata fino verso la Rotta, ma le piogge continue hanno impedito tutti i trasporti, molto più che il suolo è tale che le bestie non possono cavarne i piedi : ho lasciato però tutti gl'ordini necessari perché si faccia più speditamente che si può tale resarcimento, siccome gl'altri lavori dell'argini d'Era ed Arno ivi adiacenti "(108).

Un critico quadro della situazione determinatasi quell'anno è dallo stesso Pecci tracciato anche in altra relazione(109), quando egli mette in rilievo che

" il danno più considerabile è stato in Pontedera per il pregiudizio cagionato alle cantine e magazzini ed in quel pezzo di pianura che è situato fra l'Era e La Rotta, della quale ne resta anche gran parte sotto l'acqua ".

Dopo soli pochi anni dagli avvenimenti ora raccontati, nel 1758,

" entrato Arno nel territorio pisano nel comune di Pontedera formò una rottura e danneggiò il paese e tal male s'accrebbe per l'acque dell'Era e Sterza, che rovinarono ancóra il mulino di Ripabianca : alla destra seguirono due rotture nel comune di Calcinaia, di Bientina e Vico Pisano, ed un'altra piccola nel comune di S. Gio. alla Vena, dopo le quali il fiume Arno si contenne nel suo alveo sino al mare, restando salva la campagna e la Città di Pisa "(110).

Di un'altra alluvione si ha poi notizia nel 1805, quando vengono impegnati nei lavori di risarcimento della rotta d'Arno anche i forzati(111).

Al di là della storia dei danni ricorrenti all'economia ed al commercio, questa serie di informazioni sui disastri d'Arno, cui si dovrebbe aggiungere anche quella dei danni provocati dal padule di Bientina e dalla Serezza(112), offre una serie di dati e di elementi concreti di riflessione sulle conseguenze che la presenza dell'Arno e la sua rabbiosa capacità di rovina comportano sotto il profilo delle pratiche giuridiche.

Ad esempio, si consolida il principio secondo cui la proprietà, in certi casi ed in certi situazioni, crea degli obblighi.

Beninteso, non nascono concetti giuridici nuovi : ci si trova in presenza di normali servitù di diritto pubblico quale la servitù d'alzaia(113) o quella di mantenimento dei ponti sui fossi affluenti in Arno, o si vede istituzionalizzato l'obbligo di refezione degli argini da parte dei proprietari dei fondi attigui al fiume(114). Ma certo può essere utile - proprio anche al fine di ricostruire il complessivo profilo delle situazioni reali sul territorio d'Arno - seguire le vicende del " Trabocco d'Arno "(115), il canale scolmatore che veniva aperto nei pressi di Fornacette, allo scopo di far defluire le acque del fiume verso la maremma pisana e salvare la Città di Pisa.

Il Trabocco(116) era un enorme alveo vuoto, che si apriva sotto Fornacette, in cui venivano convogliate le acque in piena dell'Arno mediante il taglio degli Argini presso la Madonna dell'Acqua(117). Di esso resta oggi un lungo ponte di trentuno arcate, ridotto ad una serie di magazzini, sul quale transitavano i carri quando la ripa veniva rotta e l'acqua riempiva il canale.

Uno degli ultimi impieghi del trabocco risale al 1761, quando gli argini vengono tagliati per ordine del Provveditore dei Fossi Guazzesi ; dopo tale data, come ricorda anche il Repetti(118), la sede dell'alveo viene alienata ed appoderata, tanto che alla fine del Settecento il Mariti, nel suo noto odeporico, osserva che

" adesso non sarebbe neppur possibile di ricondurlo alla prima sua istituzione perché è alienato e ricolmato ... ed in luogo di esso si osservano delle belle coltivazioni che giornalmente vanno aumentando "(119).

La proprietà fondiaria, inserita in un contesto idrologico così complesso, sembra dunque reagire in maniera contraddittoria.

La nozione di essa assume connotazioni limitative della tradizionale estensione dei suoi poteri : servitù di diritto pubblico come quelle ricordate accennano ad un interesse superiore e collettivo, che vale come vincolo della medesima(120) ; gli uffici creati per sovrintendere al corso delle acque assumono una portata egemone rispetto alla risoluzione dei vari problemi amministrativi, in quanto, strutturalmente, sono i primi organismi supraterritoriali che servono una zona intesa come organica, coerente ed omogenea realtà territoriale(121).

Al tempo stesso, però, si manifesta un'opposta tendenza della proprietà fondiaria a divenire effettivamente tale : i privati, infatti, nel tempo erodono e fanno proprie porzioni di terreno per l'avanti destinate alla pubblica utilità ed al servizio idrologico, come è il caso del fosso del Trabocco, il cui alveo nel tempo viene in qualche modo - per usurpazione o per titolo legittimo - "allodializzato", e quindi sottratto alla condizione di pubblico servizio cui esso era stato in precedenza destinato

5.1.2 Alcuni documenti giurisdizionali su altri corsi d'acqua del bacino dell'Arno

Una interminabile lite si trascina per più di un secolo tra il comune di Lari e quello di Chianni riguardo al possesso di un pezzo di bosco situato lungo il fiume Fine(122), laddove esso segna, per un tratto del suo percorso, il confine tra i due territori comunali(123).

Il quid iuris della questione è piuttosto interessante, anche se esso poco o nulla ha a che vedere con l'attinenza " fluviale " della materia del contendere : il possesso ab immemorabili di un bene e l'esercizio fin dall'antico di un diritto di proprietà prevalgono nei confronti della più recente iscrizione nei pubblici libri d'estimo a favore di altro soggetto ? La Rota fiorentina risolve in senso affermativo, sostenendo che il possesso, iscritto successivamente ad altro provato come più antico, è da considerarsi clandestino e, perciò, può essere accordata contro di esso la manutenzione, sempre che, in concreto, non sia seguìto spoglio : la logica di questa decisione rotale è per intero caratterizzata dalla mentalità d'Antico Regime, che attribuisce piuttosto valore alla tradizione ed alla pubblica fama, che non all'efficacia costitutiva delle iscrizioni nei pubblici registri.

5.1.3 I lavori ai fossi ed il sistema creditizio

Ai carichi che la manutenzione dei canali di scolo impone ai singoli proprietari fa diretto riferimento la Rubrica 23 degli statuti pontederesi del 1529(124) : essa prevede che, all'aprile di ogni anno, il Podestà faccia un bando per obbligare i singoli proprietari alla manutenzione dei fossi dei loro campi ; la riforma del 1535 sposterà poi tale termine a settembre, essendo a maggio i fossi ancóra pieni ed i lavori impossibili(125).

Fin dagli inizi della storia moderna, quindi, il problema della conservazione e bonifica del territorio del piano pisano appare strettamente legato alla vita civile dei borghi e delle comunità che vivono sul bordo d'Arno : si tratta di una voce dell'ingente bilancio di interventi di trasformazione del territorio, che si rende necessario per sostenere, con un costante miglioramento ambientale, la fortuna commerciale dei paesi rivieraschi.

Non fa meraviglia, perciò, che - ad esempio, in Pontedera - una larga quota di proventi fiscali, la cui percezione ed amministrazione è stata a suo tempo demandata dal sovrano direttamente alle cure ed alla responsabilità politica del Magistrato comunitativo del borgo(126), sia in larga misura impiegata per i lavori ai fossi. Gli impegni relativi in Pontedera - ove è possibile ancóra oggi una verifica contabile - sono, ad esempio, assai ingenti(127), dell'ordine delle migliaia di lire(128), e documentano, per quel poco di contabilità che ci è pervenuta, una serie di interventi di scavo e di arginatura di notevole importanza : in cinque anni, dal 1741 al 1746, si spendono lire 9146. 9. 2(129).

Tali lavori, che sono normalmente a carico dei singoli proprietari rivieraschi, dànno luogo al verificarsi di un meccanismo finanziario di carattere quasi mutualistico : i proprietari, che debbono affrontare ingenti spese per la manutenzione dei fossi, prendono ad interesse il denaro dalle casse del c.d. "provento del pan tondo"(130), che sono tenute dall'Uffizio dei Fiumi e Fossi ; poi, con il pagamento degli interessi relativi al mutuo così contratto, rifinanziano la cassa stessa, e si garantiscono così in permanenza l'accesso ad una cospicua fonte creditizia(131). Per ridurre i costi dei lavori si ricorre poi, molto spesso, come già si è ricordato in precedenza, alla manodopera dei forzati(132).

Nonostante l'opera continua di manutenzione dei fossi ed il costante intervento umano nel quadro dell'ambiente locale, però, la "salubrità dell'aria" - come si usa dire dagli scrittori dell'epoca - non migliora sensibilmente, né la vivibilità dei luoghi pare delle migliori, lungo i borghi del piano. Al punto che, ancóra nel 1826, per ovviare a ciò, uno dei vicari di quel territorio - il Vicario Barbacciani di Pontedera - si farà portavoce della voce degli esperti, e proporrà un intervento radicale di bonifica dell'alveo dei fossi, proponendo di

" inciottolare l'alveo dei fossi per dargli l'opportuno declive onde facilitarne lo scolo, e circondarli di muro di volta laddove l'opportunità lo richiede all'oggetto d'impedirvi il getto di materie putride "(133).

6 L'integrazione del territorio fluviale : i monti, le colline e la normazione sui boschi nel basso bacino d'Arno. Giusdicenti ed amministratori scoprono la realtà dell'ambiente

E la consapevolezza della complessità delle relazioni d'efficacia cui è capace di pervenire l'intero sistema fluviale si trasforma progressivamente - non solo negli scrittori specialistici, ma anche tra quelli della pratica professionale ed amministrativa - in una superiore considerazione dell'equilibrio ambientale, inteso come prodotto non solo di un mero dato geografico, ma soprattutto delle operazioni e delle attività economiche che l'uomo intraprende sul territorio.

Vediamo, ad esempio, un problema a prima vista strettamente locale come quello dei boschi, che nel tempo si caratterizza invece sempre più, nella considerazione degli amministratori granducali, come legato a valori ambientali e ad interessi collettivi qualificati dalla comune pertinenza territoriale e fluviale.

All'inizio, per la verità, il tema pare competenza esclusiva della normativa municipale. Il testo degli statuti di Ponsacco e Pontedera documenta e conserva nelle proprie previsioni dispositive la memoria di grandi estensioni boschive distese nei dintorni dei due paesi. Lo statuto pontederese del 1529(134) proibisce il taglio di boschi, alberete e saliceti : pare anzi quasi di poter intuire in tale norma la coesistenza sul territorio attorno a quei borghi di tre diversi tipi di sfruttamento del suolo : accanto alle zone boschive, disposte probabilmente nel reparto collinare di Monte Castello e Camugliano, lo statuto menziona anche la presenza di saliceti, segno evidente della connessa presenza di vigne, e fa anche riferimento ad alberete, designando, forse, quelle " alberate " che ebbero grande sviluppo nel Sei-Settecento in tutta l'Italia centrale come forma di cultura contemporaneamente arbustiva ed arborea, a carattere intensivo(135).

Un'ulteriore specificazione del paesaggio agrario viene fornita, poi, dallo statuto rurale di Ponsacco del 1526(136) : il paese è circondato da boschi di castagni, querce, cerri e farnie, di cui si vieta il taglio.

Si può senz'altro ipotizzare, anche in base alle notizie in nostro possesso di successivi diboscamenti, che la sede più estesa di tali boschi fosse la zona collinare di Camugliano, ove sorgeva il castello divenuto poi sontuosa abitazione del feudatario : alcuni toponimi e nomi di podere e di pievi(137) dànno d'altronde conferma convincente di tale ipotesi.

Ma tale realtà ambientale è destinata a subire nel tempo, nonostante i divieti statutari, un'inesorabile modificazione(138) : nel Settecento si fanno cadere, assieme ai divieti di taglio un tempo contenuti delle normative in vigore nella zona, anche larghi settori del manto boschivo che ricopre la zona, e si dà luogo ad un progressivo allargamento delle colture.

La relazione sul piano pisano attribuita da Mirri alla penna di Stefano Bertolini ci informa dettagliatamente del fatto che, appunto alla fine del Settecento, la provincia pisana esporta verso Genova legname da costruzione, da ardere o ridotto a carbone(139) : se si pensa che i boschi dei monti pisani sono in tale epoca ancóra interdetti al taglio(140), risulta chiaro che la provenienza di tale legname è collinare, e che l'avviamento al commercio del legname tagliato avviene a mezzo di trasporto fluviale.

Fino a tale epoca i monti pisani sono ricoperti di pini, riguardo ai quali - come è d'altronde ben noto - si verifica una singolare figura giuridica : essi, infatti, anche se piantati in terreno altrui, sono considerati tuttavia di proprietà dell'Uffizio dei Fiumi e Fossi di Pisa. Nonostante tale privativa, numerosi sono nondimeno coloro che tagliano abusivamente, ed i processi "accesi" per tal fatto provocano la rovina di intere famiglie di campagnoli(141).

Nel 1768 il disagio provocato dalla proprietà dell'Uffizio dei Fiumi e Fossi di Pisa emerge piuttosto chiaramente dai risultati della grande inchiesta economica promossa da Pietro Leopoldo : i proprietari delle pendici dei Monti pisani chiedono di poter diboscare ampie estensioni di terreno e di veder ridotte, anche se non estinte, la posizione di privilegio dell'Uffizio dei Fiumi e Fossi(142).

Già nel 1742 il Targioni nota che in Camugliano e nei suoi dintorni sono stati distrutti grandi appezzamenti di bosco, per estendere le colture(143).

La liberalizzazione pressoché totale del taglio dei boschi interviene con un Motuproprio leopoldino del 1776, che motiva la rimozione quasi generali degli antichi divieti nella convinzione che

" la conservazione delle boscaglie interessa principalmente i possessori, e che le leggi proibitive del taglio di diverse specie di piante, pubblicate in varj tempi dai Magistrati e Tribunali con approvazione dei ... Reali Predecessori, ledono i diritti delle proprietà, ed espongono i possessori a frequenti vessazioni e processi, non per altro motivo, che per quello d'avere omesso di chiedere una licenza, che non gli sarebbe stata negata "(144).

Restano in piedi limitazioni per il taglio soltanto in certe zone determinate e con scopi particolari(145), tra le quali anche il territorio dei Monti pisani, con la privativa a favore dell'Uffizio dei Fiumi e Fossi(146), che poi cadranno con un successivo Motuproprio del 1780(147).

Ciò dà l'avvio ad un processo ancóra più intenso di diboscamento, tanto che, di lì a poco, il Mariti rileva che sono rimasti ormai, in tutte le colline pisane, pochi boschi " sereni ", cioè spontanei e non destinati al taglio, e che il fenomeno delle allivellazioni ha contribuito non poco ad incentivare la scomparsa di larghe fasce boschive : l'autore si pone addirittura, data la scomparsa delle macchie vicine ai paesi(148), il problema di un potenziamento dei collegamenti viari con le zone più interne, al fine di poter consentire l'accesso del mercato ai boschi più distanti(149).

Su tali problemi si accende frattanto un dibattito estremamente vivace ed aperto, come documentato a suo tempo da una ricerca di Bruno Vecchio(150), e la produzione letteraria in materia è nutrita, agguerrita ed estesa a tutta Italia.

Nel basso bacino d'Arno si verificano allora fatti che dànno da pensare e costituiscono validi argomenti, in tale dibattito, contro i diboscamenti indiscriminati : il progressivo interramento dei fiumi compromette l'abitabilità dei piani terreni nelle case dei borghi e mette a repentaglio l'incolumità di paesi come Pontedera in occasione delle piene ; la stessa imbevibilità dell'acqua dei pozzi di quei borghi viene fatta risalire al rialzamento dei letti d'Arno e d'Era(151) ; la piena del torrente Zambra nel 1778 provoca rovinose frane in tutta la zona calcesana e nel bacino imbrifero dei Monti Pisani(152).

Tra le posizioni estreme del Targioni(153) e del Fabbroni(154), l'uno intransigente vincolista, l'altro acceso liberista, può essere forse interessante citare una memoria manoscritta di Luigi Andreucci(155) (non vista a suo tempo dal Vecchio(156)) ove, trattando del problema di come utilizzare i mendicanti a vantaggio dell'agricoltura, l'autore afferma di aver

" ... sempre creduto che sieno sogni o effetti d'ignoranza, quelli per mezzo de' quali sono stati dedotti dallo sboscamento delle selve montagnarde i mali e sconcerti delle meteore toscane ... ".

Ma tale chiusura nei confronti di posizioni pregiudizialmente contrarie al diboscamento non lo condiziona ad un liberismo assoluto : egli, al contrario, con oculata avvedutezza, auspica un organico intervento riformatore il quale, pur consentendo la privatizzazione delle foreste pubbliche e comunali, non attribuisca ai nuovi proprietari poteri assoluti sui terreni così acquistati.

La materia, a détta dell'Andreucci, deve essere regolamentata da provvedimenti normativi che dosino i poteri dei proprietari boschivi, in stretta compatibilità con le esigenze idrologiche del luogo o dello specifico terreno. Se ciò non sarà fatto, avverte ancóra l'autore, il territorio toscano sarà abbandonato " al positivo devastamento " nella sua più completa interezza.

Il problema è quello di dar luogo ad un intervento sul territorio non indiscriminato, che tenga presente la propria essenziale funzione di incentivo nei confronti del commercio, dell'agricoltura e dell'incremento demografico. Gli interventi modificativi del territorio debbono essere realizzati all'interno di un concreto e dettagliato disegno politico, il quale abbia fin dall'inizio individuato i fini ed i risultati finali del divisato intervento di ristrutturazione territoriale(157).

Moltissimi diboscamenti avvengono poi attraverso allivellazioni e si scontrano, al momento della privatizzazione di certi appezzamenti, con la realtà degli usi collettivi e demaniali, che a lungo ha costituito una risorsa di entrate magre ma vitali per i ceti più poveri di paesani e cittadini. Nel 1778, durante il diboscamento della zona di Ponsacco, la comunità di quel paese chiede che si cessino le allivellazioni di quei boschi, donde traggono sussistenza i miserabili del paese : tre anni avanti, nel 1775, sono addirittura scoppiati tumulti in paese perché alcuni ponsacchini sono stati multati per aver fatto legna e tagli arbitrari nei boschi di Perignano(158).

Oltre a ciò, si diffonde una generale coscienza critica, nella popolazione e nei pratici, nei confronti delle conseguenze di grande rilievo degli interventi modificativi della realtà territoriale : come si è visto, infatti, di esse si trova traccia anche in certe relazioni dei rettori territoriali.

Ed è anzi interessante e singolare poter ora constatare come quella particolare sensibilità, che un tempo era stata peculiare dotazione professionale di ingegneri e idraulici della tempra di uno Ximenes e di un Ferroni, ora sia transitata infine ad informare di sé anche la fascia non più esclusivamente tecnica di quei pratici d'apparato, che esercitano la giustizia e sovrintendono alle pratiche governative e politiche del contado.

Il Vicario Barbacciani, ad esempio, in una sua relazione del 1826 sull'economia del Vicariato di Pontedera, è testimone abbastanza credibile di come in tale epoca si sia pervenuti ad un modo molto maturo di considerare l'intera materia : in lui è infatti viva la consapevolezza che l'intero comparto del Valdarno pisano è inserito e coordinato in un complessivo ordine territoriale, al cui interno il clima, il tipo delle coltivazioni e la dotazione silvicola dei monti sono soltanto elementi parziali di un superiore sistema integrato di interrelazioni ambientali. Ed appunto di tale sistema l'amministratore non può non essere conscio e non può non sentirsi responsabile nella sua attività di governo(159).

È il documento di come - anche in seno alla classe dei funzionari dell'amministrazione granducale, tra giudici di provincia e giuristi d'apparato - si era ormai raggiunta una matura consapevolezza delle complesse integrazioni d'efficacia che sulle rive dell'Arno, all'incrocio delle attività e degli interessi che erano suscitati ed alimentati dalla presenza del fiume, si organizzavano nel quadro del sistema ambiente.

Mario MONTORZI

Note Bibliografiche

Alcune persone mi hanno facilitato ed aiutato nell'effettuazione di alcuni controlli bibliografici che, per miei personali problemi, mi sarebbe altrimenti stato molto gravoso effettuare di persona ; penso in particolare al Prof. Danilo BARSANTI della Facoltà di Scienze Politiche di Pisa, al Dr. Emilio MICHELUCCI, Direttore della Biblioteca Universitaria di Pisa, ed al Dr. Andrea LANDI ed al Dr. Marco GERI dell'Istituto di Diritto Romano e Storia del Diritto della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pisa. Vorrei qui ringraziarli con sincera riconoscenza M.M.

ABBREVIAZIONI SEGUITE NEL TESTO

APPtd Archivio della Pretura di Pontedera

ASFi Archivio di Stato di Firenze

ASLu Archivio di Stato di Lucca

ASPi Archivio di Stato di Pisa

BRFi Biblioteca Riccardiana, Firenze

Le carte della Pretura di Pontedera - oggi versate all'Archivio di Stato di Pisa ed escluse dalla consultazione - sono state consultate quando esse ancóra erano conservate presso la loro sede naturale, prive affatto di inventario e di segnature moderne: ulteriori controlli e verifiche, anche se necessari, non sono stati purtroppo possibili.

(1) Una documentata e rigorosa sintesi sul punto della sorveglianza sui fiumi in territorio fiorentino e toscano è ora rinvenibile in G. CASCIO PRATILLI, Glossario della legislazione medicea sull'ambiente, Firenze 1993, 262-8 ; nonché G. CASCIO PRATILLI - L. ZANGHERI, La legislazione medicea sull'ambiente, vol. I-III, I bandi (1485-1737), Firenze, IDG del CNR, 1994-5 ; un'esposizione sintetica dei risultati di tale complesso di ricerche in G. CASCIO PRATILLI, Un esempio storico di legislazione sulla tutela dell'ambiente, in CNR, AREA DELLA RICERCA DI FIRENZE, Notizie dell'area della ricerca, Marzo 1995, 4/1, 14-5.

(2) CASCIO PRATILLI, Glossario, 445-52 ; cospicua e dettagliatissima la rassegna fornita in materia da CASCIO PRATILLI - ZANGHERI, La legislazione, III, 40-9.

(3) CASCIO PRATILLI, Glossario, 400.

(4) CASCIO PRATILLI, Glossario, 467-8 ; CASCIO PRATILLI - ZANGHERI, La legislazione, III, 69-71, regesta un cospicuo campione cronologico di bandi in materia. Sull'argomento si ha notizia anche di una tesi di laurea discussa nella Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze da Lucia BRACCI e Giancarlo PEDRESCHI, con il titolo I ponti sull'Arno dal Falterona al mare : analisi e catalogo dei ponti e degli attraversamenti dal medioevo a oggi, relatore il Prof. Francesco GUERRIERI.

(5) CASCIO PRATILLI, Glossario, 55-6 ; CASCIO PRATILLI - ZANGHERI, La legislazione, 56-9.

(6) A partire dalla Pratica universale del Dottor Marc'Antonio Savelli Auditore della Rota Criminale di Firenze, compendiosamente estratta per alfabetto dalle principali leggi, bandi, Statuti ordini e consuetudini ... che si osservano nelli Stati del Serenissimo Granduca di Toscana ..., in Venezia 1715 (ad esempio ai §§ "Fiumi. Fossi" ; "Pesca, o pescare, e pesce"), per arrivare poi al Memoriale alfabetico ragionato della legislazione toscana, Firenze 1829 (cfr. alle voci Arno, Fiumi, Pesca in particolare), ed infine al Repertorio del diritto patrio toscano, (Livorno 1832-5, alle voci "Fiumi Torrenti e Rii" ; "Pesca").

(7) Con cui si è intitolata la documentatissima e rigorosa ricostruzione di Danilo BARSANTI e Leonardo ROMBAI, La guerra delle acque in Toscana : storia delle bonifiche dai Medici alla riforma agraria, Firenze 1986.

(8) Penso in particolare all'intensa e proficua attività di scavo che è stata svolta con le ricerche di Danilo BARSANTI già con la pubblicazione dei Documenti geocartografici nelle biblioteche e negli archivi privati e pubblici della Toscana, I, Le piante dell'Ufficio dei Fiumi e Fossi di Pisa, Firenze 1987, 126-58 ; ed è stata poi continuata con la edizione (insieme a L. ROMBAI) del Discorso storico della mia vita naturale e civile dal 1745 al 1825 di Pietro FERRONI (Firenze 1994) e del volume su Leonardo Ximenes : uno scienziato nella Toscana lorenese del Settecento (ancóra per le cure di Danilo BARSANTI e Leonardo ROMBAI, Firenze 1987), e del catalogo (sempre a cura di Danilo BARSANTI) del Fondo cartografico dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze, Firenze 1992 ; cui si ricollega la più recente raccolta di studi su Scienziati idraulici e territorialisti nella Toscana dei Medici e dei Lorena, ancóra a cura di Danilo BARSANTI e Leonardo ROMBAI, Firenze 1994.

(9) Sul punto specifico del valore del territorium nella dottrina e nel sistema del Diritto Comune mi si consenta qui di rinviare a quanto da me già sostenuto in MONTORZI, Il notaio di Tribunale come pubblico funzionario (Un primo quadro di problemi, e qualche spunto analitico), già in "Rivista del Notariato", XXXVII (1983), 1090-1128 ; poi in Il notariato nella civiltà toscana, atti di un convegno (Maggio 1981), Roma 1985, 5-59, 99 ss. in particolare.

(10) Si potrebbe quasi dire che rileva in questo senso l'elemento qualificante del bonum commune, inteso come interesse concreto di un gruppo o di una corporazione determinata. Un tratto che a suo tempo era stato già sottolineato da Egidio COLONNA, quando egli, citando ARISTOTELE (Arist., I. ° Ethic., 1252a), aveva al riguardo enunziato il principio per cui ogni ente corporativo si aggrega attorno ad un concreto bonum, giacché "omnis communitas fit gratia alicuius boni" [Egidio COLONNA, De regimine principum libri III, III.ae partis liber III, cap. 1, Romae 1607 (rist. an. Aalen 1967), pag. 401].

(11) Son profili che si son toccati in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado Una vicenda di ricostruzione urbana e di instaurazione istituzionale tra territorio e giurisdizione (Secc. XVI-XVIII). Due indagini di Mario Montorzi e Luigi Giani, Pisa 1994, 138 ss.

(12) L'avvio di tale processo fu siglato, come è noto, dall'acquisizione del titolo granducale da parte della dinastia medicea : cfr. T. BRANCHI, Elementi del Diritto civile secondo l'ordine delle Istituzioni di Giustiniano con le variazioni indottevi dalle Leggi Toscane ..., Firenze 1852, 132 ss. ; F. DIAZ, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino, UTET, 1976, "Storia d'Italia diretta da G. GALASSO, 13/1", 188.

(13) Sul problema dell'unificazione della massa differenziata dei territori municipali in un unico territorio nazionale si veda Vieri BECAGLI, Un unico territorio gabellabile : la riforma doganale leopoldina, Firenze 1983 ; e, ora, L. MASCILLI MIGLIORINI, L'età delle riforme, in F. DIAZ-L.MASCILLI MIGLIORINI-C. MANGIO, Il Granducato di Toscana. I Lorena dalla Reggenza agli anni rivoluzionari,Torino, UTET, 1997, "Storia d'Italia diretta da G. GALASSO, 13/2", 329-38 ; ma mi si consenta anche un rinvio a MONTORZI, Modelli di proprietà in Toscana al tempo delle Riforme leopoldine. Premesse giuridiche di una strategia riformatrice ; in "La proprietà e le proprietà. Pontignano, 30 settembre 3 ottobre 1985, a cura di Ennio CORTESE", Milano 1988, pp.457-90, 459 ss. in particolare.

(14) Fin da età cinquecentesca il comparto del Valdarno pisano viene attrezzato di una marcata autonomia giurisdizionale e di una distinta peculiarità normativa, con l'istituzione di una giunta apposita sulle cose di Pisa e l'elaborazione di un corpus specifico di norme per la Città ed il suo Contado (il cd. Codice della Pisanella, ASFi, Archivio delle Riformagioni, 508 ; per cui cfr. Elena FASANO GUARINI, in Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici, Pisa 1980, 37-8 ; 55 ; MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 139-40 ; 165).

(15) ASFi, Acquisti e doni, 362, Relatione di tutto lo Stato del Gran Duca di Toscana - Nella quale si narrano molti belli particolari [anonima], del 1598, fo. 110.

(16) L. ROMBAI, Scienza idraulica e problemi della regimazione delle acque nella Toscana tardo-settecentesca, in " La politica della scienza: Toscana e stati italiani nel tardo Settecento : atti del Convegno di Firenze, 27-29 gennaio 1994 ", a cura di Giulio BARSANTI, Vieri BECAGLI, Renato PASTA, Firenze 1996, 184-6 in particolare. Significative le osservazioni ed il quadro complessivo che viene tracciato in una relazione ministeriale del matematico ed idraulico Pietro FERRONI - recentemente pubblicata da L. ROMBAI e D. BARSANTI-, per cui "una delle maggiori ricchezze del Gran Ducato consiste nella navigazione dell'Arno. Questo fiume può dirsi il tronco maestro del commercio dei sudditi, e per tal causa la valle dell'Arno superiore e inferiore vedesi la più popolata e la più ricca della Toscana. Le valli dei fiumi attirano sempre presso di sé in ogni luogo ed età il nervo della popolazione, specialmente allora che furono navigabili ed additarono quivi la via del commercio. Tutto tende a scender vers'Arno il frutto industriale del Gran Ducato ; e forse, chi sa, la valle di questo fiume maggiore deve congiungersi un giorno per mezzo di una linea traversa, che valichi la criniera dell'Appennino, con la Val di montone, ed unire i due mari Mediterraneo ed Adriatico". Giacché già a quel tempo l'Arno è "scarso di acque perenni e non sempre navigabile con profitto, lo scopo dell'economia dovrà essere quello d'agevolarne la navigazione o col richiamo di nuove acque tributarie, o colla surroga ai tronchi del fiume di più acconci canali, anziché l'altro di privarlo d'acqua" (da una serie di memorie del 1783, conservate in ASFi, Finanze, 781 ; cfr. Pietro FERRONI, Discorso storico, cit., 60 in particolare).

(17) Di un'antica navigabilità dell'Era restava forse memoria nella tradizione orale dei primi anni dell'Ottocento : ne parla infatti - senza fornire tuttavia ulteriori fonti - il pur documentato e normalmente attendibile Barbacciani, quando si sofferma ad esporre le risorse ittiche della zona (ASFi, Regia Consulta, 2738, Relazione del Vicario di Pontedera Ranieri Barbacciani, § Fiumi e fossi : " ... Il fiume Arno favorisce mirabilmente il commercio ..., mediante la sua navigazione e somministra agli abitanti una quantità di pesce di lucci, tinche, squisitissime anguille, barbi, lasche ed una quantità di cheppie e lattaje, pesce molto delicato, che incomincia periodicamente ai principj di primavera, e seguita fino ad estate inoltrata. Il fiume Era una volta navigabile per lungo tratto, oggidì è più torrente, che un fiume. Si attribuisce ai diboscamenti avvenuti il rialzamento e ripieno del suo alveo, nella stagione estiva è quasi secco "). Sulla figura del Barbacciani, intelligente ed erudito magistrato provinciale dell'età tardo-lorenese, vorrei qui rinviare alle notizie da me fornite in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 75, nt. 52

(18) MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, 140 e nt. 224.

(19) M. LUZZATI, Toscana senza mezzadria. Il caso pisano alla fine del Medioevo, in " Contadini e proprietari nella Toscana moderna. Atti del Convegno di studi in onore di Giorgio Giorgetti ", I, Dal Medioevo all'età moderna, Firenze 1979, 296, nt. 22. E, in particolare, E. FASANO GUARINI, Città soggette e contadi nel dominio fiorentino tra Quattro e Cinquecento: il Caso Pisano, in " Ricerche di Storia moderna ", I, Pisa 1976, 1 ss. Puntuali informazioni anche bibliografiche in BARSANTI, Documenti geocartografici, I, cit. 31.

(20) Cfr. il commento di Oscar TRUMPY, in G. C. MARTINI, Viaggio in Toscana (1725-1745), tr. it. a cura di O. TRUMPY, Massa-Modena 1969, 203, nt. 111. Cfr. anche C. SARDI, Vita lucchese nel Settecento, Lucca 1968, 27 ss.

(21) Per cui, cfr. V. DI BACCIO, Origini e sviluppo del Canale dei Navicelli, in " Rassegna del Comune di Pisa " 1968, nn. 2-3, 14-16 ; n. 4, 3-18 ; n. 5, 23-4 ; n. 6, 35-43 ; nn. 7-8, 26-41.

(22) G. C. MARTINI, Viaggio, 387 : " Le merci più pregiate, come le sete persiane e napoletane, lo zucchero, le spezie e simili, giungono a Lucca da Livorno via canale fino a Pisa, risalgono l'Arno per un tratto, entrano attraverso una chiusa nel grande lago di Bientina e ne escono per una altro canale, lungo circa 6 miglia, giungendo fino al così detto Porto di Formica, fuori di Porta S. Pietro a Lucca ".

(23) Cfr., ad esempio, ASFi, Segreteria di Finanze. Secc. XVII-XVIII, 552, Petizioni collettive, Parere favorevole in data 29 febbraio 1764 (anonimo) sulla richiesta di proroga avanzata dagli spedizionieri pisani in ordina ad una esenzione della Gabella per il passo di Firenze per i salumi trasportati nello Stato di Lucca per il percorso Livorno - fiume Arno - fosso della Serezza - lago di Bientina, già concessa il 9 ottobre 1751 e poi ripetutamente prorogata.

(24) SARDI, Vita lucchese, 30 ; su questo brano ha richiamato anche l'attenzione O. TRUMPY, in G. C. MARTINI, Viaggio,cit., 203, n. 111.

(25) Nella Locandiera (atto I, sc. 18), una delle attrici capitate nella locanda goldoniana, aspettando l'arrivo da Pisa dei colleghi, esclama : " Per oggi non possono arrivare a Firenze. Da Pisa a qui in navicello ci vogliono almeno tre giorni " ; ma il Goldoni confonde molto spesso i suoi ricordi toscani, o quanto meno li adatta senza troppi scrupoli alle esigenze di battuta e di copione : nelle Smanie per la villeggiatura (I, sc. 10), ad esempio, rischia di far partire Brigida, la servetta, da Livorno per Montenero in feluca.

(26) ASFi, Reggenza, 12, fo. 154r : minuta di lettera in data 5. XI. 1737, senza firma, ma con tutta probabilità del Richecourt.

(27) Si è già fatto cenno - sopra, alla nt. 25 - ai tempi lunghi che richiedevano i collegamenti fluviali : può anche essere di qualche interesse vedere quanto durassero i viaggi via terra.

Per la zona che a noi interessa, utili indicazioni sono desumibili dall'Odeporico di Giovanni MARITI . Il primo viaggio che egli fa per la piana di Pisa in direzione di Pontedera è descritto nella parte èdita del suo taccuino di appunti ([G. MARITI], Odeporico o sia itinerario per le colline pisane, Firenze 1797, II, 28) : egli narra di essere partito alle cinque e trenta del mattino da Livorno e di essere arrivato, passando per i ponti di Stagno e la strada del Fosso Chiaro (o Arnaccio), alle ore 10 a Fornacette, ove ha fatto tappa per il pranzo ; ripartito poi alle due e mezza pomeridiane per Bagno ad acqua (oggi Casciana terme), egli vi è arrivato alle 5,30, dopo esser passato per Gello, Ponsacco ed il piano sotto Cevoli, senza toccare Pontedera .

In altri luoghi ancóra inediti del suo Odeporico (cfr. BRFi, mss. 3511, fo. 1-27v ; 3514, fo. 197rv ; 3517, fo. 81v ), il MARITI narra di essere partito da Firenze alle due pomeridiane e di essere arrivato a Montelupo alle 6 ; fatta una breve sosta, egli è poi ripartito alle due della notte, è arrivato a S. Romano alle sette di mattina, dopo una breve tappa causata da un acquazzone, ed è infine giunto a Pontedera alle 10 antimeridiane .

Utile documentazione può essere tratta anche dal resoconto che fa G. C. MARTINI di un suo viaggio per via terrestre fra Firenze e Livorno (Viaggio, cit., 38) : il tragitto veniva compiuto con un cocchio a cavalli ed impegnava all'incirca due giorni, compresa la sosta notturna in osterie dai letti infestati di cimici. Più ottimistici i dati riferiti da Stefano BERTOLINI, che evidentemente si riferisce ai tempi di percorrenza ottimali dei corrieri postali (Esame di un libro sopra la Maremma senese, Colonia 1774, 2.a ediz., pag. 105) : " Pisa ... ha vicino meno di due ore Livorno e Lucca, ed in sette ore ha vicini Firenze ... ".

(28) Una dettagliata ricostruzione storica di lungo periodo in A. BORGI, La rete stradale della Toscana nei suoi caratteri attuali, nella sua evoluzione storica, nelle sue esigenze di sviluppo, " L'Universo ", LVI/6 (1976), pp. 969ss., più particolare e specifico, ma articolato e dettagliato, il quadro offerto successivamente da D. STERPOS, Le strade di grande comunicazione della Toscana verso il 1790, Firenze 1977 ("Archivio dell'Atlante Storico Italiano dell'Età Moderna", Quaderno 4).

(29) Cfr., ad esempio, la notizia contenuta in ASFi, Segreteria di Stato, 1799, fascetto I, nr. 6 : nella seconda metà del 1799 furono sequestrati a Giuseppe Checcacci, navicellaio, dei mobili che egli stava trasportando a Livorno con la sua barca.

(30) Cfr. D. HERLIHY, Pisa nel Duecento, tr. it., Pisa 1973, 136 ; J. PLESNER, La rivoluzione stradale nel Duecento, tr. it., Firenze 19792, 80s. ; Th. SZABÓ, Comuni e politica stradale in Toscana e in Italia nel Medioevo, Bologna 1992, 262, "Bibl. storia urbana e mediev., 6" ; G. GARZELLA, Studi recenti sulla viabilità in Toscana, "Bollettino Storico Pisano", LXI, 1992, 181-90 ; nonché la complessiva messa a punto contenuta in D. HERLIHY-Ch.-KLAPITSCH-ZUBER, I Toscani e le loro famiglie. Uno studio sul catasto urbano del 1427, tr. it., Bologna 1988, 157 ss. e, da ultimo, M.L. CECCARELLI LEMUT e M. PASQUINUCCI, Fonti antiche e medievali per la viabilità del territorio pisano, "Bollettino Storico Pisano", LX (1991), 111-39, Studi di storia pisana in onore del Prof. Cinzio Violante, Pisa 1991, "Bibl. del Bollettino Storico Pisano, Collana storica, 38".

(31) Pietro FERRONI, Discorso, cit., 26.

(32) Del processo di selezione amministrativa del territorio e di corrispondente riorganizzazione confinaria cui andarono sottoposte le circoscrizioni di governo locale ed urbano nella bassa piana d'Arno in età medicea s'è detto in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, 173 ss. in particolare ; cfr. poi F. LEVEROTTI, L'organizzazione amministrativa del Contado pisano dalla fine del '200 alla dominazione fiorentina: spunti di ricerca, "Bollettino Storico Pisano", LXI (1992), 33-82, 78 in partic.

(33) Sulle strategie di potenziamento ed estensione, nonché sulle tecniche e concrete modalità costruttive delle strade toscane in età della Reggenza e lorenese si sono soffermati I. IMBERCIADORI, Campagna toscana nel '700, dalla Reggenza alla Restaurazione. 1737-1815, Firenze 1953, 112 ss. ; e D. STERPOS, Le strade, cit.

(34) In tal senso è estremamente significativa la contaminatio che caratterizza il tipo di autofinanziamento che la Comunità di Pontedera nel 1773 propone di realizzare per sovvenzionare la costruzione di un acquedotto in servizio del borgo : da una parte si propone di assegnare al finanziamento dell'impresa un reddito di provenienza fiscale come il c.d. " provento del pan tondo ", che per propria natura è un capitale per così dire " individuo ", perché qualificato e identificato sia sotto il profilo della sua provenienza, sia sotto quella della sua destinazione ; dall'altra sta invece il finanziamento sul mercato dei cambi, ove il capitale è diventato veramente entità fungibile ed impersonale, pronto a indirizzarsi ove lo chiama la regola del profitto e della convenienza. Cfr. MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 87 ss., 138 ss.

(35) APPtd, Corrispondenza del Vicario di Pontedera 1799-1802, fo. 794tv-801r : la Comunità aveva stipulato un mutuo con la Grancia per una somma di 892 scudi, da rimborsarsi ai monaci nel corso di 9 anni ; la Grancia preventivava di spendere, oltre a tale somma, 500 scudi di suo senza rimborso.

(36) E. REPETTI, Dizionario corografico della Toscana, Milano 1855 ("Dizionario corografico-universale dell'Italia sistematicamente suddiviso secondo l'attuale partizione politica d'ogni singolo Stato italiano compilato da parecchi dotti italiani, 3"), alle voci. "Pontenuovo a Bocca di Usciana", "Pontenuovo a Bocca di Zambra", pagg. 1081-2.

(37) Desumo la citazione da Pietro FERRONI, Discorso storico della mia vita naturale e civile dal 1745 al 1825, Firenze 1994, a cura di Danilo BARSANTI e Leonardo ROMBAI, pp. 58-9 in particolare [ROMBAI, La figura e l'opera di P. Ferroni ("Biblioteca di storia toscana moderna e contemporanea, 41")].

(38) Di tutti i complessi problemi di ordine non solo tecnico, ma anche politico e giuridico che a lungo si frapposero alla realizzazione del progetto della Botte d'Arno e che poterono in concreto superarsi soltanto dopo l'annessione della Repubblica di Lucca al Granducato di Toscana (alla posa della prima pietra della Botte d'Arno si arrivò infatti soltanto nel 1854), svolge una dettagliata analisi il documentatissimo lavoro di BARSANTI e ROMBAI, La guerra delle acque, 76 ss.

(39) per cui, cfr. ancóra MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 181 ss.

(40) ASFi, Carte Gianni, 39, n.° 523, ins. 36 ; cfr. L. DAL PANE, Storia del lavoro in Italia dagli inizi del secolo XVIII al 1815, 2.a ed., Milano 1958, 79-81.

(41) Antonio COCCHI, Dei bagni di Pisa ; trattato di Antonio Cocchi ..., Firenze, Stamperia imperiale, 1750 ; sul Cocchi (1695-1758), cfr. poi U. BALDINI, ad voc., in Dizionario Biografico degli Italiani, 26, Roma 1982, 451-60; e, da ultimo, Le carte di Antonio Cocchi : inventario, a cura di Anna Maria MEGALE VALENTI, Firenze, Giunta regionale toscana ; Milano 1990 ("Inventari e cataloghi toscani" 33).

(42) Sintomatico il caso del centro di Peccioli, che sarà sfornito fino ad età ottocentesca di un ponte a fondovalle che lo colleghi ai traffici peraltro ancóra ridotti della Valdera, e che all'epoca è accessibile soltanto dalla parte delle colline per la sola porta carraia, con una struttura urbanistica ancóra arroccata - in senso veramente letterale - sulla cima del colle.

(43) Così avrebbe annotato nelle sue Relazioni Pietro Leopoldo stesso, lasciando capire quanto tali dispendiose intraprese fossero in realtà espressione di un disegno organico di potenziamento delle complessive risorse territoriali, che prendeva slancio dalla politica di opere pubbliche intrapresa dal Sovrano anche a fini assistenziali : " Parimente nell'anno 1786 in occasione di carestia fu costruita una strada maestra che dal Borgo a Buggiano arrivasse per le colline del Galleno fino a Calcinaia nel Pisano, di lì passando Arno si riunisse alla strada da Firenze a Pisa alle Fornacette e per un'altra diramazione lungo monte nel Pisano andasse fino a Pisa, con spesa di L. 1.101.693 ; compresa anche la strada che nel medesimo anno fu fatta, che da quella strada maestra andasse all'Altopascio e di lì al lago di Bientina " (PIETRO LEOPOLDO D'ASBURGO LORENA, Relazioni sul Governo della Toscana. A cura di Arnaldo Salvestrini, Firenze 1970-4, II, 22-3 ).

(44) Sopra, alla nt. 40.

(45) A. ANZILOTTI, L'economia toscana e l'origine del movimento riformatore del secolo XVIII, già in " Atti della R. Deputaz. di Storia patria ", 1916, ora in ID., Movimenti e contrasti per l'Unità italiana, Milano 1964, 65 ss., 112 s. in particolare.

(46) F. VENTURI, Settecento riformatore - I. Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, 417 ss.

(47) Il fosso dello Zannone era anche detto Fosso Reale. Su tutta la vicenda cfr. ASFi, Reggenza lorenese, 643, ins. 5.

(48) Cfr. l'Odeporico del MARITI (BRFI, ms. 3514, fo. 197 rv), ove si descrivono i lavori compiuti dal Granduca.

(49) Cfr. Marinella PASQUINUCCI - Beatrice GUIGGI - Serena MECUCCI, Il territorio circostante Pontedera nell'antichità, in " Pontedera. Archeologia, storia ed arte ", a cura di P. Morelli, Pisa 1994, 13 ss.

(50) R. MERLI, Pontedera. Note di geografia urbana, in " Rivista geografica italiana ", 1953, 283.

(51) Tale il quadro delineato in ACCADEMIA ECONOMICO AGRARIA DEI GEORGOFILI, Il bacino dell'Arno, Firenze 1956, 232.

(52) ACCADEMIA ECONOMICO AGRARIA DEI GEORGOFILI, Il bacino, cit.

(53) Vedi : G. A. MAGINI, Atlante geografico in 61 carte, Bologna 1620 ; sul cartografo seicentesco Giovanni Antonio MAGINI (1555-1617), cfr. poi: Roberto ALMAGIÀ, L'"Italia" di Giovanni Antonio Magini e la cartografia dell'Italia nei secoli XVI e XVII, Napoli, Città di Castello, Firenze, 1922.

(54) C. MEYER, L'arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere, Roma 1685.

(55) Michele PIAZZINI, Carta topografica del piano di Pisa, in Antonio COCCHI, Dei bagni di Pisa, cit. (vedi alla nt. 41 ; sul Piazzini, cfr. poi BARSANTI Documenti geocartografici, I, cit., 97, 139-40).

(56) M. MIRRI, v. "Bertolini, Stefano", Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1960 ss., 9, 602-6

(57) ASFi, Segreteria di Gabinetto, 664, Relazione di Pisa e del suo territorio ..., cap. XXVII [ms. anonimo del 1758, di cui vedi ora anche l'ediz. Pisa 1976, cap. XXVII, pp. 34-5; cfr. anche MIRRI, Profilo di Stefano Bertolini. Un ideale montesquiano a confronto col programma di riforme leopoldino, "Bollettino Storico Pisano", XXXIII-XXXV (1962-66), 450].

(58) per cui cfr. ancóra BARSANTI-ROMBAI, La guerra delle acque, 138 ss. in particolare.

(59) ASFi, Segreteria di Gabinetto, 664, Relazione di Pisa e del suo territorio ..., cap. XXVII, cit., vedi la nt. 57.

(60) N. RODOLICO, Stato e Chiesa in Toscana durante la Reggenza lorenese, Firenze 1972, 88.

(61) ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE, F.° 105 della carta d'Italia, III, SE, scala 1 :25000.

(62) E. SERENI, Storia del paesaggio agrario italiano, Bari 1972, 314.

(63) Sulla deviazione del corso dell'Arno tra Pontedera e Calcinaia vedi qui alla nt. 84

(64) A partire dal 1772, Ximenes (su cui cfr. la bibliografia indicata alla nt. 8) realizza a Montecchio presso Pontedera una " colmata viva ", deviando parte delle acque dell'Arno (cfr. BARSANTI-ROMBAI, Leonardo Ximenes, cit., 84-6, con una cartina della colmata di Montecchio ; cfr. anche I. IMBERCIADORI, cit., 191 e, inoltre, L. ROMBAI, Scienza idraulica, cit., 192 in particolare). Della bonifica della paduletta della Bufala parla anche G. CACIAGLI, Pisa, Pisa 1970-2, II, 180.

(65) Colmate furono fatte dalla Grancia e dal cavalier Lanfreducci, cfr. PIETRO LEOPOLDO D'ASBURGO LORENA, Relazioni, II, 77-8.

(66) APPtd, Corrispondenza del Vicario di Pontedera 1799-1802, fo. 794r.

(67) Se ne parla in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 89-90, 95-6.

(68) Cfr. ancóra MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, 96.

(69) A. ANZILOTTI, L'economia toscana, cit., 84 in particolare.

(70) P. MALANIMA, La proprietà fiorentina e la diffusione della mezzadria nel Contado pisano nei secoli XV e XVI, in " Contadini e proprietari nella Toscana moderna. Atti del Convegno di studi in onore di Giorgio Giorgetti ", I, Dal Medioevo all'età moderna, Firenze 1979, 370 ss.

(71) G. PINTO, Ordinamento culturale e proprietà fondiaria cittadina nella Toscana del tardo Medioevo, in " Contadini e proprietari nella Toscana moderna. Atti del Convegno di studi in onore di Giorgio Giorgetti ", I, Dal Medioevo all'età moderna, Firenze 1979, 241s.

(72) LUZZATI, Toscana senza mezzadria, cit., 283 part.

(73) Sicché in età settecentesca può ormai dirsi che, nella zona del Valdarno pisano, " il rapporto mezzadrile appare ormai dominante " (MALANIMA, 371).

(74) MALANIMA, 374-5.

(75) Vedi qui alla p.15.

(76) L. DAL PANE, I lavori preparatori per la grande inchiesta del 1766 sull'economia toscana, in " Studi storici in onore di Gioacchino Volpe per il suo compleanno ", Firenze 1958, I, 263 ss., 286 in particolare

(77) Sul punto ormai ampiamente discusso del vero e proprio fallimento cui pervennero le riforme livellari leopoldine, quasi ad epilogo di una lunga stagione di dibattito e di ricerca che ha udito le voci autorevoli e talora dissonanti di Imberciadori, Mirri, Tocchini, Giorgetti, Diaz e Turi, valgono ora le note finali di Furio Diaz stesso, da cui si ribadisce in modo conclusivo la " scarsa consistenza " di quel complesso tentativo di riforma (F. DIAZ, in " Contadini e proprietari nella Toscana moderna. Atti del Convegno di studi in onore di Giorgio Giorgetti ", II, 345-8).

(78) F. VENTURI, Settecento riformatore, I. Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, 417 ss.

(79) Mi si consenta un rinvio a quanto da me sostenuto in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 138 ss.

(80) Del processo di ristrutturazione urbana di Pontedera, avviatosi di fatto già manu militari nel 1554, quando Giangiacomo dei Medici, Marchese di Marignano, un condottiero di ventura al soldo di Cosimo, occupa il paese e fa "spianare", secondo le parole di Scipione Ammirato (Scipione Ammirato, Istorie fiorentine, nella Stamperia Nuova d'Amador Massi, Firenze 1641-7, libb. XXVI e XXXIV, Parte seconda, 524c), le mura del borgo, s'è già detto con dovizia di particolari, anche per ciò che concerne i successivi interventi sulle strade e sugli altri edifici pubblici del borgo, in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 23-56.

Sono invece più tardi gli interventi di ristrutturazione nei vicini borghi di Calcinaia e di Ponsacco, centri che da posizioni simmetriche gravitano ambedue economicamente sull'invaso del basso Valdarno.

L'assetto urbanistico di Ponsacco in epoca settecentesca è ancora quello di tipo medievale : il mancato sviluppo di un'arteria che, dipartendosi appunto dall'Arno e da Pontedera, si snodi sul fondo della Valdera attraversando Ponsacco in direzione di Volterra, fa sì che il paese si articoli sulla direttrice urbana est-ovest, in senso parallelo al corso dell'Arno (BRFi, ms. 3511, fo.47v, ss., Odeporico ms. di G. MARITI) ed in maniera omologa alla direttrice di traffico medievale, che si era sviluppata sul crinale delle colline costiere del fiume, senza interessare direttamente i percorsi del fondovalle (M. L. CECCARELLI LEMUT - M. PASQUINUCCI., Fonti antiche, cit., 111-39; GARZELLA, Studi recenti, cit., 181-90).

Le case del paese sono interamente costruite in mattoni, provenienti indubbiamente dalle numerose fornaci del luogo che, favorite dalla natura argillosa del terreno, sono state una delle più antiche manifatture locali (come suggerisce, ad esempio, il toponimo "Calcinaia", cfr. E. REPETTI, Dizionario geografico, fisico e storico della Toscana, contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, Firenze, 1833-46, I, 386, ad vocem). Le più vecchie abitazioni del paese sono basse, ad un sol piano, ed originariamente erano tra loro intercomunicanti, per motivi di difesa militare. L'esistenza ancóra nel Settecento della fabbrica dello Spedale di Ponsacco, posto presso la porta pisana per dare rifugio a viandanti e pellegrini (ASFi, Statuti comunità soggette, 634, fo. 11r, Statuto di Ponsacco del 13. VI. 1546, potenziamento da 2 a 3 letti dello Spedale), ribadisce la già ricordata direttrice dei collegamenti, al pari delle rovine del deposito del grano (il "Piaggione"), poste fuori della porta fiorentina, in luogo detto "sulle buche".

Con lo sviluppo settecentesco della Valdera [MONTORZI, Appunti per una storia del commercio e delle manifatture di Pontedera agli inizi dell'età contemporanea, in "Bollettino Storico Pisano", L (1981), 167-95 ; R. CERRI, Pontedera tra Ottocento e Novecento, in " Immagini di una provincia - A cura di G. Menichetti ", Pisa 1993, I, 257-326, 271 ss. in particolare], si delinea infine l'attuale viabilità, la quale snatura in parte, pur assorbendolo, l'impianto del paese : la via provinciale arriva da porta pisana, attraversa il paese, e quindi prosegue non in direzione di levante - come vorrebbe la linea di sviluppo medievale - ma verso sud-est, per imboccare la Valdera e percorrerla fino a Volterra. La carta dell'Istituto Geografico Militare (IGM, Foglio 112 della Carta d'Italia, IV NE, "Pontedera", scala 1 : 25000) indica chiaramente una tensione espansiva dell'abitato paesano verso Pontedera e verso Volterra : in età settecentesca, tuttavia, il paese è ancóra chiuso nel cerchio asfittico dell'economia feudale e queste linee di tensione non si sono ancóra enucleate. La pianta urbana del paese è destinata a rimanere invariata, per il suo aspetto e la sua funzione, fino a tutto l'Ottocento.

Mentre Ponsacco conserva il suo assetto immutato, l'immissione nel territorio di Calcinaia di una certa quantità, per quanto fragile nella propria base economica, di piccoli possessi terrieri (F. DIAZ, Francesco Maria Gianni, dalla burocrazia alla politica sotto Pietro Leopoldo di Toscana, Milano-Napoli 1966, 160 ss.) accelera un processo di diversificazione sociale che sedimenta significative scorie nelle cronache criminali dell'epoca, oltre che nel tracciato urbano del paese. La nascita di un ceto di piccoli proprietari mette infatti in moto un processo non indolore di trasformazione dello spazio urbano. I vecchi luoghi di uso collettivo, come ad esempio la piazza, vengono progressivamente erosi dalle case private, provocando tra l'altro risse cagionate da chi si oppone all'erezione dei nuovi edifici (APPtd, Criminale al tempo dell'illustrissimo Signore Luigi Comparini di Fucecchio Vicario per S.A.R. di Pontadera e Cascina dal di' Primo Giugno 1788 a tutto il di' 31 Maggio 1791 - Filza prima. Domenico Guerrini di Fucecchio Notaro Criminale, fo. 256r e 299rv). Ma l'assetto urbanistico di Calcinaia, nonostante tali resistenze, è destinato ad evolversi sensibilmente (R. PAZZAGLI - C. TORTI - R. CERRI, Calcinaia: una Comunità sull'Arno dal '500 ad oggi, Ponsacco 1990, 59 ss. in particolare) : nel 1789 si costruisce la nuova Chiesa, sotto il titolo di S. Giovanni Battista (CACIAGLI, Pisa, II/2, 163), posta in un zona decentrata rispetto al piccolo borgo medievale e, ben presto, si ingrandisce anche la piazza dirimpetto ad essa "all'oggetto di renderla più comoda al popolo e per la maggior decenza del culto sacro, e processioni" (APPtd, Grandi Vicario filza XI-<anno> 1774, fo. 249r ; sull'esatta individuazione della filza, cfr. quando da me detto in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, p. 50, nt. 67).

(81) BARSANTI-ROMBAI, 44 ss.

(82)Delle vicende del taglio dell'Arno si traccia una puntuale cronologia in BARSANTI Documenti geocartografici, I, cit., 126-9, 127 in particolare. Ma vedi soprattutto BARSANTI-ROMBAI, La guerra delle acque, 44 ss. Cfr. poi anche PIETRO LEOPOLDO D'ASBURGO LORENA, Relazioni, II, 104 ; S. PICCARDI, Variazioni storiche del corso dell'Arno, in " Rivista Geografica Italiana ", 1956, 15-34, con cartine ; G. CACIAGLI, Rettifiche e varianti del basso corso dell'Arno in epoca storica, estr. da " L'Universo ", Riv. bim. dell'Istituto Geografico Militare, XLIX/1, gennaio-febbraio 1969, 152-3 ; ID., Pisa, Pisa 1970-2, I, 31 ; una rapida sintesi anche in A. CECCHELLA-M. PINNA, Il Valdarno inferiore pisano, Pisa 1991, 55-9 ; ed in R. PAZZAGLI - C. TORTI - R. CERRI, Calcinaia, 3 ss.

E. BONCINELLI, Storia di Vico Auserissola (Vico Pisano) e suo distretto, versic. 1866, rist. an. Bologna 1972, 179, ricorda ancóra di aver visto alcune opere d'idraulica risalenti ai tempi della colmata d'Arnovecchio, presso la casa Carlotti, nei dintorni appunto di Vico Pisano. Fino a pochi lustri fa, i contadini allora abitanti nel podere del Palazzetto presso Bientina (dipoi interamente urbanizzato) parlavano ancóra per la memoria dei padri dell'antico corso d'Arno, indicando addirittura alcuni vecchi anelli confitti in un muro come residua traccia (invero assai improbabile) dell'antico approdo delle barche secondo il corso dismesso d'Arno.

(83) Cfr. E. TOLAINI, La mappa del Pian di Pisa di Leonardo, " Rassegna del Comune di Pisa ", anno III, 1967, n. 2-3, 37-40 ; ID., Pisa, Roma-Bari 1992 , 86-7 (" Grandi opere. Le città nella storia d'Italia "); ID., Forma Pisarum. Storia urbanistica della Città di Pisa. Problemi e ricerche, Pisa 1989, 2. a ed., 13, 86-7, 184, 197, 271, tav. XXIV ( " Cultura e storia pisana ", 1); l'originale si trova in : MADRID, BIBLIOTECA NACIONAL, ms. 8936, ff. 52v-3r.

(84) CACIAGLI, Rettifiche, 152-3 ; l'orig. in ASLu, Offizio sopra i paludi di Sesto, 45, mappa 22.

(85) Vedi sopra alla nt. 53.

(86) La carta è pubblicata in appendice a Bernardino ZENDRINI, All'illustrissimo Ufficio della Foce di Viareggio, relazione che concerne il miglioramento dell'aria e la riforma di quel posto, con una appendice intorno gli effetti delle macchie per rapporto all'alterazione dell'aria, Lucca 1736. Sullo Zendrini, cfr. poi L. ROMBAI, Scienza idraulica, cit., 192 in particolare.

(87) La prima parte del libro dello ZENDRINI, relativa al porto di Viareggio, che fu pubblicato nel 1736, reca la data del 23 maggio 1735 e fu redatta in Lucca ; la seconda (" Appendice intorno agli effetti delle macchie per rapporto alla alterazione dell'aria ") porta la data del 28 luglio 1735 ed è stata redatta in Venezia : ad essa è appunto allegata la carta qui ricordata. È quindi probabile che la carta sia stata assemblata graficamente appunto in Venezia, sulla scorta della documentazione disponibile in preesistenti atlanti o carte geografiche, ed in assenza di rilievi cartografici effettuati direttamente sul territorio. Lo Zendrini stesso nel suo libro (alle pagg. 3-4) afferma d'altra parte di aver ispezionato di persona soltanto le zone costiere e della foce del Serchio.

(88) Vedi sopra, alla nt. 38.

(89) Rotae florentinae Calcinariensis exemptionis, diei 18 Iunii 1791, coram G. B. BRICHIERI-COLOMBI, I. MACCIONI, M. CERCIGNANI, rel. ; G. P. OMBROSI, Selectae Rotae Florentinae Decisionum Thesaurus ex Bibliotheca Johannis Pauli Ombrosi, Firenze 1767-96, VI/1, Firenze 1794, 226-34).

(90) Sulla vicenda della deviazione del corso dell'Arno vedi alla nt. 82.

(91) Vorrei qui rinviare a quanto da me detto sull'argomento in MONTORZI, Il notaio di Tribunale come pubblico funzionario, cit., 10 ss.

(92) Penso in particolare ai contrasti anche giurisdizionali che, nel contiguo borgo di Bientina, opposero in modo analogo gli originarii del comune di quel paese agli altri membri della comunità, all'indomani dell'introduzione della riforma comunitativa leopoldina (se n'è parlato in MONTORZI, Modelli, cit., 486-9 in particolare).

(93) Cfr. ancóra sopra alla nt. 91.

(94) cfr. ancóra la Calcinariensis exemptionis, cit., ai nrr. 4 ss. (pp. 230 ss.) ; per un simile principio, si veda l'evoluzione della dottrina di BARTOLO sulla l. Cives, analizzata in dettaglio alla nota successiva.

(95) Cfr. ancóra quanto fu detto a suo tempo da A. ALBE RTI, Appunti per una storia del diritto privato statutario piemontese, Torino 1934, 27-33 ; mi si consenta anche di rinviare a MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 157.

In realtà, prima ancóra delle casistiche mai complete ed esaustive delle normative statutarie, vale la pena piuttosto di considerare quel nucleo di principi che si formò sul punto attorno ad alcune distinzioni già della glossa civilistica, che aveva stabilito un rapporto da genere a specie tra la qualifica di 'municeps' e quella di 'civis' [ad esempio, con la gl. cives, in l. Cives, C. De incolis, C.10.40(39).7 : " ... municeps est genus, civis et incola sunt species "] ; su cui poi BARTOLO aveva insistito per ribadire ripetutamente " quod civis subdividitur in duas alias species, quia alius originarius ... alius non originarius " [BARTOLO DA SASSOFERRATO, in l. Cives, C. De incolis, li. X, nrr. 1-2 ; cit., nell'ediz. ed. Basileae 1562 degli Opera omnia, fo. 881b-882a ; cfr. anche ID., in l. Municipem, ff. Ad municipalem et de incolis, nrr. 1-4, D.50.1.1, nell'ed. cit., a p. 990] ; sicché se n'era tratta poi da più tardi, autorevoli consulenti la regola per cui " appellatione autem civis in materia statuti et stricta non comprehenditur nisi civis originarius id est natus " (FRANCESCO ACCOLTI ARETINO, cons. 77, nr. 1, fo. 90rv, ediz. Venetiis 1572 dei Consilia).

(96) la Florentina salarii, diei 19 Nov. 1644, cor. Aud. F. MARIONIO, nr. 67, pag. 15, in OMBROSI, VI, Firenze 1777.

(97) Florentina salarii, cit., nr. 67 (a pag. 15).

(98) D.42.5.32 (=42.6.16 nel testo della vulgata) : " PAULUS libro singulari regularum. Privilegia non ex tempore aestimantur, sed ex causa, et si eiusdem tituli fuerunt, concurrunt, licet diversitates temporis in his fuerint ".

(99) Cfr. in particolare l'ampia casistica offerta dalla gl. Ex causa, ivi.

(100) Come d'altronde recita espressamente il titolo della vulgata del Digesto su cui si innesta l'interpretazione del glossatore [D.42.5.32(=42.6.16 nel testo della vulgata)].

(101) Calcinariensis exemptionis, cit., nr. 3 ss.

(102) ivi, nr. 8

(103) Il soggetto in tal modo tutelato non è più un gruppo storicamente discriminato di soggetti, ma una collettività indeterminata di persone, individuata a sua volta da un pubblico generale interesse, che è espressione della loro comune sottoposizione all'imposizione fiscale.

(104) ANZILOTTI, Il tramonto dello Stato cittadino, già in "Archivio Storico Italiano", 1924/1, poi Bari 1930, ora in ID., Movimenti e contrasti per l'Unità italiana, Milano 1964, 3 ss. (donde si cita), 25 in particolare.

(105) Calcinariensis exemptionis, cit., nr. 8.

La decisione rotale non lo dice espressamente, ma essa qui applica in realtà un principio abbastanza trito e consolidato del Diritto Comune, per cui già con BARTOLO DA SASSOFERRATO [in l. Assumptio, § 1, ff. Ad municipalem, nr. 2 circa me. (D.50.1.6.1) ; nell'ediz. Basileae 1562 degli Opera omnia, fo. 993ab] prima, con ALESSANDRO TARTAGNI D'IMOLA poi [cons. 157, Viso instrumento, lib. I, nr. 13, fo. 135va, ed. Venetiis 1590], s'era fissato il principio che colui che è sottoposto ai tributi in un luogo ne acquista di conseguenza anche la cittadinanza.

(106) Sul punto vorrei qui rinviare ad alcune considerazioni da me fatte in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 138 ss.

(107) Per una storia delle inondazioni dell'Arno si vedano ancóra le classiche opere di Ferdinando MOROZZI, Dello stato antico e moderno del fiume Arno e delle cause e de' rimedi delle sue inondazioni, Sala Bolognese 1986. [Rist. an. dell'ed. Firenze, nella Stamperia di Gio. Batista Stecchi, all'insegna di S. Ignazio Lojola, 1766], 59 in particolare per la rotta del 1740) [autore per cui cfr. Il fondo cartografico dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze : catalogo, Firenze, Giunta Regionale Toscana, Milano, Editrice bibliografica, 1992 ("Inventari e cataloghi toscani", 41), cat. a cura di Danilo BARSANTI, 58-62 ; Gabriella OREFICE, Ferdinando Morozzi : architetto e ingegnere toscano, 1723-1785, Firenze 1988] ; ed ancóra Giovanni TARGIONI TOZZETTI, Disamina di alcuni progetti fatti nel secolo 16. per salvare Firenze dalle inondazioni dell'Arno, [rist. anast.] Firenze 1993 [Rist. an. dell'ed. Firenze, nella stamp. di S.A.R. per Gaetano Cambiagi, 1767] ; nonché Giuseppe AIAZZI, Narrazioni istoriche delle più considerevoli inondazioni dell'Arno, [Sala Bolognese] 1996 (Rist. an. dell'ed. Firenze 1845).

(108) ASFi, Reggenza lorenese, 643, ins. 12, lettera del 3.XII.1745.

(109) ivi, lettera del 22.X.1745.

(110) MOROZZI, Dello stato, 62.

(111) ASPi, Delegazione di governo di Pontedera, 2, fo. 347 rv, 360 rv.

(112) ASFi, Auditore delle Riformagioni, 128, Cum Lucensibus negotia et controversiae de anno 1728 ad annum 1783, pag. II, Negoziato tra l'Uffizio dei Fossi di Pisa ed il Magistrato de' Paduli di Lucca per i risarcimenti da farsi alla rottura del Serchio ed al fosso della Serezza del 1728 e 1729 fino al 1783.

(113) Cfr. l'EDITTO 27.I.1771 : i possessori dei fondi lung'Arno sono sottoposti alla servitù d'alzaia ed anche al mantenimento dei ponti sui fossi, che sgorgano in Arno dai loro campi ; l'editto fu a suo tempo recensito dal compilatore del Memoriale, cit., I, 18 , ma non compare in CANTINI, Legislazione toscana, Firenze 1800-7.

(114) BANDI del marzo 1742 e 1753 sulla conservazione delle ripe, degli argini e degli affluenti dell'Arno (Memoriale, cit., I, 18, v. "Arno" ; cfr. CANTINI, Legisl. tosc., 25, 70-3, Bando ed ordini per la conservazione delle ripe, ed argini nel Valdarno di sotto ... marzo 1742 ab inc. ; CANTINI, Legisl. tosc., 27, 18-24, Legge per la conservazione del fosso contiguo all'Usciana del dì 24 maggio 1753).

Nel 1803, secondo la relazione del Vicario Luigi RICCIERI di Pontedera, gli argini d'Arno nella zona erano molto rovinati [ASFi, Regia Consulta, 880 ; sul Riccieri cfr. M. MONTORZI, I giudici che applicarono la Leopoldina (Un tentativo di prosopografia e statistica giudiziaria), in La "Leopoldina. Criminalità e giustizia criminale delle riforme del Settecento europeo. Ricerca diretta da Luigi BERLINGUER, Milano 1989, vol. 5, La Leopoldina nel diritto e nella giustizia in Toscana, pp.189-354, 221 ss. in particolare].

(115) Vedi qui alla nt. 118

(116) CACIAGLI, Rettifiche, 146 ss. ; MOROZZI, Dello stato, 66 ; G. TARGIONI TOZZETTI, Relazione d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa, Firenze 1768-79, 2.a ed., II, 99.

Secondo ASFi, Reggenza lorenese, 643, ins. 12 cit., fino a Fornacette l'Arno era guardato dai caporali dell'Uffizio dei Fossi di Pisa ; da Fornacette fino a Firenze l'Arno era custodito dai singoli comuni. Alle volte i tagli erano clandestini : nella piena dell'ottobre 1745, ad esempio, vi fu chi nottetempo tagliò l'argine tra Pontedera e La Rotta, mettendo in grave pericolo l'incolumità di questi due paesi : il 15.I.1745 il Consiglio di Reggenza mise una taglia sui colpevoli, nel tentativo di scoprirli (ivi).

(117) REPETTI, I, 39-40.

(118) REPETTI, I, 136.

(119) BRFi, ms. 3511, fo. 29v.

(120) Vedi alla nt. 114.

(121) È proprio nel corso di alcune liti giudiziarie in materia di acque, che emerge in maniera assai evidente l'integrazione complessiva degli interessi territoriali presenti nella zona, laddove alcuni proprietari rivieraschi in affaccio sull'Era si vedono indurre ed intimare limitazioni all'esercizio altrimenti legittimo dei loro diritti di proprietà fondiaria a motivo delle interazioni che ciò potrebbe stabilire, danneggiandolo, con il complessivo ambiente fluviale ; cfr. Raccolta d'autori italiani che trattano del moto dell'acque ..., to. IV, Bologna 1820, § XVI a pag. 180 : "Nuove considerazioni del pag. Abate Grandi, fatte dopo l'accesso del mese di Giugno dell'anno 1714 sopra la controversia vertente fra gl'illustrissimi Signori Marchesi R[iccardi] e N[iccolini], circa la pretesa erezione d'una pescaia nell'Era ad uso d'un nuovo mulino". Sul Grandi cfr. poi D. BARSANTI, Guido Grandi ingegnere idraulico, in " Rivista di storia dell'agricoltura ", XXVIII, 1988, 34ss..

Il Marchese Riccardi sosteneva - allegando a proprio favore la favorevole perizia dell'Abate Grandi - che egli avrebbe risentito danno da tale intervento sul corso d'acqua, perché ne sarebbe derivato un rialzamento del letto del fiume, con l'erosione conseguente di terre di sua proprietà. Vedi, ivi, Riflessioni del Padre Abate Grandi sopra la controversia vertente fra gl'illustrissimi signori Marchesi R[iccardi] e N[iccolini] circa l'alzamento d'una pescaia nel fiume Era, pag. 155.

(122) Sul toponimo, che individua due distinti corsi d'acqua presenti in quella stessa zona, l'uno che scarica in mare, l'altro che affluisce nella Cascina, cfr. ancóra quanto detto dal REPETTI, II, 147 e vedi soprattutto, da ultimo, le dettagliate notizie idrologiche riportate A. CECCHELLA - M. PINNA, Le Colline Pisane e la Val di Cecina. Studio economico e territoriale, Pisa 1993, 59-74 (I bacini idrografici del F. Fine e del F. Cecina).

(123) Rotae florentinae Pisana seu Larensis, diei 28 Septembris 1791, coram Simonelli Potestà et Audd. Arrighi et Ulivelli, in Selectae, cit., VI, 537-98.

(124) ASFi, Statuti comunità soggette, 637, fo. 3v.

(125) Riforma del 17. I. 1534 s. f. (=1535), ivi, fo. 20r. Per una storia di tutti i fossi del piano, cfr. CACIAGLI, Pisa, I, 59 ss.

(126) Per l'episodio vedi MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 61 ss.

(127) Per un tentativo di valutazione di simili importi di spesa, mi si consenta qui un rinvio a MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 79, nt. 81.

(128) ASFi, Segreteria di Finanze. Secc. XVII-XVIII, 1072, Disposizioni particolari, ins. Delib. del 17. Giugno 1752. :

Anno 1741

Fosse del Torale L. 2472. 02. 06

anno 1743

Rio di Ricavo L 0387. 09. 00

anno 1744

Scavo del Nugolaio di ponente L. 1000. 00. 00

Fossi del Cafaggiolo, del Gaetano, scolo del Seta

L. 0185. 18. 04

Argini della Tora L. 0797. 10. 02.

Argini dell'Era L. 0604. 18. 02.

Scavo della fossa di S. Maria L. 0078. 00. 04.

Totale L. 6525. 00. 04. =

Il rimanente dello speso, necessario per arrivare alla cifra di L. 9146. 09. 02., fu impiegato nella semplice manutenzione dei fossi.

(129) Sulle bonifiche del piano tra Ponsacco e Pontedera, che è solcato dai canali in questione, cfr. TARGIONI TOZZETTI, Relazione, I, 109 ; nonché ASFi, Regia Consulta, 2738, Relazione del Vicario di Pontedera Ranieri Barbacciani, in particolare le Notizie compendiate di Ponsacco, e Camugliano nel Vicariato Regio di Pontedera, § I, Situazione fisica.

(130) È il reddito di un'imposizione fiscale sulla produzione del pane fino, che nel 1633 il Granduca aveva rilasciato alla diretta gestione ed amministrazione della comunità di Pontedera per la realizzazione di opere di interesse pubblico (una valutazione giuridica del provvedimento granducale in MONTORZI, Pontedera e le guerre del Contado, cit., 140 in particolare).

(131) ASFi, Segreteria di Finanze. Secc. XVII-XVIII, 1072, ins. "Disposizioni in particolare".

(132) ASFi, Regia Consulta, 2738, Relazione del Vicario di Pontedera Ranieri Barbacciani. Sulle condizioni veramente disumane in cui, anche in età più tarda, sarebbero stati condotti i "lavori dei fossi", si soffermano in particolare BARSANTI e ROMBAI, La guerra delle acque, cit., 10-1.

(133) Ivi.

(134) ASFi, Statuti comunità soggette, 637, fo. 3v, Rub. 29.

(135) E. SERENI, 270 ss.

(136) ASFi, Statuti comunità soggette, 634, fo. 9r ; cfr. anche fo. 15r (statuto del 1551).

(137) Sulla tavoletta 1 : 25000 dell'Istituto Geografico Militare si incontrano nella zona i nomi " Podere Bosco grosso ", " Podere della Pineta ", " Podere Pian di selva ". All'antica presenza in zona (in età di insediamenti longobardi) di selve accenna l'antico toponimo di Travalda, conservatosi nel titolo della Chiesa di S. Michele di Travalda, posta nel territorio intermedio tra Pontedera e Ponsacco (ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE, F.° 112 della carta d'Italia, IV, NE, scala 1 : 25000 ; cfr. P. MORELLI, Due antiche chiese della periferia di Pontedera. S. Michele di Travalda e S. Lucia di Pedisciano, Pontedera 1992).

(138) Un'accurata rassegna critica della dottrina storiografica più recente sull'area rurale pisana, con particolare attenzione alle forme di insediamento umano sul territorio che nel tempo l'hanno caratterizzato è stato proposta di recente da A. POTENTI, Tra colline, paludi e mare. A proposito di recenti studi sull'area rurale pisana a Sud dell'Arno tra Medioevo ed età contemporanea, in "Bollettino Storico Pisano" LXV (1996), 16 ss.

(139) ASFi, Segreteria di Gabinetto, 664, cap. XXV, pp. 30-2 dell'ed. cit. (vedi la nt. 57).

(140) Ivi, cap. 8 (p. 9 ed. cit.). I pini sono sfruttati per il naviglio fluviale e per le fondazioni delle opere idrauliche.

(141) ASFi, Segreteria di Gabinetto, 664, cap. 8 ; cfr. anche PIETRO LEOPOLDO D'ASBURGO LORENA, Relazioni, II, 97-8 : " ... osservai i monti pisani tutti rivestiti di alberi : qui son ulivi, a mezzo castagni e in cima pini ... Le pinete che cuoprono le cime delli monti pisani sono di vari particolari, ma non si possono tagliare, avendovi l'Uffizio dei fossi una privativa di tagliarli lui e dona il prezzo fissato al proprietario, con farli trascinar giù con i bovi dei contadini per accomandita per i suoi lavori e quelli di marina, il che è spesso materia di lamenti dei pisani, perché anche li impedisce di tagliare i pini per piantarvi ulivi, giacché la legge determina una certa grassezza, passata la quale, i pini non si possono più svellere dai padroni proprietari dei terreni, né dai contadini, ma sono dell'Uffizio, e anche che venghino nel mezzo ad un uliveto bisogna lasciarli stare, il che dà occasione a molti lamenti e vessazioni di guardie e altro. Gli uliveti qui sono in così buon grado perché sono tutti spezzati in piccoli livelli e per conseguenza più attentamente coltivati ".

(142) ASFi, Carte Gianni, 39 (nr. 523), ins. 36 : Relazione del 1768 su Calci.

(143) G. TARGIONI TOZZETTI, Relazione, I, 120.

(144) Motuproprio 20. I. 1776, § 1 (Bandi e ordini da osservarsi nel Granducato di Toscana, Bandi 1774-6, , nr. CV).

(145) Si tratta delle cime dei monti appenninici, entro un miglio dalla vetta ; delle riserve della Magona del ferro nella Maremma senese e pisana e nel Vicariato di Pietrasanta ; delle macchie delle Moje del sale di Volterra ; dei pini selvatici dei monti pisani ; della parte di mare ; delle zone sottoposte ad usi comunitativi.

(146) L. 3 marzo 1769 (Bandi e ordini da osservarsi nel Granducato di Toscana, 1765-70, nr. CXLVI).

(147) Cfr. G. POGGI, Saggio di un trattato teorico-pratico sul sistema livellare, Firenze 1842, 2. a ed., I, 110.

(148) Sul punto si veda ora A. ARZILLI-L.MASSEI-A.NICCOLINI, Macchia e palude. Domesticheto e podere. L'evoluzione del paesaggio agrario nelle tenute di Cecina, Vada, Bibbona e nelle Comunità di Riparbella e Montescudaio, Cecina 1992, 181-266 in particolare (per le bonifiche nei territori della maremma pisano-livornese della costa).

(149) [G. MARITI], Odeporico o sia itinerario per le colline pisane, Firenze 1797, 31 ss.

(150) B. VECCHIO, Il bosco negli scrittori italiani del settecento e dell'Età napoleonica, Torino 1974, 91-123 in particolare.

(151) ASFi, Regia Consulta, 2738, Relazione del Vicario di Pontedera Ranieri Barbacciani, § Fiumi e fossi. Cfr. qui la nt. 17.

(152) B. VECCHIO, Il bosco, 97 ; cfr. anche DIAZ, Francesco Maria Gianni, 172 (in particolare la citaz. da Magnanima).

(153) G. TARGIONI TOZZETTI, Prodromo della corografia e della topografia fisica della Toscana, Firenze 1759, 79 : " Farò toccare con mano i pregiudizj immensi, che ha prodotti alla Toscana l'avere sciattato o estirpato i boschi in alcune sue parti, e per lo contrario l'averne lasciato imboschire alcune altre. Proporrò l'importanza del ripiantare i boschi in alcuni luoghi e di certe sorte d'alberi più che d'altri ... ".

(154) G. FABBRONI, Dei provvedimenti annonarj, in " Scritti di pubblica economia ", Firenze 1848, II, 199 (la prima ediz. dello scritto è del 1804) : " ... che occorre egli fare per aumentare al possibile la produzione in Toscana ? Niente. Ciò non basta : bisogna fare meno che niente, se pur può dirsi : bisogna ... non dar la più piccola ombra dell'intenzione di fare ".

(155) ASFi, Carte Gianni, 49, ins. 4.

(156) Cfr. VECCHIO, Il bosco, cit.

(157) Cfr. ancóra ASFi, Carte Gianni, 49, ins. 4.

(158) ASFi, Segreteria di Stato, prot. 11.IX.1775; prot. 16.XI.1778, nr. 11.

(159) Quando, parlando dei prodotti agrari del Vicariato, egli denota di intendere l'intero territorio fluviale come un vero e proprio eco-sistema, il cui equilibrio interno non può essere alterato impunemente. Conseguentemente, egli sostiene che il " diboscamento, che si è fatto in Tombolo, o Tomboletto per la parte di Livorno, ... ha prodotto l'effetto che i venti australi che sogliono soffiare da quella parte in questa stagione, trasportano assai lontano, al di là dei monti, le nuvole e quasi sempre allontanano la pioggia e le acque di cui abbisognan le suddette coltivazioni ... " ; perciò, " per riparare a questo inconveniente, sarebbe utile il piantar dell'acacia e delle scope che, formando una specie di grossa siepe, potrebbero rendere meno dannose l'influenza di questi venti " (ASFi, Regia Consulta, 2738, Relaz. Barbacciani, cit., Notizie compendiate della storia fisica e politica di Cascina § Agricoltura del piano di Cascina).

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