23-24
giugno 2000 PISA Aula Magna Storica della Sapienza Nuove giornate
Carmignani Giovanni
Carmignani (1768-1847),
maestro di scienze criminali e pratico del fòro, sulle
soglie del diritto penale contemporaneo |
Autorità, illustri
colleghe e colleghi, signore e signori.
Vorrei esprimere il
ringraziamento più grato e sincero a tutti coloro che
partecipano oggi alla celebrazione di queste Nuove giornate
Carmignani ed hanno perciò superato ed affrontato le noie e
lafa di questa calda estate pisana.
Innanzitutto, un
benvenuto deferente e caloroso alle autorità civili, militari ed
accademiche che partecipano oggi a questo convegno.
Poi un
ringraziamento anche a quanti, impossibilitati a partecipare,
hanno tuttavia inviato un messaggio di augurio e di saluto :
E soprattutto un
riconoscente sincero, grato ed affettuoso saluto a quanti
colleghi nellattività scientifica o in quella
professionale hanno voluto prender parte a questa
riunione : un appuntamento, desidero già dirlo in apertura,
la cui importanza anche scientifica risiede forse in primo luogo
nellincontro che esso propizia tra storici del diritto da
una parte, e studiosi e pratici del diritto vigente
dallaltra.
Unoccasione
che si spera possa contribuire a restituire agli storici del
diritto in quanto tali anche tutta la percezione della realtà
sociale in cui essi vivono la loro quotidiana esperienza di vita,
ed ai vigentisti ed ai pratici la parallela consapevolezza della
inevitabile dimensione storica in cui essi in ogni momento
debbono calare la loro riflessione scientifica o la loro pratica
di fòro.
Ed un omaggio certo
non sommesso ma alto e sincero va anche a quanti hanno consentito
che fosse possibile affrontare gli alti costi di una simile
manifestazione. Li citerò in ordine alfabetico, accomunandoli
nella gratitudine e nella riconoscenza di chi è consapevole che,
senza il loro munifico intervento, la riunione odierna sarebbe
certamente stata impossibile : lAmministrazione della
Provincia di Pisa, la Cassa di Risparmio di Pisa, la Cassa
Nazionale Forense, il Comune di Cascina (terra natale di Giovanni
Carmignani), le Edizioni ETS di Pisa, lUnione Distrettuale
degli Ordini forensi della Toscana e, con essa, in particolare,
lOrdine forense di Pisa e quello di Livorno.
In questa lista
gratulatoria, poi, non possono non figurare doverosamente
ma, soprattutto, cordialmente e sentitamente anche la Dr.
Rosalina Leoni, la Sig.ra Patrizia de Prosperis ed il Sig.
Gianluca De Lillo, che costituiscono il gruppo operativo del Centro
di servizi «Seminario giuridico» della Facoltà giuridica
pisana diretto dal collega ed amico Umberto Santarelli : uno
staff su cui è gravato quasi per intero il non
indifferente peso logistico ed organizzativo della preparazione
della nostra riunione.
Il convegno
doggi ci vede convenuti attorno al nome ed alla memoria di
un illustre giurista e professore dellAteneo pisano :
di quel Giovanni Carmignani che il tradizionale e non smentito
insegnamento della storiografia giuridica ufficiale, a partire
almeno da unormai lontana opinione di Francesco Carrara,
pone allorigine della scuola classica del diritto
penale : una riunione di studio che non vorrà essere
soltanto celebrativa, ma piuttosto consapevolmente critica ed
orientata ad unattenta, non preconcetta analisi della
figura di Giovanni Carmignani, del suo mondo, del diritto
criminale dei suoi tempi.
Quello di oggi
sarà forse soltanto un approdo temporaneo, che si compirà dopo
il lungo percorso preparatorio di ricognizione biografica che fu
già effettuato nei giorni dal 12 al 13 novembre 1999, durante le
Prime giornate Carmignani, le quali ebbero allora luogo
per iniziativa in particolare di Sabine Schwarze
dellUniversità di Halle e di Fabrizio Franceschini,
professore nel nostro Ateneo, oltre che per iniziativa mia
personale, e nel cui corso si misero a confronto le diverse
esperienze di ricerca che erano state maturate
sullargomento da letterati, storici e giuristi, i quali
allora analizzarono la figura di Giovanni Carmignani quale
avvocato, letterato e possidente nellEtà della
Restaurazione.
Il criterio, al
tempo stesso interdisciplinare e prosopografico, allora stabilito
consentì di accostarsi a Carmignani non solo come giurista, ma
anche quale esponente problematico ed a tratti addirittura
ambiguo di un milieu sociale allora in profonda e talvolta
drammatica trasformazione, rappresentante di una classe
intellettuale e sociale che era in quei tempi in faticoso
travaglio di gestazione : ne venne quindi fuori
limmagine di un personaggio complesso e contraddittorio,
con interessi che spaziavano dalla letteratura e dalla
linguistica fino al diritto ed alla filosofia ; il quale
avrebbe però infine fatto proprio della sua qualità forense e
della sua cultura giuridica il complessivo ed esclusivo mezzo di
lettura di tutta lesperienza sociale ed umana del suo
tempo, una volta che per sua e nostra fortuna egli
ebbe definitivamente abbandonato, come disse,
luzzolo giovanile di scrivere di teatro.
E quanto questa
rinuncia fosse stata felice e provvida, tutti avemmo modo di
constatare di persona durante la performance teatrale che,
durante le Prime giornate Carmignani, pose un bravissimo
attore a cimento con gli impervi e quasi irrecitabili prodotti
drammatici del Carmignani : ove lunico, vero dramma
parve essere quello della respirazione del malcapitato interprete
che, pur con tanta bravura e professionalità, si trovava a
recitare quegli accidentati testi.
Fu merito allora
soprattutto della fatica e della sapienza compositiva e registica
di Anna Barsotti, se i testi drammaturgici di Giovanni
Carmignani, sostenuti ma anche annientati al paragone
dalla contemporanea presentazione di brani di Shakespeare
e dellAlfieri, riuscirono a reggere la scena, ma certo si
percepì nettamente da tutti che, se Carmignani ha poi optato
definitivamente ed esclusivamente per la pratica e la scienza del
diritto penale, il danno che ne ha sofferto Melpomene la
musa della tragedia è stato certamente del tutto
inconsistente.
Carmignani,
dunque e preferibilmente, come uomo delle contraddizioni e delle
trasformazioni, oltre che della transizione: lo incontrammo
giacobino accusato dessere partitante francese
come si diceva allepoca , e facemmo poi
esperienza del suo successivo anti-francesismo della maturità
(ce ne parlò allora Marco Geri) ; Carmignani legato ancóra
osservò in quella sede poi Grazia Melli in maniera
organica ad un invaso culturale di natura essenzialmente toscana,
non ancóra nazionale, né italiana ma, anzi, convintamene
leopoldina, granducale e, come si diceva poco fa, per
lappunto intriso di un consapevole nazionalismo toscano.
Egli fu
lesponente significativo ed illustre di una classe sociale
che in qualche modo cercava allora sulle soglie della
Restaurazione una definitiva legittimazione ideologica ed
omologazione politica, sul filo di un lungo e faticoso processo
di sganciamento dal vecchio sistema di relazioni politiche
costruite a suo tempo allinterno dellormai obsoleto
stato territoriale fiorentino.
Carmignani uomo
della sistemazione ideologica : perché egli,
nellincontro con gli Idéologues e con la cultura
europea nel suo complesso come testimonia, del resto, la
sua attenzione sovente critica per gli scritti di Destutt de
Tracy e come si documenta anche da un fitto carteggio da lui
intrattenuto con gli intellettuali di mezza Europa trasse
occasione ed alimento per elaborare e fissare una nuova strategia
dindividuazione della realtà.
Egli, dunque, aveva
superato i dissidi e le lacerazioni ed anche i timori del tardo
illuminismo radicale e rivoluzionario, quello dei tentativi
democratici del 99, ed ora si rivolgeva alla vita
dellesperienza pratica con lattenzione accorta e
smaliziata di colui che era ormai in grado di esercitare su di
essa un raffinato «raziocinio speculativo» [comegli
stesso si esprimeva (Teoria, I, 57)].
Giovanni
Carmignani, in sostanza, diresse sulla società locchio
smagato ed acuto di chi serenamente la considera sono
queste le sue parole «come unico, e solo oggetto del
proprio studio, e dal confronto de fenomeni che essa
presenta nelle sue fasi diverse, desume il criterio dei principj,
che debbono renderla più sincera, e più prospera». In modo da
«dare alle leggi la tempra, che crede più coerente ad un ordine
intellettuale
», in un raffinato equilibrio dialettico tra
«il pratico, e lo speculativo ragionamento».
Laddove il ragionamento
speculativo, «convertendo le relazioni delle cose in idee,
le quali di per sé stanno indipendentemente dalle cose medesime,
dà a queste un impero assoluto su i fatti di guisa, che essi, di
qualunque indole siansi, qualunque esser possa la ingenita, e
naturale lor forza, debbano sempre al sistema delle idee
obbedire ; mentre quello [cioè il ragionamento pratico],
non abbandonando mai listinto, ed i bisogni delluomo,
considerato non in un individuo, ma nel complesso della sua
specie, calcola come meglio vi possa dalle leggi esser
soddisfatto.
Il primo [il raziocinio
speculativo] è come un conquistatore, il quale, invadendo un
paese, non concede titolo di legittimità se non alle leggi ed
agli usi, che egli vi porta quando pur si trattasse di farli
regnare nella solitudine, in cui questa pretensione fosse per
convertirlo».
«Laltro
così continua il Carmignani pensando poi al raziocinio
pratico è piuttosto un coltivatore, il quale
perfeziona il suolo alle sue cure commesso : seconda, e
dirige listinto delle piante utili, che vi trova, e dà
bando alle parasite, non sdegnando a questoggetto né
pazienza, né cura, né sudor se bisogna. Il primo tende a
creare : il secondo a perfezionare la creazione».
Sono parole che,
nel dialettico e lucido bilanciamento che stabiliscono tra il qewrei=n
(la riflessione speculativa) dellideologo ed il pra/ttein
(lagire pratico) dellesperienza comune, riecheggiano
in realtà lequilibrio ed il conflitto che viene dalle
pagine stesse delle Degnità CXI e CXIII della Scienza
nova di Giambattista Vico : cioè quel complesso di
tensioni e relazioni che corrono tra «il certo delle
leggi [che] è unoscurezza della ragione unicamente
sostenuta dallautorità» (Deg. CXI), ed «il vero
delle leggi [che] è un certo lume e splendore di che ne
illumina la ragion naturale ; onde spesso i giureconsulti
usan dire verum est per aequum
est» (Deg. CXIII).
Ma per noi
in particolare, che nelle Prime giornate abbiamo fatto
incontro con il Carmignani agrario avvertito, aggiornato e
consapevole coltivatore e divulgatore di novità agronomiche tra
i proprietari toscani (e penso in particolare ai contributi ed
alle testimonianze di Mario Mirri e di Rossano Pazzagli)
quelle appena citate sono anche parole che sanno
dautobiografia, e lasciano intravvedere la figura operosa
di un Giovanni Carmignani che scopre nella realtà
dellesperienza pratica loggetto «vero» di una
rinnovata scienza civile, oltre che il metro «certo» di un
esatto dimensionamento della sua personale capacità di controllo
e di trasformazione del mondo delle relazioni politiche e
sociali.
Questinsistenza
di Giovanni Carmignani sullimportanza della pratica e
sullassoluta vitalità dellopera di colui che
al modo appunto di un coltivatore abile ed accorto
sindustria a operare sul mondo che cè, al
solo scopo di migliorarlo, sfruttandone le sue naturalmente
intrinseche qualità positive, trasmette in realtà
limmagine di un uomo e di un intellettuale che progetta un
intervento sul mondo delle relazioni sociali che sia capace al
tempo stesso di comprensione e di preservazione.
Si definisce così
un tassello importante e vitale dellideologia del
moderatismo ottocentesco toscano : infatti, la costruzione
dello Stato e lindividuazione delle strategie penalistiche
di sua conservazione ed affermazione divengono allora in tal modo
i capitoli centrali ed il momento qualificante e genetico della
riflessione e del dibattito di tutta la nascente borghesia
nazionale.
Pisa e Giovanni
Carmignani sono d'altronde importanti in maniera singolare nella
determinazione di una complessiva linea di tensione che
attraversa la cultura giuridica ottocentesca, e versa
allinterno di essa i materiali evoluti e raffinati di una
sagace sistemazione teorica.
Tensioni
secolarizzatici ed esperienze singolarmente avanzate si erano,
infatti, manifestate per tempo sulle cattedre criminalistiche
pisane : già nel 1760-61 Cesare Alberigo Borghi un
oscuro criminalista pisano detta e spiega per la prima
volta, a casa sua, le proprie Institutiones iuris criminalis, e
abbandona in tal modo la tradizionale maniera di insegnare il
diritto criminale, che era esclusivamente basata sulla lettura
dei testi giustinianei.
Egli, in tale,
occasione comincia ad impartire agli studenti che ne seguono le
lezioni un insegnamento istituzionale tutto mirato sulla
sistemazione schematica e concettuale dei dettami
desperienza desunti dalla pratica e dagli usi del fòro.
Fu certamente una
didattica ruvida ed elementare quella allora prodotta dal
Borghi : il quale redasse un testo di nétto impianto
cancelleresco e savelliano, ma che tuttavia consegnò nondimeno
con le sue pagine alla tradizione di quelle aule pisane una prima
definizione positiva della nozione di delitto.
In quelle pagine,
infatti, il Borghi fissava anche ben chiaro il concetto che il delitto
è in primo luogo un prodotto della storia : un variegato, a
seconda dei casi, sedimento patologico della vita sociale, il
quale viene in essere solo e soltanto quando siano
da esso espressamente contraddetti i precetti positivi del
sovrano.
Tale, infatti, è
la definizione che inaugura quelle Institutiones :
«Che Cosa sia
Delitto, e di quante sorte sia :
1) Delitto è
unazione cattiva proibita dalla legge, e solamente quelle
azioni che sono intrinsecamente cattive, e proibite dalle leggi,
sono punite, e gastigate
2) I delitti altri
sono publici e sono quegli ai quali per legge speciale è
determinata una pena certa; altri sono privati, e sono quelli ai
quali dalla legge non è determinata la pena, ma si rimettono
all'arbitrio del giudice, e perché questa divisione è poco
adattata all'uso del foro noi dividiamo i delitti in questa
forma.
3) I delitti altri
sono dolosi, altri colposi, altri casuali».
Questultima
tripartizione tra delitti dolosi, colposi e casuali
viene quindi introdotta dal Borghi in espressa alternativa alla
tradizionale distinzione tra delitti punibili con pena ordinaria
e delitti punibili con pena straordinaria, e tale preferenza è
motivata in modo altrettanto esplicito come più confacente alle
esigenze del fòro : è un criterio discretivo che anticipa
in modo singolare le moderne partizioni codicistiche.
In particolare,
ladozione di tale tripartizione ribalta radicalmente
lottica di trattazione della materia, perché sposta
lasse di ricostruzione complessiva della figura del delictum
dallente di riferimento costituito dal soggetto
giudicante allente ad esso speculare e simmetrico,
costituito invece dal soggetto agente, dallautore
stesso dellillecito.
Quella elaborata
dal Borghi per la nozione di delictum è tuttavia, almeno
in partenza, una definizione apparentemente ambigua e, tutto
sommato, ingenua, squilibrata comè tra la valutazione
intrinseca della qualità prava o meno dellazione morale
dellindividuo e laltro necessario requisito del suo
espresso confliggere con il diritto positivo regio.
Ma essa, nondimeno,
per quanto rudimentale, pare bensì fornita di una singolare ed
inequivoca affinità con le ben più raffinate e cólte
determinazioni del più tardo ed evoluto Carmignani, che nei suoi
Elementa iuris criminalis fisserà un concetto di delictum,
il quale manterrà intatto al suo interno il nucleo
definitorio fissato già anche dal Borghi, e che certamente era
stato raccolto a sua volta dal Borghi stesso nel campo della
pratica e nella prassi del fòro : essere cioè il delictum
sostanzialmente e soltanto il prodotto di
unanomalia positivamente rilevabile nei comportamenti degli
uomini, sulla scorta di una circostanziata e tabellare
loro difformità dal sistema di precetti positivi emanante dal
titolare di sovranità.
È ben forte il
sospetto che la sede di elaborazione di un simile modo di vedere
sia stato il mondo della pratica : che, nella genesi e
costruzione di questo nucleo primigenio della riflessione
penalistica, la prassi forense abbia scandito regole discretive e
fissato criteri di individuazione concettuale.
E par quasi di
potersi intuire che lo stesso Carmignani, pur nella infinitamente
più complessa poliedricità delle sistemazioni concettuali
chegli deve affrontare e coordinare allorché tratta il
tema del delictum, muova nondimeno da un nucleo
concettuale che, anche se non direttamente influenzato dal
Borghi, certamente si dimostra affine allindole complessiva
dello stile di trattazione che il Borghi stesso more
forensi costantemente osserva : delictum
è, in sostanza, soltanto una deviazione obbiettiva da un
sistema di norme dato e individuato o, per dirla con le parole
dello stesso Carmignani, «Delictum
quasi actum
illum significat, quo id linquimus, quod derelinquendum
non erat
».
Il delictum
penalistico ha insomma necessaria ed esclusiva rilevanza politica,
giacché lindole desso, a differenza di tutti gli
altri illeciti di natura soltanto morale, consiste
nellinfrazione delle leggi della società civile e implica
lesistenza di unentità statale (Civitas) che
già sia stata costituita ovvero postula la necessità della sua
costituzione (Elem., §§ 70-6).
Per elaborare la
propria definizione di delictum Giovanni Carmignani ha
insomma sostanziato il proprio qewrei=n scientifico (la
speculazione) della certezza di un corpo essenzialmente
pratico, e il prodotto della sistemazione scientifica ha in tal
caso portato con sé anche i sedimenti della prassi defensionale
del fòro.
Il delictum
di cui si parla in quelle pagine, appare ormai evidente, è
piuttosto nozione e strumento della pratica davvocati, che
arma dinquisitore.
È questa
unipotesi suggestiva che vorrei consegnare alla critica e
alle osservazioni di questuditorio : unipotesi
che da un po di tempo su fronti ed a paragone di
problemi e questioni ogni volta nuove e diverse mi porta a
parlare con sempre maggior consapevolezza dellesistenza di
unautonoma linea di elaborazione e produzione giuridica che
potrebbe legittimamente chiamarsi di diritto forense :
al cui interno il Werkzeug (lo strumento) defensionale
diviene, nel tempo e nella prassi agonistica della tenzone
forense, istituto giuridico. Ove, appunto, listituto
giuridico non è il prodotto della fissazione istituzionale di un
sistema astratto e puramente teorico di norme sentite come
precettive, ma piuttosto la determinazione e standardizzazione
anche onomastica di una serie di protocolli procedimentali e
defensionali elaborati nellagone del fòro.
Lo dico adesso
in apertura di convegno ed in chiusura dintervento
perché ne sia consentita a tutti poi la più ampia
possibilità di critica : a questa sensibilità ed a questo
modo di vedere appartiene anche lintitolazione stessa che
si è inteso dare a queste Seconde giornate Carmignani, la
quale parla quindi non a caso di Giovanni Carmignani maestro
di scienze criminali e pratico del fòro, sulle soglie del
diritto penale contemporaneo.
In ciò si
chiarisce, forse, anche lintera concezione del convegno
stesso, in cui lincontro tra il mondo del fòro e
lofficina della ricerca storica e scientifica è stato
metodicamente perseguito e coltivato, soprattutto
nellintento di porre un settore in particolare della
ricerca scientifica quello, vale a dire, della Storia
del diritto a contatto con quel mondo del fòro che
sovente malintesi purismi ed integralismi metodici contribuiscono
a tenere da esso lontano.
È tempo ora di
chiudere e di porre un limite al mio dire e non già perché
manchino gli argomenti ed i punti dapprofondimento e
dulteriore analisi e riflessione critica, sibbene perché
appunto linteresse suscitato da Giovanni Carmignani ha
richiamato oggi in Pisa un tal numero di congressisti, che sarà
inevitabile contenere nelle dimensioni il più limitate possibile
le esposizioni orali delle relazioni, per rinviare poi al
dibattito conclusivo generale gli eventuali spunti di
discussione, ed al testo degli atti che si spera di
pubblicare in tempi ragionevolmente brevi lulteriore
dettaglio degli approfondimenti analitici.
Grazie e buon
lavoro, allora, cari colleghi ed amici.
Mario Montorzi, montorzi@idr.unipi.it