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Rodolfo Del Gratta († 5 Febbraio 1998)

Sarą veramente difficile dimenticare il sorriso di Rodolfo Del Gratta : amabile e suadente, ma solo apparentemente remissivo. Specchio invece di un'intima determinazione umana che, nella costanza della dedizione allo studio, nella regolaritą e nella discrezione di un'esistenza che solo ad un osservatore superficiale avrebbe potuto sembrare appartata, aveva mantenuto tuttavia vivace ed ancóra intatta negli anni l'energia di una passione per la ricerca scientifica che era fatta al tempo stesso – non paia ora un paradosso od una contraddizione – di rigore e di candore intellettuale.

S'intuiva bene quanto fosse sincero e forte l'entusiasmo che quotidianamente portava Rodolfo Del Gratta a congresso con gli antichi : con i grandi dottori del Diritto Comune, ma anche con le figure forse secondarie, ma calde e vicine quant'altre mai, dei vecchi lettori dello Studio pisano.

Un universo minore e domestico, in cui quei remoti fatti del passato, i lontani clamori oppure soltanto i sommessi chiacchiericci di quel perduto mondo dell'Universitą pisana parevano accompagnare Rodolfo lungo un cammino quotidiano d'assiduo lavoro di ricerca e, anche, sostanzialmente e fortunatamente, di sincero divertimento esplorativo.

Si capiva anche che questa consuetudine di vita era fatta per Lui essenzialmente d'elegante senso della misura e, forse in singolare controtendenza con la voga dei tempi correnti, anche di un sostanziale, orgoglioso distacco dal grigiore dei conformismi diffusi e molesti di questa moderna societą di massa.

S'aveva, insomma, talora netta la sensazione in lui di un vero e proprio aristocratico rifiuto del mondo presente, e che da Rodolfo – erede di una discendenza avita di storia illustre ed antica – si era preferito, piuttosto che rimpiangere sterilmente epoche e consuetudini di vita ormai inevitabilmente lontane ed irrimediabilmente scomparse, fissare per l'oggi in una regola di studio e di vita pacata e rigorosa il quadro di una complessiva visione del mondo : e chiudere cosģ, in tal modo, nel ritmo operoso e indefesso di un'esistenza fatta di metodica, quotidiana frequenza alle biblioteche ed agli archivi, e di dedizione completa all'insegnamento ed alla vita della nostra Facoltą, il senso non gią di una fuga dalla realtą ma, piuttosto, di un pił consapevole impegno in essa, e di un contributo continuo, proficuo e operoso all'educazione degli studenti ed alla crescita della coscienza civile e storica della nostra Istituzione universitaria.

E sarą quindi sempre motivo di serenitą, d'affetto e – d'ora in avanti – anche di sincero rimpianto pensare alla singolare capacitą ch'egli costantemente ebbe e, appunto con quel suo sorriso, continuamente documentņ di smussare le asprezze della vita, di ridurre per se stesso e per gli altri a regola di ragione e d'utilitą anche gli inevitabili inciampi della nostra fastidiosa routine quotidiana.

Oggi prendiamo congedo da lui, ma non dal ricordo di lui, e la memoria di quel sorriso, e dell'eleganza signorile ed amabilmente distaccata che sempre l'accompagnarono, continuerą ancóra a lungo a far compagnia anche a noi.

Mario Montorzi

Nella Sapienza pisana, il 6 Febbraio 1998

 

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